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Edizione provvisoria

SENTENZA DELLA CORTE (Sesta Sezione)

11 novembre 2021°(*)

«Rinvio pregiudiziale – Imposta sul valore aggiunto (IVA) – Direttiva 2006/112/CE – Articolo 90 – Riduzione della base imponibile dell’IVA – Non pagamento totale o parziale del prezzo per fallimento del debitore – Condizioni previste da una normativa nazionale per la rettifica dell’IVA a valle – Condizione per la quale il credito parzialmente o totalmente insoluto non deve essere sorto durante i sei mesi precedenti la dichiarazione di fallimento della società debitrice – Mancato rispetto»

Nella causa C-398/20,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Krajský soud v Brně (Corte regionale di Brno, Repubblica ceca), con decisione del 29 luglio 2020, pervenuta in cancelleria il 20 agosto 2020, nel procedimento

ELVOSPOL s.r.o.

contro

Odvolací finanční ředitelství,

LA CORTE (Sesta Sezione),

composta da L. Bay Larsen, vicepresidente della Corte, facente funzione di presidente della Sesta Sezione, J-C. Bonichot (relatore) e M. Safjan, giudici,

avvocato generale: J. Kokott

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

–        per ELVOSPOL s.r.o., da T. Klíma;

–        per l’Odvolací finanční ředitelství, da T. Rozehnal;

–        per il governo ceco, da M. Smolek, O. Serdula e J. Vláčil, in qualità di agenti;

–        per il governo spagnolo, da S. Jiménez García, in qualità di agente;

–        per la Commissione europea, da P. Carlin e M. Salyková, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 90 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU 2006, L 347, pag. 1; in prosieguo: la «direttiva IVA»).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la ELVOSPOL s.r.o. (in prosieguo: la «ELVOSPOL»), società di diritto ceco, e l’Odvolací finanční ředitelství (Direzione delle finanze competente in materia di ricorsi, Repubblica ceca) in merito al rifiuto di quest’ultimo di accordarle una rettifica dell’importo dell’imposta sul valore aggiunto (IVA).

 Contesto normativo

 Diritto dellUnione

3        L’articolo 63 della direttiva IVA prevede quanto segue:

«Il fatto generatore dell’imposta si verifica e l’imposta diventa esigibile nel momento in cui è effettuata la cessione di beni o la prestazione di servizi».

4        L’articolo 73 di tale direttiva così dispone:

«Per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi diverse da quelle di cui agli articoli da 74 a 77, la base imponibile comprende tutto ciò che costituisce il corrispettivo versato o da versare al fornitore o al prestatore per tali operazioni da parte dell’acquirente, del destinatario o di un terzo, comprese le sovvenzioni direttamente connesse con il prezzo di tali operazioni».

5        L’articolo 90 della direttiva recita così:

«1.      In caso di annullamento, recesso, risoluzione, non pagamento totale o parziale o riduzione di prezzo dopo il momento in cui si effettua l’operazione, la base imponibile è debitamente ridotta alle condizioni stabilite dagli Stati membri.

2.      In caso di non pagamento totale o parziale, gli Stati membri possono derogare al paragrafo 1».

6        L’articolo 273 della direttiva IVA prevede quanto segue:

«Gli Stati membri possono stabilire, nel rispetto della parità di trattamento delle operazioni interne e delle operazioni effettuate tra Stati membri da soggetti passivi, altri obblighi che essi ritengono necessari ad assicurare l’esatta riscossione dell’IVA e ad evitare le evasioni, a condizione che questi obblighi non diano luogo, negli scambi tra Stati membri, a formalità connesse con il passaggio di una frontiera.

Gli Stati membri non possono avvalersi della facoltà di cui al primo comma per imporre obblighi di fatturazione supplementari rispetto a quelli previsti al capo 3».

