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Edizione provvisoria

SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

6 ottobre 2020 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Libera circolazione delle persone – Lavoratori – Regolamento (UE) n. 492/2011 – Articolo 7, paragrafo 2 – Parità di trattamento – Vantaggi sociali – Articolo 10 – Figli scolarizzati – Direttiva 2004/38/CE – Articolo 24 – Prestazioni di assistenza sociale – Regolamento (CE) n. 883/2004 – Articolo 4 – Articolo 70 – Prestazioni speciali in denaro di carattere non contributivo – Lavoratore migrante con figli a carico scolarizzati nello Stato membro ospitante»

Nella causa C-181/19,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Landessozialgericht Nordrhein-Westfalen (Tribunale superiore per il contenzioso sociale, Land Renania settentrionale-Vestfalia, Germania), con decisione del 14 febbraio 2019, pervenuta in cancelleria il 25 febbraio 2019, nel procedimento

Jobcenter Krefeld – Widerspruchsstelle

contro

JD,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta da K. Lenaerts, presidente, R. Silva de Lapuerta, vicepresidente, A. Arabadjiev, A. Prechal (relatrice), M. Vilaras, M. Safjan, P.G. Xuereb, L.S. Rossi e I. Jarukaitis, presidenti di sezione, J. Malenovský, L. Bay Larsen, T. von Danwitz, C. Toader, N. Piçarra e A. Kumin, giudici,

avvocato generale: G. Pitruzzella

cancelliere: D. Dittert, capo unità

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 26 febbraio 2020,

considerate le osservazioni presentate:

–        per Jobcenter Krefeld – Widerspruchsstelle, da S. Schwickert, in qualità di agente;

–        per JD, da J. Kruse, Rechtsanwalt;

–        per il governo tedesco, da J. Möller e S. Eisenberg, in qualità di agenti;

–        per il governo polacco, da B. Majczyna, A. Siwek-Ślusarek e E. Borawska-Kędzierska, in qualità di agenti;

–        per la Commissione europea, da E. Montaguti, B.-R. Killmann, J. Tomkin e M. Kellerbauer, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 14 maggio 2020,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 18 TFUE, degli articoli 7 e 10 del regolamento (UE) n. 492/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2011, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all’interno dell’Unione (GU 2011, L 141, pag. 1), dell’articolo 24, paragrafo 2, della direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE (GU 2004, L 158 pag. 77, e rettifiche in GU 2004, L 229, pag. 35, GU 2007, L 204, pag. 28, e GU 2014, L 305, pag. 116), nonché sull’interpretazione dell’articolo 4 del regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale (GU 2004, L 166, pag. 1, e rettifiche in GU 2004, L 200, pag. 1, e GU 2007, L 204, pag. 30).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra il Jobcenter Krefeld – Widerspruchsstelle (Centro per l’impiego di Krefel – Servizio reclami, Germania; in prosieguo il «Jobcenter») e JD in ordine al rifiuto di tale centro di concedere a quest’ultimo e alle sue due figlie talune prestazioni sociali di base previste dalla normativa tedesca.

 Contesto normativo

 Diritto dellUnione

 Direttiva 2004/38

3        I considerando 3, 4, 10, 16 e 21 della direttiva 2004/38 così recitano:

«(3)      La cittadinanza dell’Unione dovrebbe costituire lo status fondamentale dei cittadini degli Stati membri quando essi esercitano il loro diritto di libera circolazione e di soggiorno. È pertanto necessario codificare e rivedere gli strumenti comunitari esistenti che trattano separatamente di lavoratori subordinati, lavoratori autonomi, studenti ed altre persone inattive al fine di semplificare e rafforzare il diritto di libera circolazione e soggiorno di tutti i cittadini dell’Unione.

(4)      Per superare tale carattere settoriale e frammentario delle norme concernenti il diritto di libera circolazione e soggiorno e allo scopo di facilitare l’esercizio di tale diritto, occorre elaborare uno strumento legislativo unico per modificare parzialmente il regolamento (CEE) n. 1612/68 del Consiglio, del 15 ottobre 1968, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all’interno della Comunità [(GU 1968, L 257, pag. 2)] e per abrogare i seguenti testi legislativi: (...)

(...)

(10)      Occorre (…) evitare che coloro che esercitano il loro diritto di soggiorno diventino un onere eccessivo per il sistema di assistenza sociale dello Stato membro ospitante durante il periodo iniziale di soggiorno. Pertanto il diritto di soggiorno dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari per un periodo superiore a tre mesi dovrebbe essere subordinato a condizioni.

(...)

(16)      I beneficiari del diritto di soggiorno non dovrebbero essere allontanati finché non diventino un onere eccessivo per il sistema di assistenza sociale dello Stato membro ospitante. (...) In nessun caso una misura di allontanamento dovrebbe essere presa nei confronti di lavoratori subordinati, lavoratori autonomi o richiedenti lavoro, quali definiti dalla Corte di giustizia, eccetto che per motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza.

(...)

(21)      Dovrebbe spettare tuttavia allo Stato membro ospitante decidere se intende concedere a persone che non siano lavoratori subordinati o autonomi, che non mantengano tale status o loro familiari prestazioni di assistenza sociale durante i primi tre mesi di soggiorno o per un periodo più lungo in caso di richiedenti lavoro, o sussidi per il mantenimento agli studi, inclusa la formazione professionale, prima dell’acquisizione del diritto di soggiorno permanente».

4        L’articolo 7 di tale direttiva, rubricato «Diritto di soggiorno per un periodo superiore a tre mesi», ai paragrafi 1 e 3 prevede quanto segue:

«1.      Ciascun cittadino dell’Unione ha il diritto di soggiornare per un periodo superiore a tre mesi nel territorio di un altro Stato membro, a condizione:

a)      di essere lavoratore subordinato o autonomo nello Stato membro ospitante; o

(...)

3.      Ai sensi del paragrafo 1, lettera a), il cittadino dell’Unione che abbia cessato di essere un lavoratore subordinato o autonomo conserva la qualità di lavoratore subordinato o autonomo nei seguenti casi:

(...)

c)      l’interessato, trovandosi in stato di disoccupazione involontaria debitamente comprovata al termine di un contratto di lavoro di durata determinata inferiore ad un anno o venutosi a trovare in tale stato durante i primi dodici mesi, si è registrato presso l’ufficio di collocamento competente al fine di trovare un lavoro. In tal caso, l’interessato conserva la qualità di lavoratore subordinato per un periodo che non può essere inferiore a sei mesi;

(...)».

5        L’articolo 14 di detta direttiva, rubricato «Mantenimento del diritto di soggiorno», ai suoi paragrafi 2 e 4 prevede quanto segue:

«2.      I cittadini dell’Unione e i loro familiari beneficiano del diritto di soggiorno di cui agli articoli 7, 12 e 13 finché soddisfano le condizioni fissate negli stessi.

(...)

4.      In deroga ai paragrafi 1 e 2 e senza pregiudizio delle disposizioni del capitolo VI, un provvedimento di allontanamento non può essere adottato nei confronti di cittadini dell’Unione o dei loro familiari qualora

(...)

b)      i cittadini dell’Unione siano entrati nel territorio dello Stato membro ospitante per cercare un posto di lavoro. In tal caso i cittadini dell’Unione e i membri della loro famiglia non possono essere allontanati fino a quando i cittadini dell’Unione possono dimostrare di essere alla ricerca di un posto di lavoro e di avere buone possibilità di trovarlo».

6        Ai sensi dell’articolo 24 della direttiva 2004/38, rubricato «Parità di trattamento»:

«1.      Fatte salve le disposizioni specifiche espressamente previste dal trattato e dal diritto derivato, ogni cittadino dell’Unione che risiede, in base alla presente direttiva, nel territorio dello Stato membro ospitante gode di pari trattamento rispetto ai cittadini di tale Stato nel campo di applicazione del trattato. (...)

2.      In deroga al paragrafo 1, lo Stato membro ospitante non è tenuto ad attribuire il diritto a una prestazione di assistenza sociale durante i primi tre mesi di soggiorno o, se del caso, durante il periodo più lungo di cui all’articolo 14, paragrafo 4, lettera b), (...) a persone che non siano lavoratori subordinati o autonomi, che non mantengano tale status o loro familiari».

