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Edizione provvisoria

SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)

14 maggio 2020 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Articoli 49 e 54 TFUE – Libertà di stabilimento – Normativa tributaria – Imposte sulle società – Società controllanti e controllate – Integrazione fiscale verticale e orizzontale»

Nella causa C-749/18,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla Cour administrative (Corte amministrativa, Lussemburgo), con decisione del 29 novembre 2018, pervenuta in cancelleria il 30 novembre 2018, nel procedimento

B e altri

contro

Administration des contributions directes,

LA CORTE (Seconda Sezione),

composta da A. Arabadjiev (relatore), presidente di sezione, K. Lenaerts, presidente della Corte, facente funzione di giudice della Seconda Sezione, P.G. Xuereb, T. von Danwitz e A. Kumin, giudici,

avvocato generale: P. Pikamäe

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

–        per B e altri, da G. Simon, avocat;

–        per il governo lussemburghese, da D. Holderer, in qualità di agente;

–        per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da P. Gentili, avvocato dello Stato;

–        per la Commissione europea, da W. Roels e A. Armenia, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli 49 e 54 TFUE.

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia che vede contrapposte tre società di diritto lussemburghese, B, C e D, all’Administration des contributions directes (amministrazione delle imposte dirette, Lussemburgo) in merito al rigetto della loro domanda congiunta diretta alla concessione del regime di integrazione fiscale per gli esercizi fiscali 2013 e 2014.

 Contesto normativo

3        L’articolo 164 bis della loi modifiée du 4 dicembre 1967 concernant l’impôt sur le revenu (legge modificata del 4 dicembre 1967, in materia di imposta sul reddito, Mémorial A 1967, pag. 1228), nella versione applicabile agli esercizi fiscali 2013 e 2014 (in prosieguo: l’«articolo 164 bis della LIR»), prevedeva quanto segue:

«(1)      Le società di capitali residenti totalmente assoggettate a imposta, il cui capitale sociale sia detenuto per almeno il 95%, direttamente o indirettamente, da un’altra società di capitali residente totalmente assoggettata a imposta o da una organizzazione stabile lussemburghese di una società di capitali non residente totalmente assoggettata a un’imposta corrispondente all’imposta sugli utili delle società, possono, su domanda, essere integrate fiscalmente nella società controllante o nella organizzazione stabile lussemburghese, in modo da consolidare i loro rispettivi risultati fiscali con quelli della società controllante o della organizzazione stabile lussemburghese.

(...)

(4)      Il regime di integrazione fiscale presuppone una domanda scritta congiunta della società controllante o della organizzazione stabile lussemburghese e delle controllate interessate. La domanda deve essere presentata all’amministrazione delle imposte dirette prima della chiusura del primo esercizio del periodo per cui è richiesto il regime di integrazione fiscale, fermo restando che detto periodo deve coprire almeno 5 esercizi di gestione (...)».

4        L’articolo 164 bis della LIR è stato modificato dalla legge del 18 dicembre 2015 (Mémorial A 2015, pag. 5989), con effetto dal 1° gennaio 2015 (in prosieguo: l’«articolo 164 bis della LIR, come modificato»). Tale disposizione è formulata come segue:

«(1)      Ai fini del presente articolo si intende per

1)      società integrata: una società di capitali residente totalmente assoggettata a imposta o una organizzazione stabile lussemburghese di una società di capitali non residente totalmente assoggettata a un’imposta corrispondente all’imposta sugli utili delle società;

2)      società controllante integrante: una società di capitali residente totalmente assoggettata a imposta o una organizzazione stabile lussemburghese di una società di capitali non residente totalmente assoggettata a un’imposta corrispondente all’imposta sugli utili delle società;

3)      società controllante non integrante: una società di capitali residente totalmente assoggettata a imposta o una organizzazione stabile lussemburghese di una società di capitali non residente totalmente assoggettata a un’imposta corrispondente all’imposta sugli utili delle società o una società di capitali residente in un altro Stato aderente all’Accordo sullo Spazio economico europeo (SEE) totalmente assoggettata a un’imposta corrispondente all’imposta sugli utili delle società o una organizzazione stabile di una società di capitali totalmente assoggettata a un’imposta corrispondente all’imposta sugli utili delle società residente in un altro Stato aderente all’Accordo sullo [SEE] ove è soggetta a detta imposta;

4)      società controllata integrante: una società di capitali residente totalmente assoggettata a imposta o una organizzazione stabile lussemburghese di una società di capitali non residente totalmente assoggettata a un’imposta corrispondente all’imposta sugli utili delle società;

5)      gruppo integrato: un gruppo composto dalla società controllante integrante e da una o più società integrate ai sensi del comma 2 oppure un gruppo composto dalla società controllata integrante e da una o più società integrate ai sensi del comma 3. Un membro di un gruppo integrato non può contemporaneamente far parte di un altro gruppo integrato.

(...)».

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

5        B è una società di diritto lussemburghese fiscalmente residente in Lussemburgo la cui società controllante è la società per azioni di diritto francese A, fiscalmente residente in Francia.

6        A partire dal 1° gennaio 2008, B ha costituito, con la sua controllata E, un gruppo fiscalmente integrato verticale nell’ambito del regime di integrazione fiscale, ai sensi dell’articolo 164 bis della LIR. Tale gruppo è stato gradualmente esteso ad altre controllate di B nel modo seguente: a partire dal 1° gennaio 2010 alla società F, a partire dal 1° gennaio 2011 alla società G, che è stata poi assorbita dalla società F, a partire dal 1° gennaio 2012 alla società H e dal 1° gennaio 2013 alle società I, J, K ed L. Nell’ambito del suddetto gruppo fiscalmente integrato verticale progressivamente esteso, B ha assunto il ruolo di società capogruppo, detenendo almeno il 95% del capitale sociale di tutte le società controllate la cui sede legale e l’amministrazione centrale si trovano in Lussemburgo, e tutti i risultati delle società del gruppo sono stati consolidati per essere assoggettati a imposta in capo a B.

7        C e D sono società di diritto lussemburghese fiscalmente residenti in Lussemburgo, il cui capitale è detenuto indirettamente dalla società di diritto francese A, senza che la società B detenga una qualsiasi partecipazione nel capitale delle due società suddette.

