SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)
30 aprile 2020 ( *1 )
«Rinvio pregiudiziale – Articolo 63 TFUE – Libera circolazione dei capitali – Imposta sulle transazioni finanziarie – Operazioni relative a strumenti finanziari derivati basati su un titolo emesso da una società residente dello Stato membro d’imposizione – Imposta dovuta indipendentemente dal luogo di conclusione della transazione – Adempimenti amministrativi e dichiarativi»
Nella causa C-565/18,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla Commissione tributaria regionale per la Lombardia (Italia), con ordinanza del 2 luglio 2018, pervenuta in cancelleria il 6 settembre 2018, nel procedimento
Société Générale SA
contro
Agenzia delle Entrate – Direzione Regionale Lombardia Ufficio Contenzioso,
LA CORTE (Seconda Sezione),
composta da A. Arabadjiev, presidente di sezione, P.G. Xuereb e T. von Danwitz (relatore), giudici,
avvocato generale: G. Hogan
cancelliere: A. Calot Escobar
vista la fase scritta del procedimento,
considerate le osservazioni presentate:
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per la Société Générale SA, da D. Conti e C. Romano, avvocati, e da M. Gusmeroli, dottore commercialista; |
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per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da P. Gentili, avvocato dello Stato; |
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per la Commissione europea, da W. Roels e F. Tomat, in qualità di agenti, |
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 28 novembre 2019,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 |
La domanda di pronuncia pregiudiziale concerne l’interpretazione degli articoli 18, 56 e 63 TFUE. |
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Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Société Générale SA (in prosieguo: la «Société Générale») e l’Agenzia delle Entrate – Direzione Regionale Lombardia Ufficio Contenzioso (Italia) (in prosieguo: l’«Amministrazione tributaria»), in merito a una domanda di rimborso di un’imposta sulle transazioni finanziarie relative a strumenti finanziari derivati assolta dalla Société Générale. |
Diritto italiano
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L’articolo 1 della legge del 24 dicembre 2012, n. 228 – Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilità 2013) (supplemento ordinario alla GURI n. 302, del 29 dicembre 2012, n. 212, pag. 1; in prosieguo: la «legge n. 228/2012»), prevede, ai commi 491, 492 e 494: «491. Il trasferimento della proprietà di azioni e di altri strumenti finanziari partecipativi (...) emessi da società residenti nel territorio dello Stato, nonché di titoli rappresentativi dei predetti strumenti indipendentemente dalla residenza del soggetto emittente, è soggetto ad un’imposta sulle transazioni finanziarie con l’aliquota dello 0,2 per cento sul valore della transazione. È soggetto all’imposta di cui al precedente periodo anche il trasferimento di proprietà di azioni che avvenga per effetto della conversione di obbligazioni. (...) L’imposta è dovuta indipendentemente dal luogo di conclusione della transazione e dallo Stato di residenza delle parti contraenti. (...) 492. Le operazioni su strumenti finanziari derivati (...) che abbiano come sottostante prevalentemente uno o più strumenti finanziari di cui al comma 491, o il cui valore dipenda prevalentemente da uno o più degli strumenti finanziari di cui al medesimo comma, e le operazioni sui valori mobiliari (...) che permettano di acquisire o di vendere prevalentemente uno o più strumenti finanziari di cui al comma 491 o che comportino un regolamento in contanti determinato con riferimento prevalentemente a uno o più strumenti finanziari indicati al precedente comma, inclusi warrants, covered warrants e certificates, sono soggette, al momento della conclusione, ad imposta in misura fissa, determinata con riferimento alla tipologia di strumento e al valore del contratto, secondo la tabella 3 allegata alla presente legge. L’imposta è dovuta indipendentemente dal luogo di conclusione della transazione e dallo Stato di residenza delle parti contraenti. Nel caso in cui le operazioni di cui al primo periodo prevedano come modalità di regolamento anche il trasferimento delle azioni o degli altri strumenti finanziari partecipativi, il trasferimento della proprietà di tali strumenti finanziari che avviene al momento del regolamento è soggetto all’imposta con le modalità e nella misura previste dal comma 491. (...) (...) 