 Regolamento n. 883/2004

7        L’articolo 2 del regolamento n. 883/2004, rubricato «Ambito d’applicazione “ratione personae”», al paragrafo 1 enuncia quanto segue:

«Il presente regolamento si applica ai cittadini di uno Stato membro, agli apolidi e ai rifugiati residenti in uno Stato membro che sono o sono stati soggetti alla legislazione di uno o più Stati membri, nonché ai loro familiari e superstiti».

8        L’articolo 3 di tale regolamento, rubricato «Ambito d’applicazione “ratione materiae”», così dispone:

«1.      Il presente regolamento si applica a tutte le legislazioni relative ai settori di sicurezza sociale riguardanti:

(...)

h)      le prestazioni di disoccupazione;

(...)

j)      le prestazioni familiari.

(...)

3.      Il presente regolamento si applica anche alle prestazioni speciali in denaro di carattere non contributivo di cui all’articolo 70».

9        L’articolo 4 del regolamento summenzionato, rubricato «Parità di trattamento», così dispone:

«Salvo quanto diversamente previsto dal presente regolamento, le persone alle quali si applica il presente regolamento godono delle stesse prestazioni e sono soggette agli stessi obblighi di cui alla legislazione di ciascuno Stato membro, alle stesse condizioni dei cittadini di tale Stato».

10      Il titolo III del regolamento n. 883/2004 contiene il capitolo 9, relativo alle «[p]restazioni speciali in denaro di carattere non contributivo». In tale capo, l’articolo 70 del medesimo regolamento, rubricato «Disposizione generale», prevede quanto segue:

«1.      Il presente articolo si applica alle prestazioni speciali in denaro di carattere non contributivo previste dalla legislazione la quale, a causa del suo ambito di applicazione ratione personae, dei suoi obiettivi e/o delle condizioni di ammissibilità, ha caratteristiche tanto della legislazione in materia di sicurezza sociale di cui all’articolo 3, paragrafo 1, quanto di quella relativa all’assistenza sociale.

2.      Ai fini del presente capitolo, le “prestazioni speciali in denaro di carattere non contributivo” sono quelle:

a)      intese a fornire:

i)      copertura in via complementare, suppletiva o accessoria dei rischi corrispondenti ai settori di sicurezza sociale di cui all’articolo 3, paragrafo 1, e a garantire, alle persone interessate, un reddito minimo di sussistenza in relazione al contesto economico e sociale dello Stato membro interessato,

oppure

ii)      unicamente la protezione specifica dei portatori di handicap, strettamente collegate al contesto sociale del predetto soggetto nello Stato membro interessato

e

b)      relativamente alle quali il finanziamento deriva esclusivamente dalla tassazione obbligatoria intesa a coprire la spesa pubblica generale e le condizioni per la concessione e per il calcolo della prestazione (…) non dipendono da alcun contributo da parte del beneficiario. Tuttavia, le prestazioni concesse ad integrazione della prestazione contributiva non sono da considerare prestazioni contributive per questo solo motivo,

e

c)      sono elencate nell’allegato X.

3.      L’articolo 7 e gli altri capitoli del presente titolo non si applicano alle prestazioni di cui al paragrafo 2 del presente articolo.

4.      Le prestazioni di cui al paragrafo 2 sono erogate esclusivamente nello Stato membro in cui gli interessati risiedono e ai sensi della sua legislazione. Tali prestazioni sono erogate dall’istituzione del luogo di residenza e sono a suo carico».

11      L’allegato X al regolamento n. 883/2004, che elenca le «[p]restazioni speciali in denaro di carattere non contributivo», ai sensi dell’articolo 70, paragrafo 2, lettera c), di tale regolamento, prevede che, per quanto riguarda la Repubblica federale di Germania, figurino tra tali prestazioni «le prestazioni assicurative di base per persone in cerca di lavoro, destinate a garantire il loro sostentamento, a meno che, in riferimento a tali prestazioni, non siano soddisfatte le condizioni di ammissibilità ad un supplemento temporaneo susseguente alla ricezione delle prestazioni di disoccupazione (articolo 24, paragrafo 1, del libro II del codice sociale)».

 Regolamento n. 492/2011

12      Il considerando 1 del regolamento n. 492/2011 così recita:

«Il regolamento [n. 1612/68] ha subito numerose e sostanziali modificazioni. È opportuno, a fini di chiarezza e razionalizzazione, procedere alla codificazione di tale regolamento».

13      Ai sensi dell’articolo 7, paragrafi 1 e 2, del regolamento n. 492/2011:

«1.      Il lavoratore cittadino di uno Stato membro non può ricevere sul territorio degli altri Stati membri, a motivo della propria cittadinanza, un trattamento diverso da quello dei lavoratori nazionali per quanto concerne le condizioni di impiego e di lavoro, in particolare in materia di retribuzione, licenziamento, reintegrazione professionale o ricollocamento se disoccupato.

2.      Egli gode degli stessi vantaggi sociali e fiscali dei lavoratori nazionali».

14      L’articolo 10 del medesimo regolamento prevede quanto segue:

«I figli del cittadino di uno Stato membro, che sia o sia stato occupato sul territorio di un altro Stato membro, sono ammessi a frequentare i corsi d’insegnamento generale, di apprendistato e di formazione professionale alle stesse condizioni previste per i cittadini di tale Stato, se i figli stessi vi risiedono.

Gli Stati membri incoraggiano le iniziative intese a permettere a tali figli di frequentare i predetti corsi nelle migliori condizioni».

 Diritto tedesco

15      L’articolo 7 del Sozialgesetzbuch Zweites Buch (libro II del codice della previdenza sociale), nella versione del 22 dicembre 2016 (BGBl. I, pag. 3155; in prosieguo: il «SGB II»), così dispone:

«1)      1Le prestazioni previste dal presente libro vengono erogate a coloro che:

1.      siano di età superiore a 15 anni, ma non abbiano ancora raggiunto il limite di età previsto dall’articolo 7 bis,

2.      siano abili al lavoro,

3.      siano indigenti e,

4.      abbiano la propria residenza abituale nella Repubblica federale di Germania (beneficiari abili al lavoro).

2Sono esclusi:

1.      (...)

2.      i cittadini stranieri

a)      che non hanno un diritto di soggiorno,

b)      il cui diritto di soggiorno discende unicamente dall’obiettivo della ricerca di un posto di lavoro o

c)      che derivano il proprio diritto di soggiorno – da solo o parallelamente ad un diritto di soggiorno ai sensi della lettera b) – dall’articolo 10 del regolamento n. 492/2011,

nonché i loro familiari,

3.      (...)

2)      Percepiscono prestazioni anche le persone che vivono presso una comunità beneficiaria insieme ai beneficiari abili al lavoro. (...)

3)      Fanno parte della comunità beneficiaria

1.      i beneficiari abili al lavoro,

(...)

4.      i figli non sposati facenti parte della famiglia anagrafica delle persone menzionate ai punti da 1 a 3, qualora non abbiano ancora compiuto i 25 anni di età, purché non possano procurarsi grazie ai loro redditi personali o al loro patrimonio le prestazioni che garantiscano loro la sussistenza».

16      L’articolo 2 del Gesetz über die allgemeine Freizügigkeit von Unionsbürgern (legge in materia di libera circolazione dei cittadini dell’Unione), nella versione del 2 dicembre 2014 (BGBl. I, pag. 1922; in prosieguo: il «FreizügG»), è così formulato:

«1)      I cittadini dell’Unione che beneficiano della libera circolazione nonché i loro familiari hanno il diritto di entrare e di soggiornare nel territorio federale conformemente alle disposizioni della presente legge.

2)      Fruiscono della libera circolazione in forza del diritto dell’Unione:

1.      i cittadini dell’Unione che intendono soggiornare in qualità di lavoratori o proseguire una formazione professionale,

1 bis.      i cittadini dell’Unione in cerca di occupazione, per un periodo fino a sei mesi, e oltre soltanto nei limiti in cui possono provare di essere ancora alla ricerca di un’occupazione e di avere reali opportunità di essere assunti,

(...)