8        Con due lettere datate 8 dicembre 2014 e depositate il 22 dicembre 2014, B, C e D hanno chiesto la concessione del beneficio del regime dell’integrazione fiscale, ai sensi dell’articolo 164 bis della LIR, a decorrere, rispettivamente, dal 1° gennaio 2013 e dal 1° gennaio 2014.

9        Con decisione del 3 febbraio 2015, il bureau d’imposition Sociétés 6 de l’administration des contributions directes (l’amministrazione tributaria delle società n. 6 dell’amministrazione delle Imposte dirette, Lussemburgo; in prosieguo: l’«amministrazione tributaria») ha respinto tali domande sostenendo che B, C e D non soddisfacevano le condizioni previste dall’articolo 164 bis della LIR.

10      Poiché il reclamo proposto il 27 aprile 2015 avverso tale decisione è rimasto senza risposta, il 12 agosto 2016 B, C e D hanno depositato un ricorso dinanzi al tribunal administratif (Tribunale amministrativo, Lussemburgo), chiedendo la riforma e, in subordine, l’annullamento della decisione dell’amministrazione tributaria del 3 febbraio 2015.

11      Con sentenza del 6 dicembre 2017, il tribunal administratif (Tribunale amministrativo) ha dichiarato infondato il ricorso per quanto riguarda l’ammissione al regime di integrazione fiscale a partire dal 1° gennaio 2013, affermando che la domanda in tal senso sarebbe dovuta pervenire all’amministrazione prima della conclusione del primo esercizio del periodo per il quale era stato richiesto il regime di integrazione fiscale, vale a dire prima della fine del 2013.

12      Per contro, per quanto riguarda l’esercizio fiscale 2014, il tribunal administratif (Tribunale amministrativo) ha dichiarato fondato il ricorso e ha deciso che il divieto per una società controllante non residente, stabilita in un altro Stato membro, di costituire un’entità fiscale tra le sue società controllate residenti, quale risultante dall’articolo 164 bis della LIR, malgrado la medesima possibilità sia offerta a una società controllante residente mediante un’integrazione verticale, è incompatibile con le libertà di circolazione e di stabilimento di cui agli articoli 49 e 54 TFUE.

13      Con atto introduttivo depositato il 15 gennaio 2018, B, C e D hanno impugnato tale sentenza dinanzi al giudice del rinvio, la Cour administrative (Corte amministrativa, Lussemburgo), nella parte in cui veniva dichiarato infondato il loro ricorso relativamente all’esercizio fiscale 2013. Secondo tali società, è contrario al principio dell’efficacia pratica del diritto dell’Unione negare loro il beneficio del regime di integrazione fiscale a partire dal 1° gennaio 2013 adducendo il mancato soddisfacimento di una condizione puramente formale, vale a dire il rispetto del termine di presentazione della domanda. Una condizione del genere sarebbe stata eccessivamente difficile da soddisfare alla luce delle posizioni adottate nel 2013 dall’amministrazione e dalla giurisprudenza lussemburghesi, che si opponevano a qualsiasi domanda di integrazione fiscale orizzontale. B, C e D sostengono di aver depositato la loro domanda non appena la sentenza del 12 giugno 2014, SCA Group Holding e a. (da C-39/13 a C-41/13, EU:C:2014:1758) aveva fornito loro argomenti giuridici per far valere, sulla base del diritto dell’Unione, il loro diritto di poter beneficiare del regime di integrazione fiscale previsto dalla normativa lussemburghese, tenuto conto dell’esistenza di un gruppo fiscalmente integrato preesistente.

14      Dinanzi al giudice del rinvio, l’amministrazione delle imposte dirette chiede la conferma della sentenza del tribunal administratif (Tribunale amministrativo) del 6 dicembre 2017, nella parte in cui quest’ultimo ha confermato il diniego di ammissione al regime di integrazione fiscale per il periodo a decorrere dal 1° gennaio 2013. Tale amministrazione propone, tuttavia, un appello incidentale avverso tale sentenza, nella parte in cui il tribunal administratif (Tribunale amministrativo) ha ritenuto fondato il ricorso di B, C e D relativamente all’esercizio tributario 2014.

15      In tale contesto, la Cour administrative (Corte amministrativa, Lussemburgo) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se gli articoli 49 e 54 TFUE debbano essere interpretati nel senso che ostano a una normativa di uno Stato membro concernente un regime di integrazione fiscale che, da una parte, autorizza un consolidamento dei risultati delle società di uno stesso gruppo che ammette unicamente un’integrazione fiscale verticale tra una controllante residente o una stabile organizzazione nazionale di una controllante non residente e le sue controllate residenti e che, dall’altra, osta parimenti all’integrazione fiscale puramente orizzontale delle sole controllate sia di una controllante non residente e priva di una stabile organizzazione nazionale sia di una controllante residente o non residente ma dotata di una stabile organizzazione nazionale.

2)      In caso di risposta affermativa alla prima questione, se gli articoli 49 e 54 TFUE debbano essere interpretati nel senso che ostano alla medesima normativa di uno Stato membro concernente un regime di integrazione fiscale e, più in particolare, alla rigorosa separazione tra i regimi di integrazione verticale (tra una società capogruppo e le sue controllate dirette o indirette) e orizzontale (tra due o più controllate residenti di una società capogruppo che non rientra nel perimetro dell’integrazione fiscale) derivante da tale normativa e all’obbligo che ne consegue di porre fine a un’integrazione fiscale verticale preesistente prima di poter costituire un gruppo di integrazione fiscale orizzontale, nel caso in cui

–        sia stata precedentemente attuata un’integrazione fiscale verticale con una società capogruppo integrante a livello nazionale residente nello Stato membro interessato (che costituisce nel contempo la controllata intermedia rispetto alla controllante ultima residente in un altro Stato membro) e controllate residenti della società capogruppo, a causa del fatto che la normativa dello Stato membro interessato ammette unicamente l’integrazione fiscale verticale, al fine di poter beneficiare del regime nonostante la residenza della controllante ultima in un altro Stato membro,

–        le società consorelle della società capogruppo integrante dello Stato membro interessato (e, quindi, anche controllate della controllante ultima residente in un altro Stato membro) si vedano negato l’accesso all’integrazione fiscale esistente in ragione dell’incompatibilità tra i due regimi d’integrazione fiscale verticale e orizzontale e

–        l’inclusione di dette società consorelle nel perimetro di consolidamento dei risultati tra società del gruppo implichi l’abolizione dell’integrazione fiscale verticale preesistente – con le conseguenze fiscali pregiudizievoli che ne derivano in ragione del mancato rispetto della durata minima di esistenza dell’integrazione prevista dalla legislazione nazionale – e la creazione di una nuova integrazione fiscale orizzontale benché la società integrante residente (in capo alla quale sarebbero consolidati i risultati delle società fiscalmente integrate) resti la stessa.