494. L’imposta di cui al comma 491 è dovuta dal soggetto a favore del quale avviene il trasferimento; quella di cui al comma 492 è dovuta nella misura ivi stabilita da ciascuna delle controparti delle operazioni. L’imposta di cui ai commi 491 e 492 non si applica ai soggetti che si interpongono nelle medesime operazioni. Nel caso di trasferimento della proprietà di azioni e strumenti finanziari di cui al comma 491, nonché per le operazioni su strumenti finanziari di cui al comma 492, l’imposta è versata dalle banche, dalle società fiduciarie e dalle imprese di investimento abilitate all’esercizio professionale nei confronti del pubblico dei servizi e delle attività di investimento (...) nonché dagli altri soggetti che comunque intervengono nell’esecuzione delle predette operazioni, ivi compresi gli intermediari non residenti. Qualora nell’esecuzione dell’operazione intervengano più soggetti tra quelli indicati nel terzo periodo, l’imposta è versata da colui che riceve direttamente dall’acquirente o dalla controparte finale l’ordine di esecuzione. Negli altri casi l’imposta è versata dal contribuente. Gli intermediari e gli altri soggetti non residenti che intervengono nell’operazione possono nominare un rappresentante fiscale (...) che risponde, negli stessi termini e con le stesse responsabilità del soggetto non residente, per gli adempimenti dovuti in relazione alle operazioni di cui ai commi precedenti. (...)». |
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La tabella 3 di cui all’articolo 1, comma 492, della legge n. 228/2012, figurante in allegato alla legge stessa e intitolata «Tabella: imposta sulle transazioni finanziarie per strumenti finanziari (valori in euro per ciascuna controparte)», è così formulata:
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Procedimento principale e questione pregiudiziale
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Il 28 marzo 2014 la Société Générale, con sede in Francia, presentava, tramite la sua filiale italiana, una dichiarazione all’Amministrazione tributaria ai fini dell’imposta sulle transazioni finanziarie istituita con legge n. 228/2012. Sulla base di tale dichiarazione, relativa alle operazioni effettuate nel corso dell’esercizio fiscale 2013 dalla società controllante francese, aventi ad oggetto strumenti finanziari derivati di cui all’articolo 1, comma 492, di tale legge, l’importo di tale imposta ammontava a EUR 55207. |
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Il 1o agosto 2014 la Société Générale chiedeva all’Amministrazione tributaria il rimborso delle somme versate a titolo di tale imposta, affermando che la legge n. 228/2012, nella parte in cui prevede l’assoggettamento ad imposta delle transazioni finanziarie relative a strumenti finanziari derivati qualora il titolo sottostante a tali strumenti sia stato emesso da un soggetto stabilito in Italia, è in contrasto con la Costituzione italiana, in particolare con i principi di uguaglianza formale e di capacità contributiva, previsti rispettivamente agli articoli 3 e 53 di quest’ultima, col diritto internazionale consuetudinario, rilevante nell’ordinamento italiano in forza dell’articolo 10 di tale Costituzione, nonché con il diritto dell’Unione europea, segnatamente agli articoli 18 e 56 e 63 TFUE. |
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Il 28 gennaio 2015, in assenza di risposta da parte dell’Amministrazione tributaria, la Société Générale ha proposto ricorso dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Milano (Italia) avverso tale tacita decisione di diniego, fondandosi sulle medesime motivazioni. Con sentenza del 18 maggio 2016, detto giudice ha respinto tale ricorso, considerando che la legge n. 228/2012 non era né incostituzionale né contraria al diritto dell’Unione. Per quanto riguarda la costituzionalità dell’articolo 1, comma 492, di tale legge, detto giudice ha ritenuto che sussistesse un collegamento effettivo e oggettivo, di carattere economico, tra il fatto generatore dell’imposta istituita da tale disposizione, ossia la negoziazione che sfocia nella creazione di uno strumento finanziario derivato, espressione di capacità contributiva, e lo Stato italiano, nonché un’indissolubile correlazione tra il valore di un siffatto strumento e quello del titolo ad esso sottostante. Peraltro, la tassazione delle sole transazioni relative ai titoli sottostanti potrebbe suscitare comportamenti elusivi dell’imposta, e il principio internazionale di territorialità e di sovranità fiscale non verrebbe violato. Il medesimo giudice ha ritenuto che non sussistesse un’eventuale incompatibilità di detta legge con il diritto dell’Unione, tenuto conto dell’assenza di regimi impositivi differenziati tra i soggetti passivi italiani e quelli stabiliti in altri Stati membri. |