 Diritto ceco

7        L’articolo 44 dello zákon č. 235/2004 Sb., o dani z přidané hodnoty (legge n. 235/2004 sull’imposta sul valore aggiunto; in prosieguo: la «legge sull’IVA»), al paragrafo 1 dispone quanto segue:

«Il contribuente, per il quale nel corso di un’operazione imponibile a favore di un altro soggetto passivo è sorto l’obbligo di pagare un’imposta e il cui credito, originato da tale operazione al più tardi 6 mesi prima della decisione giudiziaria di dichiarazione del fallimento, non è ancora estinto (in prosieguo: il «creditore»), ha il diritto di rettificare l’importo dell’imposta a valle sul valore del credito accertato nei seguenti casi:

a)      il soggetto passivo nei cui confronti il creditore vanta tale credito (in prosieguo: «il debitore») è sottoposto a una procedura di fallimento e il giudice fallimentare ha disposto la liquidazione dei beni del debitore,

b)      il creditore ha richiesto l’insinuazione al passivo del credito in questione entro il termine fissato dalla decisione del giudice fallimentare, tale credito è stato accertato ed è stato preso in considerazione nella procedura fallimentare,

c)      il creditore e il debitore non sono e non erano al momento dell’insorgenza del credito:

1.      soggetti i cui capitali sono collegati (...),

2.      soggetti legati da vincoli di stretta parentela, coniugio o partenariato registrato, o

3.      azionisti della stessa società, se si tratta di soggetti passivi,

d)      il creditore ha trasmesso al debitore il documento fiscale previsto dall’articolo 46, paragrafo 1».

 Procedimento principale e questione pregiudiziale

8        Il 29 novembre 2013 la ELVOSPOL ha effettuato una cessione di merci alla MPS Mont a.s. (in prosieguo: la «Mont»). Il 19 maggio 2014 un giudice ceco ha dichiarato il fallimento di quest’ultima e ha stabilito le modalità della sua liquidazione.

9        La ricorrente nel procedimento principale ha quindi eseguito, nella sua dichiarazione fiscale per l’IVA del mese di maggio 2015 e successivamente in una dichiarazione fiscale integrativa, una rettifica della sua base imponibile ai sensi dell’articolo 44, paragrafo 1, della legge sull’IVA, sostenendo che la Mont non aveva pagato la fattura per la cessione effettuata.

10      Il Finanční úřad pro Jihomoravský kraj (Ufficio tributario della regione della Moravia del Sud, Repubblica ceca) (in prosieguo: l’«autorità fiscale») ha tuttavia ritenuto che l’interpretazione dell’articolo 44, paragrafo 1, della legge sull’IVA data dalla ricorrente nel procedimento principale fosse errata e che la ricorrente non avesse diritto alla rettifica della sua base imponibile. In tali circostanze, il 22 febbraio 2016 l’autorità fiscale ha adottato una decisione con la quale ha stabilito l’importo dell’IVA senza prendere in considerazione la richiesta di rettifica.

11      La ricorrente nel procedimento principale ha contestato tale decisione dinanzi alla Direzione delle finanze competente in materia di ricorsi. Con decisione del 2 maggio 2018, la suddetta Direzione ha respinto tale reclamo, ritenendo che la ricorrente nel procedimento principale non avesse diritto alla rettifica della sua base imponibile ai sensi dell’articolo 44, paragrafo 1, della legge sull’IVA, poiché il credito insoluto era sorto durante i sei mesi precedenti la dichiarazione di fallimento della Mont.

12      Infatti, secondo la Direzione delle finanze competente in materia di ricorsi, ai fini della rettifica dell’importo dell’IVA, l’articolo 44, paragrafo 1, della legge sull’IVA prevede varie condizioni, una delle quali esige che il credito insoluto non sia sorto durante i sei mesi precedenti la decisione giudiziaria di dichiarazione del fallimento emessa nei confronti della società debitrice interessata. Orbene, il credito insoluto oggetto del procedimento principale sarebbe sorto il 29 novembre 2013, vale a dire durante i sei mesi precedenti la dichiarazione del fallimento emessa il 19 maggio 2014 nei confronti della Mont.

13      La ricorrente nel procedimento principale ha impugnato la decisione della Direzione delle finanze competente in materia di ricorsi dinanzi al Krajský soud v Brně (Corte regionale di Brno, Repubblica Ceca), giudice del rinvio.

14      Tale giudice chiede se una disposizione nazionale, come l’articolo 44, paragrafo 1, della legge sull’IVA, che subordina la rettifica dell’importo dell’IVA alla condizione che il credito insoluto non sia sorto durante i sei mesi precedenti la dichiarazione di fallimento della società debitrice, sia in contrasto con l’articolo 90 della direttiva IVA.