3)      In caso di risposta affermativa anche alla seconda questione, se gli articoli 49 e 54 TFUE, unitamente al principio dell’efficacia pratica del diritto dell’Unione, debbano essere interpretati nel senso che ostano alla medesima normativa di uno Stato membro concernente un regime di integrazione fiscale e, più in particolare, all’applicazione di un termine in forza del quale ogni domanda finalizzata all’ammissione al regime di integrazione fiscale deve obbligatoriamente essere presentata dinanzi all’autorità competente prima della conclusione del primo esercizio per il quale l’applicazione di tale regime è richiesta, nel caso in cui,

–        in base alle risposte affermative alle prime due questioni, detta normativa escluda in maniera incompatibile con la libertà di stabilimento un’integrazione fiscale orizzontale tra le sole controllate di una stessa controllante e la modifica di un gruppo fiscalmente integrato verticale esistente mediante l’incorporazione di società consorelle della società integrante,

–        prima della pubblicazione della [sentenza del 12 giugno 2014, SCA Group Holding e a. (da C-39/13 a C-41/13, EU:C:2014:1758)], la prassi amministrativa e la giurisprudenza nazionali dello Stato membro interessato abbiano ammesso la validità della normativa di cui trattasi,

–        a seguito della pubblicazione [di tale sentenza] e ancor prima della fine dell’anno 2014, numerose società, avvalendosi di detta sentenza, abbiano presentato una domanda volta ad aderire a un gruppo fiscalmente integrato esistente attraverso l’ammissione di un’integrazione fiscale orizzontale con la società integrante del gruppo esistente e

–        tale domanda riguardi non solo l’esercizio 2014 ancora in corso al momento della sua presentazione, ma anche l’esercizio precedente dell’anno 2013 a partire dal quale le società coinvolte soddisfacevano tutte le condizioni sostanziali compatibili con il diritto dell’Unione per l’ammissione al regime dell’integrazione fiscale».

 Sulle questioni pregiudiziali

 Osservazioni preliminari

16      Dalle spiegazioni fornite dal giudice del rinvio, il solo competente ad interpretare il diritto nazionale nell’ambito del sistema di cooperazione giudiziaria istituito dall’articolo 267 TFUE (sentenza del 7 novembre 2018, C e A, C-257/17, EU:C:2018:876, punto 34, nonché giurisprudenza ivi citata), risulta che l’articolo 164 bis della LIR, come modificato, ha introdotto la possibilità di effettuare un’integrazione fiscale orizzontale tra una società controllata residente e altre società controllate residenti di una società controllante non integrante residente o non residente. Tuttavia, secondo tale giudice, detta modifica è applicabile «solo a partire dall’anno d’imposta 2015». Di conseguenza, gli anni d’imposta 2013 e 2014, di cui trattasi nel procedimento principale, rimangono disciplinati dall’articolo 164 bis della LIR.

17      Il giudice del rinvio espone, altresì, che il regime di integrazione fiscale, previsto dall’articolo 164 bis della LIR, costituisce un regime speciale d’imposizione dell’utile consolidato di un gruppo di società e implica che tutte le società rientranti nel perimetro di integrazione determinino i propri risultati contabili e fiscali, eliminino dai loro rispettivi risultati contabili le doppie deduzioni o le doppie imposizioni che possono risultare dalle operazioni effettuate tra le società del gruppo e che tali risultati siano consolidati a livello della società integrante – il che comporta una compensazione tra i risultati positivi e negativi delle società interessate – per giungere al risultato fiscale consolidato assoggettato ad imposta in capo alla sola società integrante. Conformemente all’articolo 164 bis della LIR, tale integrazione fiscale non era concepibile al di fuori della partecipazione della società controllante e lo era unicamente all’interno del perimetro di integrazione di una sola e medesima giurisdizione tributaria.

18      Peraltro, conformemente alla giurisprudenza del giudice del rinvio, il regime di integrazione fiscale si applicherebbe di diritto per i contribuenti che soddisfano le condizioni sostanziali fissate dall’articolo 164 bis della LIR, di modo che l’amministrazione tributaria competente sarebbe tenuta a rilasciare la sua autorizzazione qualora, a seguito di verifica, accerti che le condizioni sostanziali sono soddisfatte.

19      Occorre rispondere alle questioni pregiudiziali tenendo conto di tali considerazioni.

 Sulla prima questione

20      Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se gli articoli 49 e 54 TFUE debbano essere interpretati nel senso che essi ostano alla normativa di uno Stato membro che, mentre ammette un’integrazione fiscale verticale tra una società controllante residente o una organizzazione stabile, in tale Stato membro, di una società controllante non residente e le sue controllate residenti, non consente un’integrazione fiscale orizzontale tra le controllate residenti di una società controllante non residente.

21      La libertà di stabilimento, che l’articolo 49 TFUE attribuisce ai cittadini dell’Unione, implica per essi l’accesso alle attività autonome ed il loro esercizio, nonché la costituzione e la gestione di imprese, alle stesse condizioni previste dalle leggi dello Stato membro di stabilimento per i propri cittadini. Essa comprende, conformemente all’articolo 54 TFUE, per le società costituite a norma delle leggi di uno Stato membro e che abbiano la sede sociale, l’amministrazione centrale o la sede principale all’interno dell’Unione, il diritto di svolgere la loro attività nello Stato membro di cui trattasi mediante una controllata, una succursale o un’agenzia (sentenza del 1° aprile 2014, Felixstowe Dock and Railway Company e a., C-80/12, EU:C:2014:200, punto 17, nonché giurisprudenza ivi citata).

22      Occorre ricordare che, per quanto riguarda le società, la loro sede ai sensi dell’articolo 54 TFUE serve per determinare, come la cittadinanza delle persone fisiche, il loro collegamento all’ordinamento giuridico di uno Stato membro. Tuttavia, ammettere che lo Stato membro di residenza possa liberamente riservare un trattamento diverso per il solo fatto che la sede di una società si trovi in un altro Stato membro svuoterebbe di contenuto l’articolo 49 TFUE. La libertà di stabilimento è volta infatti a garantire il beneficio del trattamento nazionale nello Stato membro ospitante, vietando ogni discriminazione fondata sul luogo della sede delle società (sentenza del 12 giugno 2014, SCA Group Holding e a., da C-39/13 a C-41/13, EU:C:2014:1758, punto 45 e giurisprudenza ivi citata).