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La Société Générale ha impugnato tale sentenza dinanzi al giudice del rinvio, la Commissione tributaria regionale per la Lombardia (Italia), chiedendo il rimborso dell’imposta versata sulla base dello stesso argomento sviluppato davanti al giudice di primo grado e, in subordine, il rinvio della causa alla Corte costituzionale (Italia) e alla Corte in via pregiudiziale. |
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Il giudice del rinvio spiega come l’imposta sulle transazioni finanziare istituita con legge n. 228/2012 all’articolo 1, commi da 491 a 500, persegua l’obiettivo di garantire una contribuzione alla spesa pubblica da parte di chi compia operazioni su strumenti finanziari, realizzate nell’ambito dei relativi mercati, che abbiano una connessione con il territorio italiano. |
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Tale giudice una simmetria tra i commi 491 e 492 dell’articolo 1 di tale legge, riguardanti, il primo, le azioni e gli strumenti finanziari partecipativi emessi da società residenti in Italia nonché i titoli rappresentativi di tali strumenti e, il secondo, gli strumenti finanziari derivati aventi come titoli sottostanti una o più delle azioni e degli strumenti di cui al comma 491 di tale articolo, o il cui valore dipenda da tali azioni e strumenti, dato che questi due commi prevedono che detta imposta, ancorché calcolata secondo modalità distinte, è dovuta indipendentemente dal luogo di conclusione della transazione e dallo Stato di residenza delle parti contraenti. |
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Il giudice del rinvio rileva altresì che qualsiasi operatore finanziario che effettui transazioni aventi ad oggetto siffatti strumenti finanziari derivati fruisce del valore del titolo sottostante, la cui esistenza dipende da quella dell’ordinamento giuridico italiano, nel cui ambito è disciplinata l’emissione di tale titolo. Esso ritiene pertanto che il legislatore italiano giustamente consideri che esiste un inscindibile nesso economico tra tali strumenti e l’ordinamento giuridico di detto Stato membro. Tale giudice aggiunge di non condividere la tesi della Société Générale secondo cui non esiste un nesso territoriale tra l’imposta prevista dall’articolo 1, comma 492, della legge n. 228/2012, e detto ordinamento giuridico. |
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Il giudice del rinvio si chiede tuttavia se la legge n. 228/2012 sia conforme ai principi del diritto dell’Unione nella parte in cui assoggetta ad un’imposta nonché ad adempimenti amministrativi e dichiarativi operazioni effettuate tra soggetti non residenti, attraverso l’intermediazione di soggetti anch’essi non residenti, relative a strumenti finanziari derivati aventi come sottostanti titoli emessi da una società residente, tenuto conto che le operazioni relative a tali titoli sottostanti sarebbero assoggettate ad un’imposta analoga. |
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In particolare, il giudice del rinvio si chiede se l’imposta prevista all’articolo 1, commi 491 e 492, della legge n. 228/2012, non sia idonea, come sostenuto dalla Société Générale, a creare discriminazioni tra soggetti passivi residenti e non residenti nonché a frapporre ostacoli alla libera prestazione dei servizi e alla libera circolazione dei capitali. |