15      A questo proposito, il giudice del rinvio ricorda, con riferimento alla giurisprudenza della Corte relativa all’articolo 90 della direttiva IVA, che il principio di neutralità implica che, nella sua qualità di percettore di imposte per conto dello Stato, l’imprenditore deve essere sgravato interamente dall’onere dell’imposta dovuta o pagata nell’ambito delle sue attività economiche a loro volta soggette all’IVA, e che, sebbene gli Stati membri possano derogare alla possibilità di rettificare l’importo della base imponibile dell’imposta, essi non possono escludere totalmente la possibilità di una rettifica siffatta, a meno di violare il principio di neutralità.

16      Alla luce di tale giurisprudenza della Corte, il giudice del rinvio ritiene che una disposizione nazionale come l’articolo 44, paragrafo 1, della legge sull’IVA, che subordina la rettifica dell’importo dell’IVA alla condizione che il credito insoluto non sia sorto durante i sei mesi precedenti la dichiarazione di fallimento della società debitrice interessata, possa essere in contrasto con il principio della neutralità dell’IVA.

17      Il giudice del rinvio dubita inoltre che una disposizione nazionale siffatta possa rientrare nella deroga prevista dall’articolo 90, paragrafo 2, della direttiva IVA. A questo proposito, ricorda che, secondo la giurisprudenza della Corte, la suddetta disposizione si fonda sull’assunto che, in presenza di talune circostanze ed in ragione della situazione giuridica esistente nello Stato membro interessato, il mancato pagamento del corrispettivo può essere difficile da accertare o essere solamente provvisorio. Di conseguenza, l’esercizio di una facoltà di deroga di questo tipo dev’essere giustificato dall’incertezza riguardo al pagamento del corrispettivo ed essere proporzionato a tale obiettivo.

18      Inoltre, il giudice del rinvio si chiede se una disposizione nazionale, come l’articolo 44, paragrafo 1, della legge sull’IVA, possa essere giustificata dall’articolo 273 della direttiva IVA, che consente agli Stati membri di stabilire gli obblighi che essi ritengono necessari ad assicurare l’esatta riscossione dell’IVA e ad evitare le evasioni. Il giudice del rinvio ricorda che, secondo la giurisprudenza della Corte, le misure basate su quest’ultima disposizione devono essere limitate allo stretto necessario e non devono essere utilizzate in modo tale da rimettere in discussione il principio della neutralità dell’IVA.

19      Il giudice del rinvio precisa inoltre che, secondo un’ordinanza del Nejvyšší správní soud (Corte suprema amministrativa, Repubblica ceca) del 16 luglio 2019, l’articolo 44, paragrafo 1, della legge sull’IVA si basa sulla congettura economica secondo cui quanto più il periodo di negoziazione e conclusione di un’operazione tra un professionista e il suo partner commerciale si approssima al momento del fallimento di quest’ultimo, tanto più il professionista è in grado di individuare sul mercato i sintomi di tale fallimento. Infatti, secondo l’ordinanza succitata, un professionista, che fa affari con un futuro fallito durante i sei mesi precedenti la dichiarazione di fallimento, non potrebbe ignorare, in base alle conoscenze economiche generali, l’imminenza del fallimento, sicché non sarebbe giustificato consentirgli di rettificare l’importo dell’IVA.

20      Orbene, pur sottolineando che tali considerazioni alla base dell’adozione dell’articolo 44, paragrafo 1, della legge sull’IVA non si fondano sull’assunto che il mancato pagamento del corrispettivo possa essere difficile da accertare o essere solamente provvisorio, il giudice del rinvio ritiene che le suddette considerazioni non abbiano lo scopo di evitare le evasioni. Infatti, secondo il giudice del rinvio, il semplice fatto di effettuare operazioni soggette all’IVA con un operatore economico che può manifestare i sintomi di un fallimento imminente non comporta, di per sé, che operazioni siffatte siano a priori fraudolente o effettuate allo scopo di ottenere un vantaggio fiscale ingiustificato.