23      Un regime di integrazione fiscale come quello di cui al procedimento principale costituisce un vantaggio fiscale per le società interessate. Mediante una compensazione tra i risultati positivi e negativi delle società rientranti nel perimetro dell’integrazione e il consolidamento di tali risultati in capo alla società controllante integrante, il regime di integrazione fiscale conferisce al gruppo delle società interessate un vantaggio di tesoreria (v., per analogia, sentenza del 12 giugno 2014, SCA Group Holding e a., da C-39/13 a C-41/13, EU:C:2014:1758, punto 46).

24      In applicazione dell’articolo 164 bis della LIR, un siffatto vantaggio fiscale è conferito alle società controllanti residenti in Lussemburgo o alle organizzazioni stabili, in tale Stato membro, delle società controllanti non residenti, consentendo che i risultati fiscali delle controllate residenti siano consolidati a livello di tali società controllanti e organizzazioni stabili.

25      La normativa di cui trattasi nel procedimento principale crea quindi una disparità di trattamento tra, da un lato, le società controllanti con sede in Lussemburgo che, grazie al regime di integrazione fiscale, possono, in particolare, compensare i risultati positivi delle loro controllate in attivo con i risultati negativi delle loro controllate in passivo e, dall’altro, le società controllanti che detengono anch’esse controllate in Lussemburgo ma hanno sede in un altro Stato membro e che non dispongono di una stabile organizzazione in Lussemburgo, le quali non possono beneficiare di tale regime di integrazione fiscale e, pertanto, del vantaggio fiscale cui tale regime dà diritto.

26      La disparità di trattamento, quale constatata al punto precedente, non è rimessa in discussione dagli argomenti del governo lussemburghese il quale, nelle sue osservazioni scritte, sostiene che tutte le società soggette alla sovranità fiscale del Granducato di Lussemburgo beneficiano dello stesso trattamento. Secondo tale governo, da un lato, laddove una società controllante non residente detenesse una organizzazione stabile in Lussemburgo, quest’ultima potrebbe beneficiare dello stesso trattamento riservato alle società controllate residenti. Dall’altro, anche in una situazione puramente interna, un’integrazione fiscale tra le controllate di una società controllante non potrebbe essere effettuata senza la partecipazione della società controllante.

27      A tale riguardo, occorre rilevare, anzitutto, che dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che la controversia principale verte non sulla possibilità, per la società controllante non residente, di essere inclusa nel regime di integrazione fiscale lussemburghese allo stesso titolo delle sue controllate residenti, ma unicamente sulla possibilità di procedere all’integrazione orizzontale dei risultati delle controllate stesse che sono tutte residenti in Lussemburgo. Pertanto, la circostanza che la società controllante non residente non sia soggetta alla sovranità fiscale lussemburghese è irrilevante.

28      Inoltre, è certamente vero che, in una situazione puramente interna, un’integrazione fiscale tra le controllate residenti di una società controllante residente non può essere effettuata senza la partecipazione di quest’ultima. Tuttavia, qualora l’integrazione fiscale orizzontale tra le controllate residenti di una società controllante residente non sia consentita, il consolidamento dei risultati di tali controllate può comunque essere ottenuto, come rilevato al punto 25 della presente sentenza, mediante l’integrazione dei risultati di dette controllate nel risultato della società controllante.

29      Orbene, quando si tratta delle controllate di una società controllante non residente, il consolidamento dei risultati delle controllate non è possibile né mediante un’integrazione fiscale verticale né mediante un’integrazione fiscale orizzontale.

30      Infine, dalla giurisprudenza della Corte risulta che, poiché l’articolo 49, primo comma, seconda frase, TFUE lascia espressamente agli operatori economici la possibilità di scegliere liberamente la forma giuridica idonea per l’esercizio delle loro attività in un altro Stato membro, questa libera scelta non deve essere limitata da disposizioni fiscali discriminatorie (v., in tal senso, sentenze del 28 gennaio 1986, Commissione/Francia, 270/83, EU:C:1986:37, punto 22; del 6 settembre 2012, Philips Electronics UK, C-18/11, EU:C:2012:532, punto 13, nonché del 17 maggio 2017, X, C-68/15, EU:C:2017:379, punto 40 e giurisprudenza ivi citata). Pertanto, è irrilevante l’argomento secondo cui la creazione, in Lussemburgo, di una organizzazione stabile o di una controllata intermedia che avesse assunto il ruolo di società controllante delle controllate esistenti avrebbe consentito alla società controllante non residente di pervenire all’integrazione fiscale dei risultati delle sue controllate residenti.

31      Operando sul piano fiscale una discriminazione a danno delle situazioni transfrontaliere rispetto alle situazioni puramente interne, le disposizioni della LIR di cui al procedimento principale configurano quindi una restrizione in linea di principio vietata dalle disposizioni del Trattato relative alla libertà di stabilimento (v., per analogia, sentenze del 27 novembre 2008, Papillon, C-418/07, EU:C:2008:659, punto 32, e del 12 giugno 2014, SCA Group Holding e a., da C-39/13 a C-41/13, EU:C:2014:1758, punto 48).

32      Una siffatta restrizione può essere ammessa solo se riguarda situazioni che non sono oggettivamente comparabili o se è giustificata da un motivo imperativo di interesse generale ed è proporzionata a tale obiettivo (v., in tal senso, sentenze del 17 luglio 2014, Nordea Bank Danmark, C-48/13, EU:C:2014:2087, punto 23, e del 12 giugno 2018, Bevola e Jens W. Trock, C-650/16, EU:C:2018:424, punto 20).

33      A tale riguardo, secondo la giurisprudenza della Corte, la comparabilità di una situazione transfrontaliera con una situazione interna deve essere esaminata tenendo conto dell’obiettivo perseguito dalle disposizioni nazionali di cui trattasi (v., in tal senso, sentenze del 18 luglio 2007, Oy AA, C-231/05, EU:C:2007:439, punto 38; del 25 febbraio 2010, X Holding, C-337/08, EU:C:2010:89, punto 22, del 12 giugno 2014, SCA Group Holding e a., da C-39/13 a C-41/13, EU:C:2014:1758, punto 28, e del 12 giugno 2018, Bevola e Jens W. Trock, C-650/16, EU:C:2018:424, punto 32).