6.      i familiari, conformemente ai presupposti di cui agli articoli 3 e 4,

(...)

3)      2Il diritto sancito dal paragrafo 1 è mantenuto per un periodo di sei mesi in caso di disoccupazione involontaria confermata dall’agenzia di collocamento competente dopo un periodo di impiego inferiore a un anno».

17      L’articolo 3 del FreizügG prevede quanto segue:

«1)      1I familiari dei cittadini dell’Unione di cui all’articolo 2, paragrafo 2, punti da 1 a 5, godono del diritto ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, quando accompagnano detto cittadino dell’Unione o si ricongiungono allo stesso. (...)

2)      Per familiari si intendono:

1.      il coniuge, il partner e i discendenti delle persone di cui all’articolo 2, paragrafo 2, punti da 1 a 5 e 7, o dei loro coniugi o partner, che non abbiano ancora compiuto il ventunesimo anno di età.

(...)

4)      I figli di un cittadino dell’Unione che beneficia della libertà di circolazione e il genitore che esercita effettivamente la potestà genitoriale sui figli mantengono il proprio diritto di soggiorno fintantoché essi non abbiano completato una formazione, anche dopo il decesso o la partenza del cittadino dell’Unione da cui derivano il proprio diritto di soggiorno, se i figli risiedono nel territorio federale e frequentano un istituto di istruzione o di formazione».

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

18      JD, cittadino polacco, era sposato con una cittadina polacca, con la quale ha avuto due figlie, nate rispettivamente nel 2005 e nel 2010. Dal 2012 o dal 2013 JD è separato dalla moglie. Alla fine del 2012 e all’inizio del 2013 tutti i membri della famiglia si sono stabiliti in Germania. Le due figlie risiedono principalmente con il padre, presso il quale sono domiciliate dal 2015. La moglie di JD si è trasferita in Polonia nel 2016.

19      Le figlie sono scolarizzate in Germania dal 1° agosto 2016.

20      A partire dal marzo 2015 JD ha svolto attività di lavoro dipendente in Germania. Egli ha occupato infatti un posto di aiuto fabbro dal 6 marzo al 1° settembre 2015, poi un posto a tempo pieno di operatore di linea di produzione dal 18 gennaio al 31 ottobre 2016. Dal 4 ottobre al 7 dicembre 2016 JD si trovava in stato di inabilità al lavoro e ha continuato a beneficiare a tale titolo del versamento del suo stipendio da parte del suo datore di lavoro fino al 31 ottobre 2016, data di cessazione del suo rapporto di lavoro, e successivamente ha fruito di un’indennità di malattia da parte della previdenza sociale fino al 7 dicembre 2016.

21      In seguito ha percepito un’indennità di disoccupazione dal 23 febbraio al 13 aprile 2017 e dal 12 giugno al 23 ottobre 2017.

22      Dal 2 gennaio 2018 JD svolge nuovamente un’attività lavorativa a tempo pieno.

23      Dal 1° settembre 2016 al 7 giugno 2017 JD e le sue due figlie hanno percepito prestazioni sociali di base in forza del SGB II, vale a dire «indennità sussidiarie di disoccupazione» (Arbeitslosengeld II) per JD e «assegni sociali» (Sozialgeld) per le due figlie (in prosieguo, congiuntamente: le «prestazioni di sussistenza di cui trattasi nel procedimento principale»).

24      Nel giugno 2017 JD ha chiesto, per sé e per le sue figlie, di poter continuare a godere delle prestazioni di sussistenza di cui trattasi nel procedimento principale. Con parere del 13 giugno 2017, confermato il 27 luglio 2017 a seguito di un reclamo presentato da JD, il Jobcenter ha respinto tale domanda sulla base dell’articolo 7, paragrafo 1, seconda frase, punto 2, del SGB II, adducendo come motivazione che JD non aveva conservato lo status di lavoratore subordinato e soggiornava in Germania al solo scopo di cercare un posto di lavoro.

25      JD e le sue due figlie hanno quindi proposto ricorso dinanzi al Sozialgericht Düsseldorf (Tribunale per il contenzioso sociale di Düsseldorf, Germania) diretto a ottenere l’annullamento di tale parere e la condanna del Jobcenter a concedere loro le prestazioni di sussistenza di cui trattasi nel procedimento principale per il periodo compreso tra l’8 giugno e il 31 dicembre 2017 (in prosieguo: il «periodo controverso»).

26      Con sentenza dell’8 maggio 2018 detto giudice ha accolto tale ricorso e ha condannato il Jobcenter a versare le prestazioni richieste. Esso ha dichiarato che, se è certamente vero che JD non poteva più avvalersi del mantenimento dello status di lavoratore subordinato durante il periodo controverso per poter fondare un diritto di soggiorno sull’articolo 2 del FreizügG, egli traeva tuttavia un tale diritto anche dal diritto di soggiorno riconosciuto alle sue figlie in forza dell’articolo 10 del regolamento n. 492/2011. Queste ultime, infatti, residenti e scolarizzate in Germania, in quanto figlie minorenni di un ex lavoratore emigrante precedentemente occupato in tale Stato membro, possono far valere il diritto di soggiorno ai sensi di detto articolo 10, che costituirebbe poi il fondamento del diritto di soggiorno del padre, in quanto loro genitore effettivamente affidatario. Ad avviso di detto giudice, il diritto di soggiorno derivante dal summenzionato articolo 10, finalizzato all’istruzione e alla formazione dei figli di un (ex) lavoratore emigrante, è autonomo e indipendente dai diritti di soggiorno previsti dalla direttiva 2004/38. Pertanto, la regola stabilita all’articolo 24, paragrafo 2, di tale direttiva, che deroga al principio della parità di trattamento in materia di assistenza sociale, non si applicherebbe qualora il diritto di soggiorno del cittadino dell’Unione interessato sia fondato sull’articolo 10 del regolamento n. 492/2011. L’esclusione del diritto alle prestazioni di assistenza sociale prevista dall’articolo 7, paragrafo 1, seconda frase, punto 2, lettera c), del SGB II per i cittadini stranieri nonché per i loro familiari che traggono il proprio diritto di soggiorno dall’articolo 10 del regolamento n. 492/2011 non sarebbe quindi conforme al diritto dell’Unione.

27      Il 4 luglio 2018 il Jobcenter ha proposto appello avverso tale sentenza dinanzi al giudice del rinvio.

28      Tale giudice afferma, in primo luogo, che nella giurisprudenza nazionale è controverso se la norma derogatoria in materia di assistenza sociale, prevista all’articolo 24, paragrafo 2, della direttiva 2004/38, trovi parimenti applicazione, diretta o per analogia, ai cittadini dell’Unione che godono di un diritto di soggiorno ai sensi dell’articolo 10 del regolamento n. 492/2011 e che hanno chiesto la concessione di prestazioni di sussistenza come quelle di cui trattasi nel procedimento principale, le quali costituiscono prestazioni di assistenza sociale ai sensi della prima disposizione.

29      Inoltre, il legislatore tedesco, adottando l’articolo 7, paragrafo 1, seconda frase, punto 2, lettera c), del SGB II, avrebbe ritenuto che si dovesse applicare l’articolo 24, paragrafo 2, della direttiva 2004/38 ai casi in cui i cittadini dell’Unione dispongano, oltre al diritto di soggiorno ai fini della ricerca di un posto di lavoro, anche di un diritto di soggiorno ai sensi dell’articolo 10 del regolamento n. 492/2011, per evitare che le norme della direttiva 2004/38 siano svuotate del loro contenuto e che detti cittadini diventino un onere eccessivo per il sistema di assistenza sociale dello Stato membro ospitante.

30      Il giudice del rinvio ritiene tuttavia che il diritto di soggiorno concesso ai sensi dell’articolo 10 del regolamento n. 492/2011 non sia soggetto alle disposizioni della direttiva 2004/38. Esso richiama a tal riguardo le sentenze del 23 febbraio 2010, Ibrahim e Secretary of State for the Home Department (C-310/08, EU:C:2010:80), nonché del 23 febbraio 2010, Teixeira (C-480/08, EU:C:2010:83), con le quali la Corte avrebbe riconosciuto l’autonomia del diritto di soggiorno fondato sull’articolo 12 del regolamento n. 1612/68, disposizione formulata in termini identici a quelli dell’articolo 10 del regolamento n. 492/2011. Inoltre, il legislatore dell’Unione non avrebbe colto l’occasione dell’adozione di quest’ultimo regolamento, che ha abrogato e sostituito il regolamento n. 1612/68, per circoscrivere il principio della parità di trattamento derivante dal regolamento n. 1612/68, come interpretato dalla Corte.