21      Quindi, secondo il giudice del rinvio, una disposizione nazionale, come l’articolo 44, paragrafo 1, della legge sull’IVA, che subordina la rettifica dell’importo dell’IVA alla condizione che il credito insoluto non sia sorto durante i sei mesi precedenti la dichiarazione di fallimento della società debitrice, potrebbe non essere giustificata né dall’articolo 90, paragrafo 2, né dall’articolo 273 della direttiva IVA.

22      In tale contesto, il Krajský soud v Brně (Corte regionale di Brno) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se sia contraria alla ratio dell’articolo 90, paragrafi 1 e 2, della direttiva [IVA] una normativa nazionale che stabilisce una condizione in base alla quale un soggetto passivo ai fini dell’[IVA], qualora il suo obbligo di pagare l’imposta sorga nel corso di un’operazione imponibile a favore di un altro soggetto passivo, non può rettificare l’importo dell’imposta a valle sul valore del credito sorto durante i sei mesi precedenti la decisione di fallimento emessa nei confronti dell’altro soggetto passivo il quale ha effettuato solo un pagamento parziale per detta operazione o non ha pagato affatto».

 Sulla questione pregiudiziale

23      Con la sua questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 90 della direttiva IVA debba essere interpretato nel senso che osta a una disposizione nazionale che subordina la rettifica dell’importo dell’IVA alla condizione che il credito parzialmente o totalmente insoluto non sia sorto durante i sei mesi precedenti la dichiarazione di fallimento della società debitrice.

24      A tale riguardo, occorre rammentare che l’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva IVA prevede che, in caso di annullamento, recesso, risoluzione, non pagamento totale o parziale o riduzione di prezzo dopo il momento in cui si effettua l’operazione, la base imponibile è debitamente ridotta alle condizioni stabilite dagli Stati membri.

25      Secondo la giurisprudenza della Corte, tale disposizione obbliga gli Stati membri a ridurre la base imponibile dell’IVA e, quindi, l’importo dell’IVA dovuta dal soggetto passivo ogni volta che, successivamente alla conclusione di un’operazione, non viene percepita dal soggetto passivo una parte o la totalità del corrispettivo. La suddetta disposizione costituisce l’espressione di un principio fondamentale della direttiva IVA, secondo cui la base imponibile è costituita dal corrispettivo realmente ricevuto e il cui corollario consiste nel fatto che l’amministrazione finanziaria non può riscuotere a titolo di IVA un importo superiore a quello percepito dal soggetto passivo [sentenza del 15 ottobre 2020, E. (IVA – Riduzione della base imponibile), C-335/19, EU:C:2020:829, punto 21 e giurisprudenza ivi citata].

26      L’articolo 90, paragrafo 2, della direttiva IVA, dal canto suo, prevede che, in caso di non pagamento totale o parziale del corrispettivo, gli Stati membri possano derogare all’obbligo di ridurre la base imponibile dell’IVA prevista dall’articolo 90, paragrafo 1, di tale direttiva.

27      La Corte ha precisato che tale facoltà di deroga, che è strettamente limitata ai casi di non pagamento totale o parziale, è fondata sull’idea secondo cui il non pagamento della controprestazione può, in alcune circostanze e in ragione della situazione giuridica esistente nello Stato membro in questione, essere difficile da verificare oppure avere carattere puramente temporaneo (sentenza dell’11 giugno 2020, SCT, C 146/19, EU:C:2020:464, punto 23 e giurisprudenza ivi citata).

28      Ne consegue che l’esercizio di tale facoltà di deroga dev’essere giustificato, affinché i provvedimenti adottati dagli Stati membri ai fini della sua attuazione non compromettano l’obiettivo di armonizzazione fiscale perseguito dalla direttiva IVA, e non può consentire loro, in caso di mancato pagamento, di escludere del tutto la riduzione della base imponibile dell’IVA [sentenza del 15 ottobre 2020, E. (IVA – Riduzione della base imponibile), C-335/19, EU:C:2020:829, punto 29 e giurisprudenza ivi citata].

29      A questo proposito, la Corte ha dichiarato che la suddetta facoltà di deroga mira unicamente a permettere agli Stati membri di combattere l’incertezza legata alla riscossione delle somme dovute (sentenza dell’11 giugno 2020, SCT, C-146/19, EU:C:2020:464, punto 24 e giurisprudenza ivi citata).