34      La differenza di trattamento tra le società controllanti con sede in Lussemburgo e le società controllanti con sede in un altro Stato membro e che non dispongono di una organizzazione stabile in Lussemburgo quanto alla possibilità di procedere al consolidamento fiscale dei risultati delle loro controllate in Lussemburgo riguarda situazioni che sono oggettivamente comparabili.

35      Infatti, come risulta dalla domanda di pronuncia pregiudiziale, il regime di integrazione fiscale istituito dall’articolo 164 bis della LIR è previsto per motivi di neutralità fiscale, al fine di consentire un consolidamento fiscale di una parte delle società del gruppo o di tutte le società del gruppo.

36      Orbene, tale obiettivo, per quanto riguarda il consolidamento dei risultati delle controllate stabilite in Lussemburgo e la loro imposizione in tale Stato membro, può essere raggiunto tanto dai gruppi la cui società controllante è stabilita in detto Stato membro, quanto dai gruppi la cui società controllante non lo è (v., per analogia, sentenza del 12 giugno 2014, SCA Group Holding e a., da C-39/13 a C-41/13, EU:C:2014:1758, punto 51).

37      Infine, né il giudice del rinvio né il governo lussemburghese hanno addotto motivi di interesse generale che consentano di giustificare, se del caso, la disparità di trattamento determinata dal regime di integrazione fiscale di cui al procedimento principale.

38      Ciò premesso, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che gli articoli 49 e 54 TFUE devono essere interpretati nel senso che essi ostano alla normativa di uno Stato membro che, mentre ammette un’integrazione fiscale verticale tra una società controllante residente o una organizzazione stabile, in tale Stato membro, di una società controllante non residente e le sue controllate residenti, non consente un’integrazione fiscale orizzontale tra le controllate residenti di una società controllante non residente.

 Sulla seconda questione

39      Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se gli articoli 49 e 54 TFUE debbano essere interpretati nel senso che essi ostano alla normativa di uno Stato membro, la quale ha l’effetto di costringere una società controllante con sede in un altro Stato membro a sciogliere un’integrazione fiscale verticale, esistente tra una delle sue controllate e un certo numero di sue controllate di secondo livello residenti, al fine di consentire a tale controllata di procedere a un’integrazione fiscale orizzontale con altre controllate residenti di detta società controllante, anche se la società controllata integrante residente resta la stessa e lo scioglimento dell’integrazione fiscale verticale prima della scadenza della durata minima di esistenza dell’integrazione, prevista dalla normativa nazionale, implica la rettifica dell’imposizione individuale delle società interessate.

40      A tale riguardo, occorre rilevare, anzitutto, che, come precisato dal giudice del rinvio nella sua domanda di pronuncia pregiudiziale, il regime di integrazione fiscale orizzontale, introdotto dall’articolo 164 bis della LIR, come modificato, è concepito quale regime di integrazione alternativa al regime di integrazione verticale, di modo che questi due regimi si escludono a vicenda e che il cambiamento da un regime verso l’altro comporta lo scioglimento del gruppo fiscalmente integrato preesistente.

41      Inoltre, sempre secondo il giudice del rinvio, sebbene l’articolo 164 bis della LIR, come modificato, non possa essere applicato retroattivamente agli esercizi fiscali di cui trattasi nel procedimento principale, si dovrebbe, tuttavia, interpretare l’articolo 164 bis della LIR, applicabile a tali esercizi fiscali, tenendo conto della separazione tra i regimi di integrazione fiscale verticale e orizzontale, il che implicherebbe un obbligo di porre fine a un’integrazione fiscale verticale preesistente prima di poter costituire un gruppo di integrazione fiscale orizzontale. Orbene, lo scioglimento di un gruppo fiscalmente integrato prima della scadenza della durata minima di esistenza di tale integrazione, fissata in cinque esercizi di gestione dall’articolo 164 bis, paragrafo 4, della LIR, comporta una rettifica dell’imposizione individuale di tutte le società che non hanno rispettato detta durata minima. Tale rettifica dell’imposizione individuale è effettuata per gli anni per i quali non è più ammesso un consolidamento dei risultati.

42      Infine, dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che, conformemente alla normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale, nel caso di un gruppo costituito da una società controllante con sede in Lussemburgo e da controllate residenti, una controllata residente può aderire a un’integrazione fiscale preesistente, per poi uscirne alla scadenza della durata minima di cinque esercizi di gestione, cosicché, a livello delle controllate integrate, qualsiasi modifica della composizione del gruppo fiscalmente integrato non comporta lo scioglimento del precedente gruppo fiscalmente integrato e la creazione di un nuovo gruppo.

43      Da quanto precede discende che una società controllante con sede in Lussemburgo può liberamente decidere di incorporare una controllata residente in un’integrazione fiscale preesistente e di farla uscire dopo un periodo minimo di cinque anni, con la conseguenza che detta controllata sarà nuovamente assoggettata al regime di imposizione individuale, senza che l’una o l’altra di tali operazioni abbia come conseguenza lo scioglimento del vecchio gruppo integrato e la creazione di un nuovo gruppo.

44      Per contro, la separazione tra i regimi di integrazione fiscale verticale e orizzontale, quale presentata dal giudice del rinvio, ha come conseguenza che una società controllante con sede in un altro Stato membro, la quale non disponga di una organizzazione stabile in Lussemburgo, potrebbe procedere a un’integrazione delle sue controllate residenti solo a costo dello scioglimento di un’integrazione fiscale verticale esistente tra una di tali controllate e un certo numero delle sue controllate di secondo livello residenti. Qualora l’integrazione tra tale società controllata residente e le sue controllate di secondo livello residenti non sia stata effettiva, per tutte le società interessate o soltanto per alcune di esse, per tutto il periodo minimo di cinque anni previsto dalla normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale, lo scioglimento dell’integrazione esistente ha come conseguenza la rettifica dell’imposizione delle società interessate.

45      Orbene, la possibilità di includere una controllata in un’integrazione fiscale preesistente, senza che ciò comporti lo scioglimento del precedente gruppo integrato e la creazione di un nuovo gruppo, costituisce un vantaggio fiscale per le società interessate.