31      In secondo luogo, la questione dell’applicabilità dell’articolo 24, paragrafo 2, della direttiva 2004/38 si porrebbe altresì alla luce dell’articolo 4 del regolamento n. 883/2004. Tale regolamento troverebbe applicazione nel caso di specie, dal momento che, in Germania, JD era iscritto a un regime di prestazioni familiari ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera j), di detto regolamento e a un regime previdenziale in caso di disoccupazione ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera h), di quest’ultimo. Le prestazioni di sussistenza previste dal SGB II sarebbero prestazioni speciali in denaro di carattere non contributivo, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 3, e dell’articolo 70, paragrafo 2, del regolamento n. 883/2004, alle quali si applicherebbe il principio della parità di trattamento enunciato all’articolo 4 di tale regolamento.

32      In tale contesto, il Landessozialgericht Nordrhein-Westfalen (Tribunale superiore per il contenzioso sociale, Land Renania settentrionale-Vestfalia, Germania) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’esclusione di cittadini dell’Unione, titolari di un diritto di soggiorno in forza dell’articolo 10 del regolamento n. 492/2011, dal beneficio delle prestazioni d’assistenza sociale ai sensi dell’articolo 24, paragrafo 2, della direttiva 2004/38 sia compatibile con il principio della parità di trattamento sancito dall’articolo 18 TFUE in combinato disposto con gli articoli 10 e 7 del regolamento n. 492/2011.

a)      Se una prestazione d’assistenza sociale ai sensi dell’articolo 24, paragrafo 2, della direttiva 2004/38 costituisca un vantaggio sociale a norma dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 492/2011.

b)      Se la restrizione di cui all’articolo 24, paragrafo 2, della direttiva 2004/38 valga nei confronti del principio della parità di trattamento sancito dall’articolo 18 TFUE in combinato disposto con gli articoli 10 e 7 del regolamento n. 492/2011.

2)      Se l’esclusione di cittadini dell’Unione dal beneficio delle prestazioni speciali in denaro di carattere non contributivo ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 3, e dell’articolo 70, paragrafo 2, del regolamento n. 883/2004 sia compatibile con il principio della parità di trattamento sancito dall’articolo 18 TFUE, in combinato disposto con l’articolo 4 del regolamento n. 883/2004, ove i cittadini medesimi dispongano di un diritto di soggiorno conformemente all’articolo 10 del regolamento n. 492/2011 e siano iscritti ad un regime previdenziale o ad un regime di prestazioni familiari ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento n. 883/2004».

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla prima questione

33      Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 18, primo comma, TFUE, nonché l’articolo 7, paragrafo 2, e l’articolo 10 del regolamento n. 492/2011 debbano essere interpretati nel senso che, alla luce dell’articolo 24, paragrafo 2, della direttiva 2004/38, essi non ostano alla normativa di uno Stato membro in forza della quale il cittadino di un altro Stato membro e i suoi figli minorenni, che godono tutti, nel primo Stato membro, di un diritto di soggiorno fondato sull’articolo 10 del regolamento n. 492/2011, in quanto tali figli frequentano la scuola in questo medesimo Stato, sono in ogni caso e automaticamente esclusi dal diritto alle prestazioni volte a garantire la loro sussistenza.

 Sul diritto di soggiorno fondato sull’articolo 10 del regolamento n. 492/2011

34      Occorre ricordare che l’articolo 10 del regolamento n. 492/2011 prevede che i figli del cittadino di uno Stato membro, che sia o sia stato occupato sul territorio di un altro Stato membro, godano nello Stato membro ospitante, se vi risiedono, dello stesso trattamento riservato ai cittadini di tale Stato membro per quanto riguarda l’accesso all’istruzione. Prima dell’entrata in vigore del regolamento n. 492/2011, tale diritto era enunciato all’articolo 12 del regolamento n. 1612/68, la cui formulazione era identica a quella dell’articolo 10 del regolamento n. 492/2011, regolamento, quest’ultimo, che ha abrogato e sostituito il primo al fine di procedere alla sua codificazione, a fini di chiarezza e razionalizzazione, come risulta dal considerando 1 del regolamento n. 492/2011. Pertanto, la giurisprudenza della Corte relativa all’articolo 12 del regolamento n. 1612/68 è rilevante anche ai fini dell’interpretazione dell’articolo 10 del regolamento n. 492/2011.

35      Da tale giurisprudenza risulta, da un lato, che il figlio di un lavoratore emigrante o di un ex lavoratore emigrante è titolare di un proprio diritto di soggiorno, nello Stato membro ospitante, sulla base del diritto alla parità di trattamento per quanto riguarda l’accesso all’istruzione, qualora intenda proseguire corsi di insegnamento generale in tale Stato membro. Dall’altro, il riconoscimento di un proprio diritto di soggiorno, a favore di tale figlio, implica il riconoscimento di un corrispondente diritto di soggiorno a favore del genitore effettivamente affidatario (v., in tal senso, sentenze del 17 settembre 2002, Baumbast e R, C-413/99, EU:C:2002:493, punti 63 e 75, nonché del 23 febbraio 2010, Teixeira, C-480/08, EU:C:2010:83, punto 36).

36      Infatti, l’obiettivo perseguito sia dal regolamento n. 1612/68 sia dal regolamento n. 492/2011, ossia realizzare la libera circolazione dei lavoratori, impone di prevedere condizioni ottimali di integrazione per la famiglia del lavoratore nello Stato membro ospitante e il diniego, opposto ai genitori affidatari dei figli, di risiedere nello Stato membro ospitante per il periodo della frequenza scolastica di questi ultimi potrebbe risultare tale da privarli di un diritto riconosciuto loro dal legislatore dell’Unione (sentenza del 23 febbraio 2010, Ibrahim e Secretary of State for the Home Department, C-310/08, EU:C:2010:80, punto 55 e giurisprudenza ivi citata).

37      L’articolo 10 del regolamento n. 492/2011 riconosce pertanto al figlio, in relazione al diritto di accesso all’istruzione di cui dispone, un diritto di soggiorno autonomo non dipendente dalla circostanza che il genitore o i genitori affidatari conservino lo status di lavoratore emigrante nello Stato membro ospitante. Del pari, il fatto che il genitore interessato perda tale status non incide sul suo diritto di soggiorno, ai sensi dell’articolo 10 del regolamento n. 492/2011, corrispondente a quello del figlio del quale sia effettivamente affidatario (v., in tal senso, sentenze del 17 settembre 2002, Baumbast e R, C-413/99, EU:C:2002:493, punti 63, 70 e 75, nonché del 23 febbraio 2010, Teixeira, C-480/08, EU:C:2010:83, punti 37, 46 e 50).

38      Occorre aggiungere, al riguardo, che l’articolo 10 del regolamento n. 492/2011 deve essere applicato autonomamente rispetto alle disposizioni del diritto dell’Unione, come quelle della direttiva 2004/38, che disciplinano le condizioni di esercizio del diritto di soggiorno in un altro Stato membro (v., in tal senso, sentenze del 23 febbraio 2010, Ibrahim e Secretary of State for the Home Department, C-310/08, EU:C:2010:80, punto 42, nonché del 23 febbraio 2010, Teixeira, C-480/08, EU:C:2010:83, punti 53 e 54).

39      Ne consegue che i figli di un cittadino di uno Stato membro che lavori o abbia lavorato nello Stato membro ospitante, al pari del genitore che ne abbia l’effettivo affidamento, possono avvalersi, in quest’ultimo Stato, di un diritto di soggiorno autonomo sul solo fondamento dell’articolo 10 del regolamento n. 492/2011, senza che siano tenuti a soddisfare le condizioni definite dalla direttiva 2004/38, tra cui quella relativa al fatto che gli interessati dispongano di risorse sufficienti e di un’assicurazione malattia che copra tutti i rischi in detto Stato (v., in tal senso, sentenza del 23 febbraio 2010, Ibrahim e Secretary of State for the Home Department, C-310/08, EU:C:2010:80, punto 59).