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In tali circostanze, la Commissione tributaria regionale per la Lombardia ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale: «Se gli artt. 18, 56 e 63 del TFUE ostano ad una normativa nazionale che applichi sulle transazioni finanziarie, indipendentemente dallo Stato di residenza degli operatori finanziari e dell’intermediario, un tributo che gravi sulle controparti della transazione, che sia pari ad un importo fisso crescente per fasce di valore delle negoziazioni e variabile in relazione alla tipologia dello strumento negoziato e al valore del contratto, e che sia dovuto in funzione del fatto che le operazioni soggette ad imposta abbiano ad oggetto la negoziazione di un derivato basato su un titolo emesso da una società residente nello Stato istituente il tributo stesso». |
Sulla questione pregiudiziale
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Con la sua questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se gli articoli 18, 56 e 63 TFUE debbano essere interpretati nel senso che ostano a una normativa di uno Stato membro che assoggetta ad un’imposta e ad adempimenti amministrativi e dichiarativi le transazioni finanziarie aventi ad oggetto strumenti finanziari derivati, che gravi sulle parti dell’operazione, indipendentemente dal luogo in cui la transazione è conclusa o dallo Stato di residenza di tali parti e dall’eventuale intermediario che interviene nell’esecuzione della stessa, qualora tali strumenti siano basati su un titolo emesso da una società stabilita in tale Stato membro. |
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In limine occorre ricordare che l’articolo 18 TFUE può essere applicato autonomamente solo nelle situazioni disciplinate dal diritto dell’Unione per le quali il trattato non stabilisca divieti specifici di discriminazione. Orbene, il trattato dispone un siffatto divieto specifico segnatamente all’articolo 56 TFUE, nel settore della libera prestazione di servizi (v., in questo senso, sentenza del 19 giugno 2014, Strojírny Prostějov e ACO Industries Tábor, C-53/13 e C-80/13, EU:C:2014:2011, punto 32 e giurisprudenza citata) e all’articolo 63 TFUE, nel settore della libera circolazione dei capitali (v., in questo senso, ordinanza del 6 settembre 2018, Patrício Teixeira, C-184/18, non pubblicata, EU:C:2018:694, punti 15 e 16 e giurisprudenza citata). |
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Ciò precisato, per quanto riguarda, anzitutto, la libertà applicabile alle circostanze della controversia principale, il giudice del rinvio fa riferimento alle libertà di prestazione dei servizi e di circolazione dei capitali. |
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A tal proposito, occorre constatare che una normativa di uno Stato membro che assoggetta ad imposta le operazioni relative a strumenti finanziari derivati, come l’articolo 1, comma 492, della legge n. 228/2012, è riconducibile all’ambito di applicazione della libera circolazione dei capitali, dal momento che sono assoggettate ad imposta transazioni finanziarie che effettuano movimenti di capitali. Orbene, una siffatta normativa può anche incidere sulla libera prestazione dei servizi, in quanto può produrre effetti sui servizi finanziari relativi a titoli emessi da società stabilite in detto Stato membro, proposti in un altro Stato membro. |
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Secondo una costante giurisprudenza della Corte, quando un provvedimento nazionale si riferisce contemporaneamente alla libera prestazione dei servizi e alla libera circolazione dei capitali, la Corte esamina il provvedimento di cui trattasi, in linea di principio, con riferimento ad una sola di tali due libertà qualora risulti che, viste le circostanze del procedimento principale, una delle due è del tutto secondaria rispetto all’altra e può esserle ricollegata [v., in tal senso, sentenze del 3 ottobre 2006, Fidium Finanz, C-452/04, EU:C:2006:631, punto 34; del 26 maggio 2016, NN (L) International, C-48/15, EU:C:2016:356, punto 39, e dell’8 giugno 2017, Van der Weegen e a., C-580/15, EU:C:2017:429, punto 25]. |
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Alla luce delle circostanze del procedimento principale, deve ritenersi che la libera prestazione dei servizi sia secondaria rispetto alla libera circolazione dei capitali. Infatti, le condizioni di legge relative all’imposta in questione, che colpisce le transazioni finanziarie, si applicano a prescindere dal fatto che una siffatta transazione implichi o meno prestazioni di servizi. Inoltre, il giudice del rinvio si interroga sugli eventuali effetti restrittivi che possono derivare dall’istituzione stessa di una siffatta imposta, senza fornire precisazioni in merito alle modalità di quest’ultima che potrebbero incidere specificamente su tali prestazioni. Infine, secondo le indicazioni contenute nella domanda di pronuncia pregiudiziale, la Société Générale ha versato detta imposta in quanto operatore finanziario partecipante alle operazioni di cui trattasi nel procedimento principale, senza che fossero forniti ulteriori elementi su tali operazioni e sul suo intervento. In particolare, la domanda non indica a quale titolo e per quali finalità dette operazioni siano state negoziate. |