46      Di conseguenza, nel caso di specie, una società controllante con sede in uno Stato membro diverso dal Granducato di Lussemburgo, a causa dell’obbligo di sciogliere un gruppo integrato esistente prima di poter procedere a un’integrazione fiscale orizzontale tra le sue controllate residenti, subisce un trattamento meno favorevole rispetto a una società controllante con sede in tale Stato membro.

47      Contrariamente a quanto sostiene il governo lussemburghese nelle sue osservazioni scritte, al riguardo è irrilevante la circostanza che, in una situazione puramente interna, nessuna società possa contemporaneamente far parte di due gruppi integrati.

48      Infatti, come rilevato ai punti 25, 28 e 43 della presente sentenza, una società controllante con sede in Lussemburgo può nondimeno ottenere che i risultati di una controllata siano consolidati con i risultati delle sue altre controllate residenti, incorporando detta controllata nell’integrazione fiscale verticale esistente. Perciò, in una situazione interna siffatta, il problema dell’esistenza simultanea di due gruppi integrati non si pone e solo la società controllante non residente si trova di fronte all’obbligo di sciogliere il vecchio gruppo integrato preesistente al fine di procedere al consolidamento dei risultati delle sue controllate residenti.

49      Pertanto, il fatto che una società controllante non residente, la quale non disponga di una organizzazione stabile in Lussemburgo, possa procedere a un’integrazione orizzontale tra le sue controllate residenti solo a costo dello scioglimento di un’integrazione verticale esistente tra una delle sue controllate e un certo numero delle sue controllate di secondo livello residenti opera una discriminazione a danno delle situazioni transfrontaliere rispetto alle situazioni puramente interne. Un siffatto obbligo configura, di fatto, una restrizione in linea di principio vietata dalle disposizioni del Trattato relative alla libertà di stabilimento, ai sensi della giurisprudenza citata al punto 31 della presente sentenza.

50      Conformemente alla giurisprudenza richiamata al precedente punto 32, una siffatta restrizione può essere ammessa solo se riguarda situazioni che non sono oggettivamente comparabili o se è giustificata da un motivo imperativo di interesse generale ed è proporzionata a tale obiettivo.

51      Il governo lussemburghese sostiene che una situazione in cui una società controllante con sede in Lussemburgo incorpora una controllata residente in un’integrazione fiscale verticale non è paragonabile, ai sensi della giurisprudenza della Corte di giustizia di cui al punto 33 della presente sentenza, a una situazione in cui una controllata di una società con sede in un altro Stato membro intenda effettuare un’integrazione con un’altra controllata, dato che l’incorporazione di una controllata nell’integrazione fiscale verticale sarebbe possibile solo se la società controllante detenesse direttamente o indirettamente almeno il 95% del capitale della controllata e una controllata che intendesse procedere a un’integrazione con un’altra controllata non detenesse il 95% del capitale quest’ultima.

52      Orbene, posto che, come risulta dal precedente punto 35, l’obiettivo di un’imposizione consolidata di una parte delle società di un gruppo o di tutte le società di tale gruppo può essere raggiunto, per quanto riguarda il consolidamento dei risultati delle controllate residenti in Lussemburgo e la loro imposizione in tale Stato membro, tanto dai gruppi la cui società controllante è stabilita in tale Stato membro, quanto da quelli di cui la società controllante non lo è, si deve constatare che, quando la società controllante stabilita in un altro Stato membro detiene almeno il 95% del capitale delle controllate residenti che intendono consolidare i loro risultati, la disparità di trattamento non può essere giustificata da una differenza di situazione oggettiva.

53      Peraltro, né il giudice del rinvio né il governo lussemburghese hanno addotto ragioni imperative di interesse generale che giustifichino una siffatta restrizione.

54      Alla luce di quanto precede, occorre rispondere alla seconda questione dichiarando che gli articoli 49 e 54 TFUE devono essere interpretati nel senso che essi ostano alla normativa di uno Stato membro, la quale ha l’effetto di costringere una società controllante con sede in un altro Stato membro a sciogliere un’integrazione fiscale verticale esistente tra una delle sue controllate e un certo numero di sue controllate di secondo livello residenti, al fine di consentire a tale controllata di procedere a un’integrazione fiscale orizzontale con altre controllate residenti di detta società controllante, anche se la società controllata integrante residente resta la stessa e lo scioglimento dell’integrazione fiscale verticale prima della scadenza della durata minima di esistenza dell’integrazione, prevista dalla normativa nazionale, implica la rettifica dell’imposizione individuale delle società interessate.

 Sulla terza questione

55      Con la sua terza questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se gli articoli 49 e 54 TFUE nonché il principio dell’efficacia pratica del diritto dell’Unione debbano essere interpretati nel senso che essi ostano alla normativa di uno Stato membro relativa a un regime di integrazione fiscale, ai sensi della quale qualsiasi domanda volta a poter beneficiare di un siffatto regime deve essere obbligatoriamente presentata all’autorità competente prima della conclusione del primo esercizio fiscale per il quale è chiesta l’applicazione di tale regime.

56      Nella sua domanda di pronuncia pregiudiziale, il giudice del rinvio espone che l’articolo 164 bis, paragrafo 4, della LIR non prevede un termine di decadenza dell’azione del contribuente, tanto a livello precontenzioso che contenzioso, né un termine di prescrizione che limiti retroattivamente la ricevibilità di una siffatta azione, ma mira a disciplinare il procedimento di concessione del regime di integrazione fiscale. Tale disposizione avrebbe, infatti, lo scopo di far sì che il riconoscimento, da parte dell’amministrazione tributaria competente, dell’applicazione del regime di integrazione fiscale al gruppo di società definito nella domanda possa essere stabilito in un momento utile, prima che tutte le società coinvolte procedano alla redazione dei loro conti societari riguardanti il primo anno di applicazione del regime di integrazione e delle loro relative dichiarazioni fiscali.

57      Nel caso di specie, la terza questione viene sollevata in un contesto in cui, come spiegato dal giudice del rinvio, per quanto riguarda l’esercizio fiscale 2013, la prassi amministrativa e la giurisprudenza lussemburghesi ritenevano che la normativa nazionale che esclude un’integrazione fiscale orizzontale tra le sole controllate di una stessa società controllante con sede in un altro Stato membro fosse compatibile con il diritto dell’Unione.