 Sul diritto alla parità di trattamento ai sensi dell’articolo 7 del regolamento n. 492/2011

40      Il giudice del rinvio sembra ritenere, al pari della Commissione europea, che i soggetti titolari di un diritto di soggiorno derivante dall’articolo 10 del regolamento n. 492/2011 possano legittimamente invocare il principio della parità di trattamento sancito dall’articolo 7 di tale regolamento, in particolare, dal suo paragrafo 2, per quanto riguarda la concessione di vantaggi sociali di cui godono i lavoratori nazionali. Il governo tedesco ritiene invece che non sia così.

41      Per quanto riguarda, in primo luogo, l’ambito di applicazione ratione materiae di quest’ultima disposizione, la nozione di «vantaggio sociale», ai sensi della stessa disposizione, comprende tutti i vantaggi che, connessi o meno a un contratto di lavoro, sono generalmente riconosciuti ai lavoratori nazionali, in ragione principalmente del loro status obiettivo di lavoratore o del semplice fatto della loro residenza nel territorio nazionale, e la cui estensione ai lavoratori cittadini di altri Stati membri risulta quindi atta a facilitare la loro mobilità all’interno dell’Unione e, pertanto, la loro integrazione nello Stato membro ospitante (sentenza del 18 dicembre 2019, Generálny riaditeľ Sociálnej poisťovne Bratislava e a., C-447/18, EU:C:2019:1098, punto 47).

42      Nella fattispecie, poiché, come affermato dal giudice nazionale, le prestazioni di sussistenza di cui trattasi nel procedimento principale mirano a garantire mezzi di sussistenza ai loro beneficiari, si deve ritenere che esse contribuiscano alla loro integrazione nella società dello Stato membro ospitante. Le suddette prestazioni costituiscono, pertanto, vantaggi sociali ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 492/2011 (v., in tal senso, sentenza del 27 marzo 1985, Hoeckx, 249/83, EU:C:1985:139, punto 22).

43      Per quanto riguarda, in secondo luogo, l’ambito di applicazione ratione personae dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 492/2011, da un lato, risulta dal tenore letterale di tale disposizione, in particolare dall’uso del termine «egli», che detto ambito di applicazione corrisponde a quello dell’articolo 7, paragrafo 1, di tale regolamento, il quale comprende, stando ai termini di quest’ultima disposizione, i lavoratori che, al pari di JD, sono «disoccupat[i]» nello Stato membro ospitante. Di conseguenza, come ha rilevato l’avvocato generale al paragrafo 63 delle sue conclusioni, l’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 492/2011 offre una tutela che va oltre il loro semplice periodo di occupazione.

44      D’altro lato, l’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 492/2011, nel campo specifico della concessione di vantaggi sociali, costituisce l’espressione particolare della regola della parità di trattamento sancita dall’articolo 45, paragrafo 2, TFUE e deve essere interpretato allo stesso modo di quest’ultima disposizione (sentenza del 18 dicembre 2019, Generálny riaditeľ Sociálnej poisťovne Bratislava e a., C-447/18, EU:C:2019:1098, punto 39).

45      Pertanto, rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 492/2011 i lavoratori ai sensi dell’articolo 45 TFUE, fermo restando che, mentre i cittadini degli Stati membri che si spostano per cercare un lavoro beneficiano del principio della parità di trattamento solo per l’accesso al mercato del lavoro, quelli che hanno già avuto accesso a tale mercato del lavoro possono pretendere, sulla base di detto articolo 7, paragrafo 2, gli stessi vantaggi sociali e fiscali dei lavoratori nazionali (v., in tal senso, sentenza del 23 marzo 2004, Collins, C-138/02, EU:C:2004:172, punto 31).

46      Orbene, se è pacifico che, durante il periodo controverso, JD era disoccupato in Germania, è altrettanto pacifico che egli aveva previamente svolto attività di lavoro subordinato in tale Stato membro.

47      Di conseguenza, il solo fatto che JD fosse divenuto economicamente inattivo durante tale periodo non può portare ad escludere l’applicazione del principio della parità di trattamento di cui all’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 492/2011.

48      Peraltro, come risulta dalla giurisprudenza richiamata in particolare al punto 37 della presente sentenza, i diritti di cui godono il lavoratore dell’Unione e i suoi familiari per effetto del regolamento n. 492/2011 possono sussistere, in presenza di talune circostanze, anche successivamente alla cessazione del rapporto di lavoro (v., in tal senso, sentenza del 17 settembre 2002, Baumbast e R, C-413/99, EU:C:2002:493, punto 70).

49      Pertanto, e come rilevato, in sostanza, anche dall’avvocato generale ai paragrafi 54 e 55 delle sue conclusioni, il diritto di soggiorno dei figli di un tale lavoratore fondato sull’articolo 10 del regolamento n. 492/2011 e, di conseguenza, quello del genitore affidatario diventano, una volta acquisiti, autonomi rispetto al diritto di soggiorno originario fondato sullo status di lavoratore del genitore interessato, e potranno protrarsi dopo la perdita di tale status al fine di offrire una tutela giuridica rafforzata a tali figli, evitando così che il diritto alla parità di trattamento di questi ultimi per quanto concerne l’accesso all’istruzione sia privato della propria efficacia pratica.

50      Lo stesso deve valere, nel caso in cui i figli e il genitore effettivamente affidatario siano titolari di un diritto di soggiorno fondato sull’articolo 10 del regolamento n. 492/2011, per quanto riguarda il diritto alla parità di trattamento in materia di concessione di vantaggi sociali sancito dall’articolo 7, paragrafo 2, di detto regolamento. In effetti, in una situazione del genere, quest’ultimo diritto, al pari di detti diritti di soggiorno «derivati», scaturisce originariamente dallo status di lavoratore del genitore interessato e deve essere conservato dopo la perdita di tale status, per le stesse ragioni che hanno giustificato il mantenimento dei diritti di soggiorno menzionati.

51      Una siffatta interpretazione dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 492/2011, in combinato disposto con l’articolo 10 di quest’ultimo, contribuisce alla realizzazione dell’obiettivo perseguito da tale regolamento, consistente nel favorire la libera circolazione dei lavoratori, nella misura in cui essa consente di creare condizioni ottimali per l’integrazione dei familiari dei cittadini dell’Unione che si siano avvalsi di tale libertà e abbiano esercitato un’attività lavorativa nello Stato membro ospitante.

52      Tale interpretazione evita infatti ad una persona, come JD, che intenda lasciare, con la propria famiglia, il proprio Stato membro di origine per andare a lavorare in un altro Stato membro, nel quale desidera scolarizzare i propri figli, di esporsi al rischio, nell’ipotesi in cui perdesse lo status di lavoratore, di dover interrompere il percorso scolastico dei propri figli e di rientrare nel proprio paese d’origine, non potendo beneficiare delle prestazioni sociali che lo Stato membro ospitante garantirebbe ai propri cittadini e che consentirebbero alla sua famiglia di disporre di mezzi di sussistenza sufficienti in tale Stato membro.

53      In questa stessa ottica, la Corte ha peraltro considerato, nel caso del figlio di un lavoratore di uno Stato membro che aveva svolto un’attività lavorativa in un altro Stato membro e che era ritornato nel proprio paese d’origine, che tale figlio, il quale era titolare di un diritto di soggiorno nello Stato membro ospitante fondato sull’articolo 12 del regolamento n. 1612/68, conservava il diritto ad un sussidio concesso per il mantenimento e la formazione al fine di proseguire gli studi di livello secondario o post-secondario, aiuto qualificato come «vantaggio sociale» ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento medesimo, a meno di non volere privare il suddetto articolo 12 di qualsiasi effetto (v., in tal senso, sentenza del 15 marzo 1989, Echternach e Moritz, 389/87 e 390/87, EU:C:1989:130, punti 23 e 34).

