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Edizione provvisoria

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

A.M. COLLINS

presentate il 20 gennaio 2022 (1)

Causa C-572/20

ACC Silicones Ltd.

contro

Bundeszentralamt für Steuern

[Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Finanzgericht Köln (Tribunale tributario di Colonia, Germania)]

«Rinvio pregiudiziale – Articoli 63 e 65 TFUE – Libera circolazione dei capitali – Distribuzione di dividendi da partecipazioni “a titolo di azionariato diffuso” – Rimborso dell’imposta sui redditi da capitale applicata mediante ritenuta alla fonte nei confronti di una società non residente – Presupposto relativo alla situazione di soggetti che detengono partecipazioni dirette o indirette nel capitale della società che percepisce dividendi – Requisito costituito dalla presentazione della certificazione dell’amministrazione tributaria dello Stato di residenza – Proporzionalità»






I.      Introduzione

1.        La domanda di pronuncia pregiudiziale in oggetto riguarda la compatibilità, con le disposizioni che disciplinano la libera circolazione dei capitali, dei presupposti in presenza dei quali la normativa tributaria tedesca consente alle società non residenti di ottenere il rimborso dell’imposta, versata tramite ritenuta alla fonte, sui redditi da capitale costituiti da dividendi derivanti da partecipazioni di minoranza in società stabilite in Germania (2).

2.        Tale domanda di pronuncia pregiudiziale si inserisce nell’ambito di un ricorso proposto dalla ACC Silicones Ltd avverso il rigetto delle domande di rimborso di detta imposta, oggetto di ritenuta e contestuale versamento relativamente agli anni dal 2006 al 2008 compresi, da parte del Bundeszentralamt für Steuern (Ufficio federale centrale delle imposte, Germania).

3.        Tale domanda fa seguito alla sentenza del 20 ottobre 2011, Commissione/Germania (C-284/09, EU:C:2011:670), in cui la Corte ha dichiarato che, avendo assoggettato i dividendi distribuiti a società non residenti, nel caso in cui la percentuale di partecipazione di una società madre nel capitale della filiale sia inferiore a quella prevista all’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 90/435/CEE del Consiglio del 23 luglio 1990, concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi (3), come modificata dalla direttiva 2003/123/CE (4), a una tassazione più onerosa, in termini economici, di quella applicata ai dividendi distribuiti a società residenti, la Repubblica federale di Germania era venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi dell’articolo 56, paragrafo 1, CE e dell’articolo 40 dell’Accordo sullo Spazio economico europeo (in prosieguo: l’«Accordo SEE») (5). Per conformarsi a tale sentenza, nel marzo 2013 il legislatore tedesco ha introdotto con effetto retroattivo l’articolo 32, paragrafo 5, del Körperschaftsteuergesetz (6) (legge in materia di imposta sugli enti societari; in prosieguo: il «KStG»), le cui disposizioni devono essere esaminate nell’ambito della domanda di pronuncia pregiudiziale di cui trattasi.

II.    Contesto normativo

A.      Diritto dell’Unione

4.        L’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 90/435 così dispone:

«Ai fini dell’applicazione della presente direttiva:

a)      la qualità di società madre è riconosciuta almeno ad ogni società di uno Stato membro che soddisfi le condizioni di cui all’articolo 2 e che detenga una partecipazione minima del 20% nel capitale di una società di un altro Stato membro che soddisfi le medesime condizioni;

(...)

A decorrere dal 1° gennaio 2007 la percentuale di partecipazione minima è del 15%;

A decorrere dal 1° gennaio 2009 la percentuale di partecipazione minima è del 10%;

(...)».

B.      Diritto tedesco

5.        Il regime tedesco di imposizione dei redditi da capitale è previsto dall’Einkommensteuergesetz (7) (legge in materia di imposta sui redditi; in prosieguo: l’«EStG»), in combinato disposto, per quanto riguarda la tassazione delle persone giuridiche, con il KStG.

6.        L’articolo 20, paragrafo 1, punto 1, dell’EStG stabilisce che i redditi da capitale comprendono le quote di utili (dividendi).

7.        L’articolo 43, paragrafo 1, prima frase, punto 1, dell’EStG prevede, che, nel caso, in particolare, dei redditi da capitale ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 1), punto 1, dell’EStG, «l’imposta sul reddito è riscossa mediante ritenuta sul reddito da capitale (imposta sui redditi da capitale)».

8.        Ai sensi dell’articolo 8b, paragrafo 1, prima frase, del KStG, relativo alle partecipazioni in altre società e associazioni, i redditi percepiti ai sensi, segnatamente, dell’articolo 20, paragrafo 1), dell’EStG non sono presi in considerazione ai fini della determinazione del reddito e non sono quindi soggetti all’imposta sugli enti societari.

9.        Per quanto riguarda la tassazione dei dividendi distribuiti ad una società con sede in Germania, dal combinato disposto degli articoli 31, paragrafo 1, prima frase, del KStG e 36, paragrafo 2, punto 2, dell’EStG risulta che l’imposta sui redditi da capitale prelevata a titolo di ritenuta alla fonte viene integralmente imputata all’imposta sugli enti societari dovuta da tale società e può, se del caso, esserle rimborsata. L’imputazione (e l’eventuale rimborso) dell’imposta presuppone che l’imposta sia stata oggetto di ritenuta alla fonte e contestuale versamento, il che deve essere dimostrato mediante presentazione di una certificazione amministrativa ai sensi dell’articolo 45a, paragrafo 2 o paragrafo 3, dell’EStG.