58      B, C e D sostengono, a tale riguardo, che la presentazione tardiva della loro domanda di integrazione fiscale orizzontale concernente l’esercizio fiscale 2013 è giustificata dalla circostanza che, fino alla pronuncia della sentenza del 12 giugno 2014, SCA Group Holding e a. (da C-39/13 a C-41/13, EU:C:2014:1758), la prassi amministrativa e la giurisprudenza lussemburghesi si opponevano a una domanda siffatta. Esse avrebbero tuttavia presentato la loro domanda rapidamente dopo tale pronuncia, ossia in un momento in cui avevano possibilità concrete che tale domanda fosse accolta, e prima della scadenza della prescrizione generalizzata di cinque anni prevista dal diritto lussemburghese.

59      A tal proposito, dalle risposte fornite alla prima e alla seconda questione risulta che gli articoli 49 e 54 TFUE devono essere interpretati nel senso che essi ostano alla normativa di uno Stato membro che, pur ammettendo un’integrazione fiscale verticale tra una società controllante residente o una organizzazione stabile, in tale Stato membro, di una società controllante non residente e le sue controllate residenti, non consente un’integrazione fiscale orizzontale tra le sole controllate residenti di una società controllante non residente.

60      Secondo una giurisprudenza costante della Corte, l’interpretazione di una norma di diritto dell’Unione, che la Corte fornisce nell’esercizio della competenza attribuitale dall’articolo 267 TFUE, chiarisce e precisa il significato e la portata di tale norma, nel senso in cui deve o avrebbe dovuto essere intesa e applicata sin dal momento della sua entrata in vigore. Ne deriva che la norma così interpretata può e deve essere applicata dal giudice anche a rapporti giuridici sorti e costituitisi prima della sentenza che statuisce sulla domanda d’interpretazione, sempreché, d’altro canto, sussistano i presupposti per sottoporre ai giudici competenti una controversia relativa all’applicazione di detta norma (v., in particolare, sentenza del 6 marzo 2007, Meilicke e a., C-292/04, EU:C:2007:132, punto 34 e giurisprudenza ivi citata).

61      Nella controversia di cui al procedimento principale, la condizione formale, relativa all’obbligo di presentare la domanda di ammissione al regime di integrazione fiscale prima della conclusione del primo esercizio per il quale si chiede l’applicazione di tale regime, non è stata soddisfatta per l’anno d’imposta 2013.

62      A tale riguardo, anche se il giudice del rinvio non qualifica tale termine come termine di decadenza, dal fascicolo sottoposto alla Corte risulta, tuttavia, che il mancato rispetto di detto termine ha indotto il tribunal administratif (Tribunale amministrativo) a respingere il ricorso proposto contro il rigetto della domanda di integrazione per l’anno d’imposta 2013.

63      Dunque, la questione se il mancato rispetto della scadenza per la presentazione della domanda di integrazione fiscale possa essere opposto alle ricorrenti nel procedimento principale, in circostanze come quelle in esame nella controversia di cui al procedimento principale, deve essere valutata tenendo conto, per analogia, dei principi di equivalenza e di effettività che si applicano alle domande destinate a garantire l’esercizio di un diritto conferito a un soggetto dal diritto dell’Unione (v. in tal senso, sentenza del 21 dicembre 2016, TDC, C-327/15, EU:C:2016:974, punti da 89 a 91) ed ai ricorsi giurisdizionali intesi a garantire la tutela di un diritto siffatto (v. in tal senso, in particolare, sentenza del 24 ottobre 2018, XC e a., C-234/17, EU:C:2018:853, punto 22 e giurisprudenza ivi citata).

64      Per quanto concerne il principio di equivalenza, dal fascicolo sottoposto alla Corte non risulta che il termine di presentazione della domanda di integrazione fiscale di cui all’articolo 164 bis, paragrafo 4, della LIR violi il suddetto principio.

65      Riguardo al principio di effettività, occorre ricordare che gli Stati membri hanno la responsabilità di garantire, in ogni caso, una tutela effettiva dei diritti conferiti dal diritto dell’Unione e che tale principio richiede, in particolare, che le autorità tributarie degli Stati membri non rendano praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (sentenza del 20 dicembre 2017, Caterpillar Financial Services, C-500/16, EU:C:2017:996, punto 41).

66      Conformemente alla costante giurisprudenza della Corte, ciascun caso in cui si ponga la questione se una norma procedurale nazionale renda impossibile o eccessivamente difficile l’applicazione del diritto dell’Unione dev’essere esaminato tenendo conto del ruolo di tale norma nell’insieme del procedimento, dello svolgimento e delle peculiarità dello stesso dinanzi ai vari organi giurisdizionali nazionali. Sotto tale profilo si devono considerare segnatamente, se necessario, la tutela dei diritti della difesa, il principio della certezza del diritto e il regolare svolgimento del procedimento (sentenze del 22 febbraio 2018, INEOS Köln, C-572/16, EU:C:2018:100, punto 44, e del 24 ottobre 2018, XC e a., C-234/17, EU:C:2018:853, punto 49).

67      Inoltre, la Corte ha riconosciuto compatibile con il diritto dell’Unione la fissazione di termini di ricorso ragionevoli a pena di decadenza, nell’interesse della certezza del diritto, a tutela sia del contribuente sia dell’amministrazione interessata. Infatti, siffatti termini non sono tali da rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione anche se, per definizione, lo spirare di detti termini comporta il rigetto, totale o parziale, dell’azione esperita (sentenza dell’8 settembre 2011, Q-Beef e Bosschaert, C-89/10 e C-96/10, EU:C:2011:555, punto 36 e giurisprudenza ivi citata). Secondo costante giurisprudenza della Corte, l’eventuale accertamento da parte della Corte di una violazione del diritto dell’Unione è, in linea di massima, ininfluente sul dies a quo del termine di prescrizione (sentenza dell’8 settembre 2011, Q-Beef e Bosschaert, C-89/10 e C-96/10, EU:C:2011:555, punto 47 e giurisprudenza ivi citata).

68      Il diritto dell’Unione osta a che un’autorità nazionale eccepisca la scadenza di un termine di prescrizione ragionevole soltanto se il comportamento delle autorità nazionali, in combinazione con l’esistenza di un termine di decadenza, hanno come conseguenza di privare totalmente un soggetto della possibilità di far valere i suoi diritti in virtù del diritto dell’Unione dinanzi ai giudici nazionali (v., in tal senso, sentenze del 15 aprile 2010, Barth, C-542/08, EU:C:2010:193, punto 33, e dell’8 settembre 2011, Q-Beef e Bosschaert, C-89/10 e C-96/10, EU:C:2011:555, punto 51).