54      Pertanto, qualora un figlio disponga, nello Stato membro ospitante, di un diritto di soggiorno fondato sull’articolo 10 del regolamento n. 492/2011, tale figlio gode, allo stesso titolo del genitore che ne ha l’effettivo affidamento, del diritto alla parità di trattamento di cui all’articolo 7, paragrafo 2, di tale regolamento, anche quando detto genitore abbia perso il suo status di lavoratore.

55      Ne consegue che i soggetti titolari di un diritto di soggiorno sulla base dell’articolo 10 del regolamento n. 492/2011 godono altresì del diritto alla parità di trattamento in materia di concessione di vantaggi sociali previsto all’articolo 7, paragrafo 2, del medesimo regolamento, anche qualora tali soggetti non possano più avvalersi dello status di lavoratore da cui essi hanno inizialmente tratto il loro diritto di soggiorno.

 Sull’applicabilità dell’articolo 24, paragrafo 2, della direttiva 2004/38 a cittadini dell’Unione che godono di un diritto di soggiorno fondato sull’articolo 10 del regolamento n. 492/2011

56      L’articolo 24, paragrafo 1, della direttiva 2004/38 prevede che ogni cittadino dell’Unione che risiede, in base alla direttiva stessa, nel territorio dello Stato membro ospitante goda di pari trattamento rispetto ai cittadini di tale Stato nel campo di applicazione del Trattato. Il paragrafo 2 di detto articolo dispone che, in deroga al paragrafo 1, lo Stato membro ospitante non è tenuto ad attribuire il diritto a prestazioni di assistenza sociale durante i primi tre mesi di soggiorno o, se del caso, durante il periodo più lungo previsto all’articolo 14, paragrafo 4, lettera b), della direttiva 2004/38, a persone che non siano lavoratori subordinati o autonomi, che non mantengano tale status o loro familiari.

57      A tal riguardo, occorre ricordare che prestazioni quali le prestazioni di sussistenza di cui trattasi nel procedimento principale, che mirano a conferire ai loro beneficiari il minimo dei mezzi di sussistenza necessari per condurre una vita conforme alla dignità umana, devono essere considerate alla stregua di «prestazioni d’assistenza sociale» ai sensi dell’articolo 24, paragrafo 2, della direttiva 2004/38 (v., in tal senso, sentenze del 15 settembre 2015, Alimanovic, C-67/14, EU:C:2015:597, punti da 44 a 46, nonché del 25 febbraio 2016, García-Nieto e a., C-299/14, EU:C:2016:114, punto 37).

58      La Corte ha altresì considerato, ai punti 57 e 58 della sua sentenza del 15 settembre 2015, Alimanovic (C-67/14, EU:C:2015:597), che lo Stato membro ospitante può fondarsi sulla deroga prevista all’articolo 24, paragrafo 2, della direttiva 2004/38 al fine di negare al cittadino dell’Unione che goda di un diritto di soggiorno unicamente sulla base dell’articolo 14, paragrafo 4, lettera b), di tale direttiva, la concessione di prestazioni di assistenza sociale, come le prestazioni di sussistenza di cui trattasi nel procedimento principale.

59      Tuttavia, in tale sentenza, come risulta dal punto 40 della stessa, la Corte si è basata sul postulato del giudice nazionale secondo cui gli interessati beneficiavano unicamente di un diritto di soggiorno ai fini della ricerca di un posto di lavoro fondato su quest’ultima disposizione della direttiva 2004/38. Essa non si è pronunciata riguardo al caso in cui gli interessati dispongano, come nel caso di specie, di un diritto di soggiorno fondato sull’articolo 10 del regolamento n. 492/2011.

60      In un caso del genere, occorre ricordare, da un lato, che la Corte ha più volte dichiarato che, in quanto deroga al principio della parità di trattamento previsto dall’articolo 18, primo comma, TFUE e di cui l’articolo 24, paragrafo 1, della direttiva 2004/38 costituisce solamente espressione specifica, il paragrafo 2 di tale articolo 24 deve essere interpretato restrittivamente e in conformità con le disposizioni del Trattato, ivi comprese quelle relative alla cittadinanza dell’Unione e alla libera circolazione dei lavoratori (sentenza del 21 febbraio 2013, N., C-46/12, EU:C:2013:97, punto 33).

61      D’altro lato, per interpretare una norma di diritto dell’Unione si deve tener conto non soltanto della lettera della stessa, ma anche del suo contesto e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte (sentenza del 18 gennaio 2017, NEW WAVE CZ, C-427/15, EU:C:2017:18, punto 19 e giurisprudenza ivi citata).

62      Risulta, in primo luogo, dalla formulazione stessa dell’articolo 24, paragrafo 2, della direttiva 2004/38 che gli Stati membri possono, «[i]n deroga al paragrafo 1» di tale articolo 24, negare, a determinate condizioni, il diritto a prestazioni di assistenza sociale a talune categorie di persone. Questa disposizione si intende quindi esplicitamente come una deroga al principio della parità di trattamento previsto all’articolo 24, paragrafo 1, di tale direttiva. Orbene, siffatta deroga è applicabile solo a coloro che rientrano nell’ambito di applicazione del citato paragrafo 1, vale a dire a cittadini dell’Unione che soggiornano nel territorio dello Stato membro ospitante «in base [a detta] direttiva».

63      In secondo luogo, dal contesto normativo di tale disposizione risulta che la direttiva 2004/38 è stata certamente adottata al fine di codificare e rivedere, come esposto dal legislatore dell’Unione ai considerando 3 e 4 della stessa, «gli strumenti [del diritto dell’Unione] esistenti» che trattano separatamente di lavoratori subordinati, lavoratori autonomi, studenti ed altre persone inattive al fine di semplificare e rafforzare il diritto di libera circolazione e soggiorno di tutti i cittadini dell’Unione superando il precedente carattere settoriale e frammentario.

64      Tuttavia, tale operazione di codificazione non è stata esaustiva. Infatti, in sede di adozione della direttiva 2004/38, l’articolo 12 del regolamento n. 1612/68, ripreso in termini identici all’articolo 10 del regolamento n. 492/2011, non è stato né abrogato né modificato. Per contro, tale direttiva è stata concepita per essere coerente con detto articolo 12 del regolamento n. 1612/68 nonché con la giurisprudenza che l’ha interpretato. Di conseguenza, tale direttiva non può, in quanto tale, rimettere in discussione l’autonomia dei diritti fondati sull’articolo 10 del regolamento n. 492/2011 né modificarne la portata (v., in tal senso, sentenza del 23 febbraio 2010, Teixeira, C-480/08, EU:C:2010:83, punti 54 e da 56 a 58).

65      Pertanto, la considerazione del contesto in cui si inserisce l’articolo 24 della direttiva 2004/38 conferma l’interpretazione secondo la quale la deroga al principio della parità di trattamento, enunciata al suo paragrafo 2, si applica solo alle situazioni che rientrano nel suo paragrafo 1, ossia quelle in cui il diritto di soggiorno è fondato su tale direttiva, e non a quelle in cui tale diritto trova il suo fondamento autonomo nell’articolo 10 del regolamento n. 492/2011.

66      Infine, in terzo luogo, una siffatta interpretazione non è inficiata dall’obiettivo dell’articolo 24, paragrafo 2, della direttiva 2004/38, che consiste nel preservare l’equilibrio finanziario del sistema di assistenza sociale degli Stati membri evitando che coloro che esercitano il loro diritto di soggiorno diventino un onere eccessivo per il sistema di assistenza sociale dello Stato membro ospitante, come risulta dal considerando 10 di tale direttiva.

67      A tal riguardo occorre infatti rilevare che la situazione di un cittadino dell’Unione, come JD, il quale, prima di essere disoccupato nello Stato membro ospitante, abbia ivi lavorato e scolarizzato i propri figli e che beneficia, pertanto, di un diritto di soggiorno fondato sull’articolo 10 del regolamento n. 492/2011, differisce in maniera significativa, alla luce di tale obiettivo, da quella dei cittadini dell’Unione che l’articolo 24, paragrafo 2, di tale direttiva esclude espressamente dal diritto alle prestazioni di assistenza sociale, vale a dire, da un lato, coloro che come nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 25 febbraio 2016, García-Nieto e a. (C-299/14, EU:C:2016:114), godono, sulla base dell’articolo 6, paragrafo 1, di detta direttiva, di un diritto di soggiorno nello Stato membro ospitante per un periodo limitato a tre mesi e, dall’altro, coloro che sono titolari di un diritto di soggiorno fondato unicamente sull’articolo 14, paragrafo 4, lettera b), della direttiva 2004/38 ai fini della ricerca di un posto di lavoro.