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Ne consegue che occorre esaminare la questione sollevata alla luce della libera circolazione dei capitali. |
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Inoltre, in conformità alla giurisprudenza della Corte, le misure vietate dall’articolo 63, paragrafo 1, TFUE, in quanto restrizioni ai movimenti di capitali, comprendono quelle che sono idonee a dissuadere i non residenti dall’effettuare investimenti in uno Stato membro o a dissuadere i residenti di questo Stato membro dall’effettuarne in altri Stati (sentenze del 10 febbraio 2011, Haribo Lakritzen Hans Riegel e Österreichische Salinen, C-436/08 e C-437/08, EU:C:2011:61, punto 50, e del 18 gennaio 2018, Jahin, C-45/17, EU:C:2018:18, punto 25 e giurisprudenza ivi citata). |
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A tale riguardo, il diritto, conferito agli Stati membri dall’articolo 65, paragrafo 1, lettera a), TFUE, di applicare le pertinenti disposizioni della loro legislazione tributaria in cui si opera una distinzione tra i contribuenti che non si trovano nella medesima situazione per quanto riguarda il loro luogo di residenza o il luogo di collocamento del loro capitale, costituisce una deroga al principio fondamentale della libera circolazione dei capitali. Tale deroga subisce a sua volta una limitazione per effetto delle disposizioni nazionali dell’articolo 65, paragrafo 3, TFUE, secondo le quali le disposizioni nazionali di cui al paragrafo 1 di tale articolo «non devono costituire un mezzo di discriminazione arbitraria, né una restrizione dissimulata al libero movimento dei capitali e dei pagamenti di cui all’articolo 63 [TFUE]» (v., in tal senso, sentenza del 22 novembre 2018, Sofina e a., C-575/17, EU:C:2018:943, punto 45 e giurisprudenza citata). |
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La Corte ha altresì statuito che occorre pertanto distinguere le differenze di trattamento consentite dall’articolo 65, paragrafo 1, lettera a), TFUE dalle discriminazioni vietate dal paragrafo 65, paragrafo 3, TFUE. Orbene, affinché una normativa tributaria nazionale possa considerarsi compatibile con le disposizioni del trattato relative alla libera circolazione dei capitali, è necessario che la differenza di trattamento che ne risulta riguardi situazioni che non siano obiettivamente paragonabili, o sia giustificata da un motivo imperativo d’interesse generale (sentenza del 22 novembre 2018, Sofina e a., C-575/17, EU:C:2018:943, punto 46 e giurisprudenza citata). |
25 |
Inoltre, secondo costante giurisprudenza, una discriminazione può altresì risultare dall’applicazione della stessa norma a situazioni diverse (sentenza del 6 dicembre 2007, Columbus Container Services, C-298/05, EU:C:2007:754, punto 41 e giurisprudenza ivi citata). |
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Da ultimo, occorre rammentare che, al fine di accertare l’esistenza di una discriminazione, la comparabilità di una situazione transfrontaliera con una situazione interna allo Stato membro dev’essere esaminata tenendo conto dell’obiettivo perseguito dalle disposizioni nazionali in questione [sentenza del 26 febbraio 2019, X (Società intermedie stabilite in paesi terzi), C-135/17, EU:C:2019:136, punto 64 e giurisprudenza ivi citata]. |
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Nel caso di specie, la Société Générale sostiene che l’imposta prevista all’articolo 1, comma 492, della legge n. 228/2012 crea discriminazioni tra residenti e non residenti nonché restrizioni alla libertà di circolazione dei capitali. |