69      È vero che, per quanto riguarda la realizzazione dei mezzi di ricorso disponibili al fine di contestare la responsabilità di uno Stato membro per violazione del diritto dell’Unione, la Corte ha dichiarato che sarebbe contrario al principio di effettività imporre ai soggetti lesi di esperire sistematicamente tutti i mezzi di tutela giudiziaria a loro disposizione, a maggior ragione quando ciò causerebbe difficoltà eccessive o non si potrebbe ragionevolmente esigerlo da loro (sentenze del 24 marzo 2009, Danske Slagterier, C-445/06, EU:C:2009:178, punto 62, e del 25 novembre 2010, Fuß, C-429/09, EU:C:2010:717, punto 77).

70      Così, ai punti da 104 a 106 della sua sentenza dell’8 marzo 2001, Metallgesellschaft e a. (C-397/98 e C-410/98, EU:C:2001:134), la Corte ha statuito che l’esercizio dei diritti che le norme del diritto dell’Unione direttamente applicabili conferiscono ai privati sarebbe reso impossibile o eccessivamente difficoltoso se le loro domande di risarcimento, fondate sulla violazione del diritto dell’Unione, dovessero essere respinte o ridotte per il solo motivo che i privati non abbiano chiesto di beneficiare del diritto conferito dall’ordinamento dell’Unione, e che la legge nazionale negava loro, in vista d’impugnare il rifiuto dello Stato membro con i mezzi di ricorso previsti a tale scopo, richiamandosi al primato e all’applicabilità diretta del diritto dell’Unione. In un caso del genere, non sarebbe stato ragionevole esigere dai soggetti lesi di esperire i rimedi giuridici a loro disposizione, poiché questi ultimi avrebbero dovuto in ogni caso adempiere anticipatamente l’obbligo di pagamento di cui alle controversie che hanno dato luogo a detta sentenza e, anche ove il giudice nazionale avesse dichiarato il carattere anticipato di tale pagamento come incompatibile con il diritto dell’Unione, i soggetti in questione non avrebbero potuto ottenere il rimborso di tale somma e si sarebbero esposti a un’eventuale sanzione pecuniaria.

71      Tuttavia, sebbene la normativa di cui trattasi nel procedimento principale, la prassi amministrativa e la giurisprudenza lussemburghesi non autorizzassero, per quanto riguarda l’esercizio fiscale 2013, un’integrazione fiscale orizzontale tra le sole controllate di una stessa società controllante, la presentazione di una domanda di integrazione non avrebbe comportato per le ricorrenti nel procedimento principale rischi finanziari e giuridici analoghi a quelli di cui trattavasi, in particolare, nelle controversie sfociate nelle sentenze dell’8 marzo 2001, Metallgesellschaft e a. (C-397/98 e C-410/98, EU:C:2001:134, punto 104), e del 25 novembre 2010, Fuß, (C-429/09, EU:C:2010:717, punto 81), ma si poteva, al contrario, ragionevolmente esigerla da loro.

72      Nel caso di specie, per quanto riguarda l’esercizio tributario 2013, le ricorrenti nel procedimento principale avevano, infatti, la possibilità di depositare in qualsiasi momento, nel corso di tale anno, una domanda di integrazione fiscale orizzontale, invocando l’incompatibilità della normativa lussemburghese con il diritto dell’Unione. Come risulta dal fascicolo sottoposto alla Corte, esse hanno, del resto, presentato una siffatta domanda sulla base del diritto dell’Unione, per quanto riguarda l’esercizio fiscale 2014, prima che la legge lussemburghese fosse modificata in senso favorevole a una tale integrazione.

73      La circostanza che, alla luce della normativa nazionale, nonché della prassi amministrativa e della giurisprudenza interne, le ricorrenti nel procedimento principale avrebbero considerato vana la presentazione di una siffatta domanda non può essere assimilata né all’impossibilità oggettiva di presentare quest’ultima, ai sensi della giurisprudenza della Corte richiamata al precedente punto 68, né a una situazione in cui tale modo di procedere causi difficoltà eccessive o non possa ragionevolmente essere preteso da parte loro, ai sensi della giurisprudenza della Corte richiamata al punto 69 della presente sentenza.

74      Alla luce di quanto precede, occorre rispondere alla terza questione dichiarando che i principi di equivalenza e di effettività devono essere interpretati nel senso che essi non ostano alla normativa di uno Stato membro relativa a un regime di integrazione fiscale, ai sensi della quale qualsiasi domanda volta a poter beneficiare di un siffatto regime deve essere obbligatoriamente presentata all’autorità competente prima della conclusione del primo esercizio fiscale per il quale è chiesta l’applicazione di tale regime.

 Sulle spese

75      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice del rinvio, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara:

1)      Gli articoli 49 e 54 TFUE devono essere interpretati nel senso che essi ostano alla normativa di uno Stato membro che, mentre ammette un’integrazione fiscale verticale tra una società controllante residente o una organizzazione stabile, in tale Stato membro, di una società controllante non residente e le sue controllate residenti, non consente un’integrazione fiscale orizzontale tra le controllate residenti di una società controllante non residente.

2)      Gli articoli 49 e 54 TFUE devono essere interpretati nel senso che essi ostano alla normativa di uno Stato membro, la quale ha l’effetto di costringere una società controllante con sede in un altro Stato membro a sciogliere un’integrazione fiscale verticale esistente tra una delle sue controllate e un certo numero di sue controllate di secondo livello residenti, al fine di consentire a tale controllata di procedere a un’integrazione fiscale orizzontale con altre controllate residenti di detta società controllante, anche se la società controllata integrante residente resta la stessa e lo scioglimento dell’integrazione fiscale verticale prima della scadenza della durata minima di esistenza dell’integrazione, prevista dalla normativa nazionale, implica la rettifica dell’imposizione individuale delle società interessate.

3)      I principi di equivalenza e di effettività devono essere interpretati nel senso che essi non ostano alla normativa di uno Stato membro relativa a un regime di integrazione fiscale, ai sensi della quale qualsiasi domanda volta a poter beneficiare di un siffatto regime deve essere obbligatoriamente presentata all’autorità competente prima della conclusione del primo esercizio fiscale per il quale è chiesta l’applicazione di tale regime.

Firme


*      Lingua processuale: il francese.