68      La fattispecie oggetto della presente causa si distingue altresì da quella oggetto della causa che ha dato luogo alla sentenza dell’11 novembre 2014, Dano (C-333/13, EU:C:2014:2358). Infatti, quest’ultima causa riguardava cittadini di uno Stato membro economicamente inattivi, che avevano esercitato la loro libertà di circolazione al solo scopo di ottenere il beneficio dell’aiuto sociale di un altro Stato membro e che non beneficiavano, nello Stato membro ospitante, di alcun diritto di soggiorno fondato sulla direttiva 2004/38 o su un’altra disposizione del diritto dell’Unione. In tali circostanze, la Corte ha dichiarato che il fatto di riconoscere a tali persone un diritto a prestazioni sociali alle stesse condizioni applicabili ai cittadini nazionali sarebbe contrario all’obiettivo ricordato al punto 66 della presente sentenza.

69      Peraltro, se è pur vero che persone come JD e le sue figlie rientrano anche nell’ambito di applicazione dell’articolo 24 della direttiva 2004/38, compresa la deroga prevista al suo paragrafo 2, per il fatto di godere di un diritto di soggiorno fondato sull’articolo 14, paragrafo 4, lettera b), di tale direttiva, ciò non toglie che, dal momento che esse possono anche far valere un autonomo diritto di soggiorno fondato sull’articolo 10 del regolamento n. 492/2011, non possa essere opposta loro detta deroga.

70      Da un lato, infatti, la Corte ha già dichiarato, per quanto riguarda le persone in cerca di lavoro, che la deroga prevista all’articolo 24, paragrafo 2, della direttiva 2004/38 si applica solo ai cittadini dell’Unione che godano di un diritto di soggiorno unicamente sulla base dell’articolo 14, paragrafo 4, lettera b), di tale direttiva (v., in tal senso, sentenza del 15 settembre 2015, Alimanovic, C-67/14, EU:C:2015:597, punto 58). Dall’altro, la circostanza che le persone in cerca di lavoro godano di diritti specifici in forza di detta direttiva, tenuto conto dell’autonomia dei regimi istituiti rispettivamente dalla stessa direttiva e dal regolamento n. 492/2011, non può implicare una riduzione dei diritti che tali persone possono trarre da questo regolamento.

71      Peraltro, come correttamente rilevato dalla Commissione, sarebbe paradossale interpretare l’articolo 24, paragrafo 2, della direttiva 2004/38 nel senso che non si dovrebbe concedere il beneficio delle prestazioni di assistenza sociale a coloro che possono far valere non solo un diritto di soggiorno in quanto genitore, in forza del regolamento n. 492/2001, ma anche un diritto di soggiorno in quanto persona in cerca di occupazione, in forza della direttiva 2004/38. Una siffatta interpretazione avrebbe infatti la conseguenza di escludere dal beneficio della parità di trattamento rispetto ai cittadini nazionali, in materia di assistenza sociale, il genitore e i suoi figli titolari di un diritto di soggiorno in forza dell’articolo 10 del regolamento n. 492/2001, qualora tale genitore decida di cercare un’occupazione nel territorio dello Stato membro ospitante.

 Sull’esistenza di una disparità di trattamento alla luce dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 492/2011

72      L’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 492/2011, del quale possono avvalersi coloro che godono di un diritto di soggiorno fondato sull’articolo 10 di tale regolamento, come sottolineato al punto 55 della presente sentenza, stabilisce, in sostanza, che il lavoratore cittadino di uno Stato membro gode nello Stato membro ospitante, anche nel caso in cui sia disoccupato, degli stessi vantaggi sociali e fiscali dei lavoratori nazionali.

73      Il fatto di escludere, in forza di una disposizione nazionale quale l’articolo 7, paragrafo 1, seconda frase, punto 2, lettera c), del SGB II, coloro che, come JD e le sue figlie, sono cittadini di un altro Stato membro, beneficianti di un diritto di soggiorno ex articolo 10 del regolamento n. 492/2011, da qualsiasi diritto alle prestazioni di sussistenza costituisce una disparità di trattamento in materia di vantaggi sociali rispetto ai cittadini nazionali.

74      A tal proposito è stato ricordato al punto 44 della presente sentenza che l’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 492/2011 costituisce l’espressione particolare, nel campo specifico della concessione di vantaggi sociali, del principio della parità di trattamento e di non discriminazione in base alla cittadinanza.

75      Occorre aggiungere, in primo luogo, che la titolarità, nel territorio dello Stato membro ospitante, di un autonomo diritto di soggiorno, fondato sull’articolo 10 del regolamento n. 492/2011, riconosciuto ai figli scolarizzati e al genitore che ne ha l’effettivo affidamento, presuppone che tale genitore abbia avuto accesso al mercato del lavoro di tale Stato membro, come risulta dalla giurisprudenza citata al punto 37 della presente sentenza. Pertanto, e come è stato sottolineato al punto 67 di tale sentenza, la cerchia dei beneficiari potenziali di un siffatto diritto di soggiorno non corrisponde a quella dei cittadini di altri Stati membri che sono entrati nel territorio dello Stato membro ospitante per cercarvi una prima occupazione. Tale diritto è peraltro limitato, dal momento che cessa, al più tardi, quando il figlio termina gli studi (v., in tal senso, sentenza dell’8 maggio 2013, Alarape e Tijani, C-529/11, EU:C:2013:290, punto 24).

76      In secondo luogo, la situazione del cittadino di un altro Stato membro, che abbia già avuto accesso al mercato del lavoro dello Stato membro ospitante e che benefici anche di un diritto di soggiorno fondato sull’articolo 10 del regolamento n. 492/2011, deve essere distinta da quella in cui esisterebbero indizi secondo i quali l’ex lavoratore interessato avrebbe commesso un abuso di diritto non disciplinato dalle norme del diritto dell’Unione, in quanto quest’ultimo avrebbe creato artificiosamente le condizioni per ottenere i vantaggi sociali di cui trattasi in forza dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 492/2011 (v., per analogia, sentenza del 17 luglio 2014, Torresi, C-58/13 e C-59/13, EU:C:2014:2088, punti 42 e 46). Orbene, come parimenti rilevato dalla Commissione, il fascicolo di cui dispone la Corte non contiene alcun elemento che consenta di concludere nel senso dell’esistenza di un siffatto abuso di diritto o di una qualsiasi frode nel caso di specie.

77      Pertanto, l’esclusione dei cittadini economicamente inattivi di altri Stati membri, che godono di un diritto di soggiorno autonomo in forza dell’articolo 10 del regolamento n. 492/2011, da qualsiasi diritto alle prestazioni di sussistenza di cui trattasi nel procedimento principale è contraria all’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 492/2011, in combinato disposto con l’articolo 10 di quest’ultimo.

78      Per quanto riguarda, infine, l’articolo 18, primo comma, TFUE, secondo costante giurisprudenza tale disposizione è applicabile in maniera autonoma soltanto in situazioni disciplinate dal diritto dell’Unione per le quali il Trattato FUE non preveda norme specifiche che vietano discriminazioni (sentenza dell’11 giugno 2020, TÜV Rheinland LGA Products e Allianz IARD, C-581/18, EU:C:2020:453, punto 31 e giurisprudenza ivi citata). Orbene, il divieto di discriminazioni è stato attuato, nel settore della libera circolazione dei lavoratori, dall’articolo 45 TFUE (sentenza del 10 ottobre 2019, Krah, C-703/17, EU:C:2019:850, punto 19 e giurisprudenza ivi citata), il quale, come ricordato al punto 44 della presente sentenza, trova una particolare espressione, nel campo specifico della concessione di vantaggi sociali, all’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 492/2011. Di conseguenza, non occorre interpretare l’articolo 18 TFUE.