30      Di tale incertezza può tenersi conto, conformemente al principio di neutralità fiscale, privando il soggetto passivo del proprio diritto alla riduzione della base imponibile finché il credito non presenti un carattere irrecuperabile. Se ne può però tener conto anche concedendo la riduzione allorché il soggetto passivo segnala una probabilità ragionevole che il debito non sia onorato, fatta salva la possibilità che la base imponibile sia rivalutata in aumento nell’ipotesi in cui il pagamento avvenga comunque (v., in tal senso, sentenza del 3 luglio 2019, UniCredit Leasing, C-242/18, EU:C:2019:558, punto 62 e giurisprudenza ivi citata).

31      Per contro, ammettere la possibilità per gli Stati membri di escludere qualsiasi riduzione della base imponibile dell’IVA in caso di non pagamento definitivo si porrebbe in contrasto con il principio di neutralità dell’IVA, da cui discende in particolare che, nella sua qualità di percettore di imposte per conto dello Stato, l’imprenditore deve essere interamente sgravato del peso dell’imposta dovuta o assolta nell’ambito delle sue attività economiche a loro volta assoggettate all’IVA (v. in tal senso, sentenza dell’11 giugno 2020, SCT, C-146/19, EU:C:2020:464, punto 25 e giurisprudenza ivi citata).

32      La Corte ha statuito, a questo proposito, che una situazione caratterizzata dalla riduzione definitiva degli obblighi del debitore nei confronti dei suoi creditori non può essere qualificata come «non pagamento», ai sensi dell’articolo 90, paragrafo 2, della direttiva IVA. In tal caso, uno Stato membro deve permettere la riduzione della base imponibile dell’IVA qualora il soggetto passivo possa dimostrare che il credito da lui vantato nei confronti del suo debitore presenta un carattere definitivamente irrecuperabile (v., in tal senso, sentenza dell’11 giugno 2020, SCT, C-146/19, EU:C:2020:464, punti 26 e 27 nonché giurisprudenza ivi citata).

33      Nel caso di specie la questione sollevata verte su crediti insoluti sorti durante i sei mesi precedenti la dichiarazione di fallimento della società debitrice interessata, relativamente ai quali non è accertato che debbano essere qualificati come «definitivamente irrecuperabili», ai sensi della giurisprudenza citata ai punti 30 e 32 della presente sentenza.

34      Infatti, dalla decisione di rinvio si evince che una qualificazione siffatta dipende dal trattamento riservato a tali crediti nell’ambito della procedura fallimentare. C’è quindi incertezza riguardo alla riscossione dei crediti sorti durante i sei mesi che precedono la dichiarazione di fallimento della società debitrice interessata, incertezza che si basa sul modo in cui tali crediti saranno trattati nell’ambito della suddetta procedura fallimentare.

35      Tuttavia, la condizione generale secondo cui, per effettuare una rettifica della base imponibile dell’IVA, i crediti insoluti non devono essere sorti durante i sei mesi precedenti la dichiarazione di fallimento della società debitrice non può essere considerata, in mancanza di qualsiasi elemento oggettivo riguardante il contesto in cui si inseriscono i crediti, come volta a contrastare l’incertezza legata alla riscossione di tali crediti.

36      Infatti, tale condizione non ha relazione con il modo in cui i crediti in questione saranno effettivamente trattati nella procedura fallimentare, poiché non tiene conto del fatto che alcuni crediti potranno eventualmente, alla conclusione di detta procedura, essere recuperati.

37      Al contrario, una condizione di questo tipo comporta puramente e semplicemente l’esclusione di qualsiasi riduzione della base imponibile dell’IVA in caso di crediti insoluti sorti durante i sei mesi precedenti la dichiarazione di fallimento della società debitrice interessata, anche nel caso in cui tali crediti diventino definitivamente irrecuperabili alla conclusione della procedura fallimentare, e siffatta automaticità del diniego del diritto alla riduzione contravviene al principio della neutralità dell’IVA, in quanto la base imponibile non sarebbe costituita dal corrispettivo effettivamente percepito dal soggetto passivo creditore, il quale dovrebbe quindi farsi carico dell’onere dell’imposta in luogo del consumatore.

38      Per tutti questi motivi, non si può ritenere che una disposizione nazionale come quella di cui trattasi nel procedimento principale, dia attuazione alla facoltà prevista all’articolo 90, paragrafo 2, della direttiva IVA.