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Tale società afferma che detta disposizione tratta in modo identico la situazione dei debitori di tale imposta residenti e non residenti, che è tuttavia diversa, e rende, per i secondi, l’investimento negli strumenti finanziari derivati basati su un titolo emesso da una società stabilita in Italia meno vantaggioso rispetto all’investimento in quelli basati su un titolo emesso da un altro Stato. Ne conseguirebbe un ostacolo all’accesso al mercato di tali strumenti finanziari derivati, tanto più che l’applicazione di detta imposta sarebbe associata ad adempimenti amministrativi e dichiarativi che vanno ad aggiungersi a quelli previsti negli Stati di residenza degli operatori finanziari e dall’eventuale intermediario. |
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A tal riguardo, occorre rilevare che dalle indicazioni contenute nella domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che l’imposta prevista all’articolo 1, comma 492, della legge n. 228/2012 riguarda le transazioni finanziarie relative a strumenti finanziari derivati aventi un collegamento con lo Stato italiano. Tale imposta è dovuta indipendentemente dal luogo in cui la transazione è conclusa o dallo Stato di residenza delle parti di tale operazione e da quello dell’eventuale intermediario, cosicché i soggetti residenti e non residenti sono sottoposti ad un regime impositivo identico. |
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In particolare, tale imposta si applica allo stesso modo agli operatori finanziari residenti e non residenti nonché alle operazioni concluse nello Stato d’imposizione o in un altro Stato. Infatti, detta imposta varia in funzione non già del luogo di conclusione delle operazioni o dello Stato di residenza delle parti o di quello dell’eventuale intermediario, bensì dell’importo di tali operazioni e del tipo di strumento in questione. Risulta quindi che le operazioni effettuate in ambito nazionale sono trattate, sul piano fiscale, allo stesso modo delle operazioni analoghe che presentano carattere transfrontaliero e che non può essere ravvisata l’esistenza di una disparità di trattamento tra le rispettive situazioni dei soggetti residenti e non residenti. |
31 |
Per quanto attiene alla comparabilità delle situazioni, il giudice del rinvio rileva che la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale persegue l’obiettivo di garantire una contribuzione alla spesa pubblica da parte dei soggetti che effettuano transazioni finanziarie relative agli strumenti finanziari considerati. Orbene, alla luce di tale obiettivo, contrariamente a quanto sostiene la Société Générale, i soggetti residenti e non residenti che partecipano alle operazioni relative agli strumenti finanziari derivati basati su un titolo emesso in Italia, assoggettati all’imposta da detta normativa nazionale, si trovano in una situazione analoga. |
32 |
Per contro, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 52 delle sue conclusioni, alla luce di detto obiettivo, gli strumenti finanziari derivati le cui attività sottostanti sono disciplinate dal diritto italiano e che sono colpiti da tale imposta non sono equiparabili a quelli le cui attività sottostanti non sono disciplinate da tale diritto e ai quali detta imposta non si applica. |
33 |
Da quanto precede risulta che l’imposta prevista all’articolo 1, comma 492, della legge n. 228/2012 non risulta contenere una discriminazione vietata dall’articolo 65, paragrafo 3, TFUE. |
34 |
Laddove la Société Générale adduce che dalla differenza di trattamento operata dalla normativa italiana tra gli strumenti finanziari derivati basati su titoli disciplinati dal diritto italiano e quelli basati su titoli non disciplinati da tale diritto risulta che l’investimento nei primi è reso meno vantaggioso, occorre ricordare che la Corte ha ripetutamente dichiarato che, da un lato, in mancanza di un’armonizzazione a livello dell’Unione europea, le conseguenze svantaggiose che possono derivare dalle competenze fiscali dei vari Stati membri, purché il loro esercizio non sia discriminatorio, non costituiscono restrizioni alle libertà di circolazione e, dall’altro, che gli Stati membri non hanno l’obbligo di adattare il proprio sistema fiscale ai vari sistemi di tassazione degli altri Stati membri [sentenza del 26 maggio 2016, NN (L) International, C-48/15, EU:C:2016:356, punto 47 e giurisprudenza citata]. |
35 |