79      Alla luce di tutte le considerazioni sin qui svolte, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 7, paragrafo 2, e l’articolo 10 del regolamento n. 492/2011 devono essere interpretati nel senso che essi ostano alla normativa di uno Stato membro in forza della quale il cittadino di un altro Stato membro e i suoi figli minorenni, che godono tutti, nel primo Stato membro, di un diritto di soggiorno fondato sull’articolo 10 di tale regolamento, in quanto detti figli frequentano la scuola in questo medesimo Stato, sono in ogni caso e automaticamente esclusi dal diritto alle prestazioni volte a garantire la loro sussistenza. Tale interpretazione non è rimessa in discussione dall’articolo 24, paragrafo 2, della direttiva 2004/38.

 Sulla seconda questione

80      Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 4 del regolamento n. 883/2004, in combinato disposto con l’articolo 3, paragrafo 3, e l’articolo 70, paragrafo 2, dello stesso regolamento, debba essere interpretato nel senso che, alla luce dell’articolo 24, paragrafo 2, della direttiva 2004/38, esso non osta alla normativa di uno Stato membro in forza della quale il cittadino di un altro Stato membro e i suoi figli minorenni, che godono tutti, nel primo Stato membro, di un diritto di soggiorno fondato sull’articolo 10 del regolamento n. 492/2011, in quanto detti figli frequentano la scuola in tale medesimo Stato, e che sono ivi iscritti a un regime previdenziale ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento n. 883/2004, sono in ogni caso e automaticamente esclusi dal diritto alle prestazioni speciali in denaro di carattere non contributivo.

81      Il giudice del rinvio precisa che si deve ritenere che JD e le sue figlie fossero iscritti, nel periodo controverso, a un regime previdenziale, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, lettere h) e j), del regolamento n. 883/2004, dal momento che hanno percepito, durante il loro soggiorno in Germania, prestazioni di disoccupazione e prestazioni familiari. Pertanto essi rientrano, in forza dell’articolo 2, paragrafo 1, di tale regolamento, nell’ambito di applicazione ratione personae di quest’ultimo.

82      Come rilevato peraltro dal giudice del rinvio, le prestazioni di sussistenza di cui trattasi nel procedimento principale, che costituiscono prestazioni volte a garantire mezzi di sostentamento ai loro beneficiari, sono prestazioni speciali in denaro di carattere non contributivo ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 3, e dell’articolo 70, paragrafo 2, del regolamento n. 883/2004, menzionate nell’allegato X a tale regolamento (v., in tal senso, sentenza del 15 settembre 2015, Alimanovic, C-67/14, EU:C:2015:597, punto 43).

83      La Corte ha già dichiarato che l’articolo 4 del regolamento n. 883/2004 si applica anche a siffatte prestazioni speciali in denaro di carattere non contributivo (v., in tal senso, sentenza dell’11 novembre 2014, Dano, C-333/13, EU:C:2014:2358, punto 55).

84      Se è pur vero che, secondo una giurisprudenza costante, l’articolo 70 del regolamento n. 883/2004 non ha lo scopo di stabilire le condizioni sostanziali per l’esistenza del diritto a dette prestazioni, e che nulla osta a che la concessione di tali prestazioni a cittadini dell’Unione economicamente inattivi sia subordinata al requisito che questi ultimi soddisfino le condizioni per disporre di un diritto di soggiorno legale nello Stato membro ospitante (v., in tal senso, sentenza del 14 giugno 2016, Commissione/Regno Unito, C-308/14, EU:C:2016:436, punti 65 e 68 nonché giurisprudenza ivi citata), occorre tuttavia constatare che JD e le sue figlie godevano, durante il periodo controverso, di un diritto di soggiorno legale sulla base dell’articolo 10 del regolamento n. 492/2011.

85      Ne consegue che JD e le sue figlie godono, in forza dell’articolo 4 del regolamento n. 883/2004, del diritto alla parità di trattamento per quanto riguarda le prestazioni di sussistenza di cui trattasi nel procedimento principale.

86      Orbene, il fatto di escludere, in forza di una disposizione nazionale come l’articolo 7, paragrafo 1, seconda frase, punto 2, lettera c), del SGB II, coloro che, come JD e le sue figlie, sono cittadini di un altro Stato membro, beneficianti di un diritto di soggiorno ex articolo 10 del regolamento n. 492/2011, da qualsiasi diritto alle prestazioni di sussistenza costituisce una disparità di trattamento in materia di prestazioni previdenziali rispetto ai cittadini nazionali.

87      Peraltro, come è già stato constatato nell’ambito della risposta alla prima questione, la deroga al principio della parità di trattamento in materia di assistenza sociale prevista all’articolo 24, paragrafo 2, della direttiva 2004/38 non si applica a una fattispecie, come quella oggetto del procedimento principale, in cui i cittadini di altri Stati membri dispongano di un diritto di soggiorno ai sensi dell’articolo 10 del regolamento n. 492/2011. A tal riguardo, la fattispecie che caratterizza in tal modo la presente causa si distingue da quelle oggetto delle cause che hanno dato luogo alle sentenze del 15 settembre 2015, Alimanovic (C-67/14, EU:C:2015:597), nonché del 25 febbraio 2016, García-Nieto e a. (C-299/14, EU:C:2016:114), nelle quali l’applicabilità di tale deroga ha indotto la Corte ad ammettere una corrispondente deroga al principio della parità di trattamento enunciato all’articolo 4 del regolamento n. 883/2004.

88      In tale contesto, e per le stesse ragioni esposte nell’ambito della risposta alla prima questione, l’esclusione prevista all’articolo 7, paragrafo 1, seconda frase, punto 2, lettera c), del SGB II, poiché porta a negare categoricamente e automaticamente ai cittadini di altri Stati membri, che godono di un diritto di soggiorno fondato sull’articolo 10 del regolamento n. 492/2011, qualsiasi diritto alle prestazioni di sussistenza di cui trattasi nel procedimento principale è contraria all’articolo 4 del regolamento n. 883/2004.

89      Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, occorre rispondere alla seconda questione dichiarando che l’articolo 4 del regolamento n. 883/2004, in combinato disposto con l’articolo 3, paragrafo 3, e con l’articolo 70, paragrafo 2, dello stesso regolamento, deve essere interpretato nel senso che esso osta alla normativa di uno Stato membro in forza della quale il cittadino di un altro Stato membro e i suoi figli minorenni, che godono tutti, nel primo Stato membro, di un diritto di soggiorno fondato sull’articolo 10 del regolamento n. 492/2011, in quanto detti figli frequentano la scuola in tale medesimo Stato, e che sono ivi iscritti a un regime previdenziale ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento n. 883/2004, sono in ogni caso e automaticamente esclusi dal diritto alle prestazioni speciali in denaro di carattere non contributivo.

 Sulle spese

90      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:

1)      L’articolo 7, paragrafo 2, e l’articolo 10 del regolamento (UE) n. 492/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2011, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all’interno dell’Unione, devono essere interpretati nel senso che essi ostano alla normativa di uno Stato membro in forza della quale il cittadino di un altro Stato membro e i suoi figli minorenni, che godono tutti, nel primo Stato membro, di un diritto di soggiorno fondato sull’articolo 10 di tale regolamento, in quanto detti figli frequentano la scuola in questo medesimo Stato, sono in ogni caso e automaticamente esclusi dal diritto alle prestazioni volte a garantire la loro sussistenza. Tale interpretazione non è rimessa in discussione dall’articolo 24, paragrafo 2, della direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE.

2)      L’articolo 4 del regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale, in combinato disposto con l’articolo 3, paragrafo 3, e con l’articolo 70, paragrafo 2, dello stesso regolamento, deve essere interpretato nel senso che esso osta alla normativa di uno Stato membro in forza della quale il cittadino di un altro Stato membro e i suoi figli minorenni, che godono tutti, nel primo Stato membro, di un diritto di soggiorno fondato sull’articolo 10 del regolamento n. 492/2011, in quanto detti figli frequentano la scuola in tale medesimo Stato, e che sono ivi iscritti a un regime previdenziale ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento n. 883/2004, sono in ogni caso e automaticamente esclusi dal diritto alle prestazioni speciali in denaro di carattere non contributivo.

Firme


*      Lingua processuale: il tedesco.