39      Non può essere accolto, inoltre, l’argomento del governo ceco, secondo il quale una disposizione siffatta è destinata ad attuare l’articolo 273 della direttiva IVA.

40      A questo proposito, occorre ricordare che sebbene, ai sensi dell’articolo 273 della direttiva IVA, gli Stati membri possano adottare provvedimenti che abbiano l’effetto di limitare il diritto alla riduzione della base imponibile previsto dall’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva IVA, tali provvedimenti devono essere volti ad assicurare l’esatta riscossione dell’IVA e ad evitare le evasioni.

41      Inoltre, conformemente alla giurisprudenza della Corte, provvedimenti del genere possono derogare, in linea di principio, al rispetto delle regole relative alla base imponibile dell’IVA soltanto nei limiti strettamente necessari per raggiungere tale specifico obiettivo. Infatti, secondo la Corte, essi devono pregiudicare il meno possibile gli obiettivi e i principi della direttiva IVA e non possono, pertanto, essere utilizzati in modo da rimettere in discussione la neutralità dell’IVA (sentenza del 6 dicembre 2018, Tratave, C-672/17, EU:C:2018:989, punto 33 e giurisprudenza ivi citata).

42      Orbene, l’esclusione di qualsiasi possibilità di ottenere una rettifica della base imponibile relativa a un credito sorto durante i sei mesi precedenti la dichiarazione di fallimento della società debitrice interessata non può essere considerata atta ad evitare l’evasione fiscale né proporzionata a un simile obiettivo.

43      Infatti, da un lato, come evidenziato dal giudice del rinvio, il fatto che un credito insoluto sia sorto durante i sei mesi precedenti la dichiarazione di fallimento della società debitrice non può, in mancanza di qualsiasi elemento supplementare, consentire di validamente presumere che il creditore e il debitore abbiano agito allo scopo di commettere una frode o un’evasione fiscale.

44      Dall’altro lato, il fatto di escludere qualsiasi possibilità di riduzione della base imponibile in un’ipotesi del genere e di far gravare sul creditore, come la ricorrente nel procedimento principale, l’onere di un importo dell’IVA dallo stesso non percepita nell’ambito della propria attività economica eccede i limiti di quanto strettamente necessario per conseguire gli obiettivi enunciati all’articolo 273 della direttiva IVA [v., in tal senso, sentenza del 15 ottobre 2020, E. (IVA – Riduzione della base imponibile), C-335/19, EU:C:2020:829, punto 45 e giurisprudenza ivi citata].

45      Inoltre, non si può sostenere che una disposizione nazionale come quella di cui trattasi nel procedimento principale sia destinata ad assicurare l’esatta riscossione dell’IVA.

46      Al contrario, l’applicazione di tale disposizione comporta il diniego sistematico del diritto alla riduzione della base imponibile in caso di crediti insoluti sorti durante i sei mesi precedenti la dichiarazione di fallimento della società debitrice, ove alcuni dei suddetti crediti potrebbero diventare definitivamente irrecuperabili alla conclusione della procedura fallimentare, il che porta a rimettere in discussione la neutralità dell’IVA.

47      Di conseguenza, occorre rispondere alla questione pregiudiziale dichiarando che l’articolo 90 della direttiva IVA deve essere interpretato nel senso che osta a una disposizione nazionale che subordina la rettifica dell’importo dell’IVA alla condizione che il credito parzialmente o totalmente insoluto non sia sorto durante i sei mesi precedenti la dichiarazione di fallimento della società debitrice, ove la suddetta condizione non consente di escludere che tale credito possa alla fine risultare definitivamente irrecuperabile.

 Sulle spese

48      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Sesta Sezione) dichiara:

L’articolo 90 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, deve essere interpretato nel senso che osta a una disposizione nazionale che subordina la rettifica dell’importo dell’imposta sul valore aggiunto alla condizione che il credito parzialmente o totalmente insoluto non sia sorto durante i sei mesi precedenti la dichiarazione di fallimento della società debitrice, ove la suddetta condizione non consente di escludere che tale credito possa alla fine risultare definitivamente irrecuperabile.

Firme


*      Lingua processuale: il ceco.