In particolare, la libera circolazione non può essere intesa nel senso che uno Stato membro sia obbligato a stabilire le proprie norme tributarie in funzione di quelle degli altri Stati membri al fine di garantire, in ogni situazione, una tassazione che elimini qualsivoglia disparità derivante dalle normative tributarie nazionali, considerato che le decisioni adottate da un contribuente riguardo agli investimenti in un altro Stato membro possono essere, a seconda dei casi, più o meno favorevoli o sfavorevoli per il contribuente medesimo (sentenza del 30 gennaio 2020, Köln-Aktienfonds Deka, C-156/17, EU:C:2020:51, punto 72). |
36 |
In tali circostanze, come sostenuto dal governo italiano e dalla Commissione europea nelle loro osservazioni scritte, l’imposta prevista all’articolo 1, comma 492, della legge n. 228/2012 non può essere considerata una restrizione alla libera circolazione dei capitali. |
37 |
Per quanto riguarda l’esistenza di adempimenti dichiarativi e amministrativi connessi all’assolvimento di tale imposta, occorre dichiarare che, nella domanda di pronuncia pregiudiziale, il giudice del rinvio non ha sviluppato questo aspetto e, in particolare, non ha esplicitato di quali adempimenti si trattasse né menzionato le diposizioni applicabili in materia. Ad ogni modo, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 53 delle sue conclusioni, in tale domanda non si ravvisa alcuna indicazione che deponga nel senso che i soggetti non residenti siano assoggettati ad adempimenti diversi da quelli gravanti sui soggetti residenti, né che tali adempimenti eccedano quanto necessario per la riscossione dell’imposta prevista all’articolo 1, comma 492, della legge n. 228/2012. |
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Per quanto riguarda quest’ultima ipotesi, la Corte ha infatti dichiarato che la necessità di garantire l’efficacia della riscossione dell’imposta costituisce un obiettivo legittimo che può giustificare una restrizione delle libertà fondamentali. Pertanto, uno Stato membro è autorizzato ad applicare misure che consentono di verificare, in modo chiaro e preciso, l’importo dell’imposta dovuta, a condizione che, tuttavia, tali misure siano atte a garantire la realizzazione dell’obiettivo perseguito e non eccedano quanto necessario per conseguirlo (v., in tal senso, sentenze del 15 maggio 1997, Futura Participations e Singer, C-250/95, EU:C:1997:239, punto 31, e del 22 novembre 2018, Sofina e a., C-575/17, EU:C:2018:943, punto 67). Spetta al giudice del rinvio procedere alle necessarie verifiche a tal riguardo. |
39 |
Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla questione sollevata dichiarando che l’articolo 63 TFUE deve essere interpretato nel senso che non osta a una normativa di uno Stato membro che assoggetta ad un’imposta le transazioni finanziarie riguardanti strumenti finanziari derivati, che gravi sulle parti dell’operazione, indipendentemente dal luogo in cui la transazione è conclusa o dallo Stato di residenza di tali parti e dall’eventuale intermediario che interviene nell’esecuzione della stessa, qualora tali strumenti siano basati su un titolo emesso da una società stabilita in tale Stato membro. Gli adempimenti amministrativi e dichiarativi associati a tale imposta e incombenti ai soggetti non residenti non devono tuttavia eccedere quanto necessario per la riscossione di detta imposta. |
Sulle spese
40 |
Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione. |
Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara: |
L’articolo 63 TFUE dev’essere interpretato nel senso che non osta a una normativa di uno Stato membro che assoggetta ad un’imposta le transazioni finanziarie riguardanti strumenti finanziari derivati, che gravi sulle parti dell’operazione, indipendentemente dal luogo in cui la transazione è conclusa o dallo Stato di residenza di tali parti e dall’eventuale intermediario che interviene nell’esecuzione della stessa, qualora tali strumenti siano basati su un titolo emesso da una società stabilita in tale Stato membro. Gli adempimenti amministrativi e dichiarativi associati a tale imposta e incombenti ai soggetti non residenti non devono tuttavia eccedere quanto necessario per la riscossione di detta imposta. |
Arabadjiev Xuereb von Danwitz Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 30 aprile 2020. Il cancelliere A. Calot Escobar Il presidente della Seconda Sezione A. Arabadjiev |
( *1 ) Lingua processuale: l’italiano.