10.      Riguardo alla tassazione dei dividendi distribuiti a favore di una società la cui sede non si trova in Germania, l’articolo 32, paragrafo 5, del KStG stabilisce una serie di presupposti per il rimborso dell’imposta sui redditi da capitale. Tra essi figurano determinati obblighi di prova e di certificazione. Tale disposizione è formulata nei seguenti termini:

«(5)      [Prima frase] Nel caso in cui l’imposta sugli enti societari dovuta dal creditore per redditi di capitale ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 1, punto 1, dell’[EStG] sia assolta ai sensi del paragrafo 1 [dello stesso], al creditore dei redditi di capitale viene rimborsata, su domanda, l’imposta sui redditi di capitale oggetto di ritenuta alla fonte e contestuale versamento, con le modalità previste dall’articolo 36, paragrafo 2, punto 2, dell’[EStG], qualora

1.      il creditore dei redditi di capitale sia una società limitatamente soggetta ad imposizione ai sensi dell’articolo 2, punto 1, la quale

a)      sia al tempo stesso una società ai sensi dell’articolo 54 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea o dell’articolo 34 dell’[Accordo SEE],

b)      abbia la propria sede e il luogo della propria direzione amministrativa all’interno del territorio di uno Stato membro dell’Unione europea o di uno Stato cui si applica l’[Accordo SEE],

c)      soggiaccia senza possibilità di scelta, nello Stato in cui si trova la sua direzione amministrativa, ad un obbligo tributario illimitato paragonabile a quello di cui all’articolo 1 della presente legge, senza beneficiare di alcuna esenzione da tale obbligo, e

2.      il creditore detenga una partecipazione diretta al capitale iniziale o al capitale sociale della debitrice dei redditi di capitale e non soddisfi il presupposto della partecipazione minima di cui all’articolo 43b, paragrafo 2, dell’[EStG].

[Seconda frase] La prima frase del presente paragrafo vale soltanto se e in quanto

1.      non sia previsto alcun rimborso della relativa imposta sui redditi di capitali in base ad altre norme,

2.      i redditi di capitale non verrebbero presi in considerazione in sede di accertamento del reddito ai sensi dell’articolo 8b, paragrafo 1,

3.      i redditi di capitale, sulla base di norme estere, non vengano imputati ad alcun soggetto, il quale non avrebbe alcun diritto al rimborso in base alle disposizioni del presente paragrafo qualora esso avesse conseguito direttamente i redditi di capitale,

4.      in caso di corrispondente applicazione dell’articolo 50d, paragrafo 3, dell’[EStG], non sarebbe escluso un diritto al rimborso integrale o parziale dell’imposta sui redditi di capitale, e

5.      l’imposta sui redditi di capitale non possa, a livello del creditore o di un soggetto titolare di partecipazioni dirette o indirette nel creditore stesso, essere imputata ovvero essere detratta quale spesa di gestione o costo di esercizio; all’imputazione è equiparata la possibilità di un riporto dell’imputazione.

[Terza frase] Il creditore dei redditi di capitale deve dimostrare la sussistenza dei presupposti per il rimborso. [Quarta frase] Egli deve in particolare dimostrare, mediante una certificazione delle autorità tributarie del suo Stato di residenza, che egli in questo Stato viene considerato come fiscalmente residente, che è ivi illimitatamente assoggettato all’imposta sugli enti societari e che non è esentato dall’imposta sugli enti societari, nonché che egli è l’effettivo percettore dei redditi di capitale. [Quinta frase] Dalla certificazione dell’amministrazione tributaria estera deve risultare che l’imposta sui redditi di capitale tedesca non può essere imputata, detratta o riportata, e che neppure di fatto hanno avuto luogo un’imputazione, una detrazione o un riporto. [Sesta frase] Il rimborso dell’imposta sui redditi da capitale viene effettuato per tutti i redditi da capitale conseguiti in un anno civile ai sensi della prima frase del presente paragrafo sulla base di un decreto di esenzione ai sensi dell’articolo 155, paragrafo 1, terza frase, della Abgabenordnung [(codice tributario tedesco)]».

C.      Convenzione tra Germania e Regno Unito volta ad evitare la doppia imposizione

11.      Il 26 novembre 1964 la Repubblica federale di Germania ha concluso con il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord una convenzione diretta ad evitare la doppia imposizione e a prevenire l’evasione fiscale in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio (in prosieguo: la «convenzione») (8).

12.      L’articolo XVIII, paragrafo 1, lettera a), della Convenzione è formulato come segue:

«(1) Fatte salve le disposizioni dell’ordinamento del Regno Unito relative all’imputazione dell’imposta dovuta in un territorio al di fuori del Regno Unito all’imposta del Regno Unito (il che non pregiudica il relativo principio generale):

a)      l’imposta della Repubblica federale di Germania che, in forza della normativa federale e conformemente alla presente convenzione, deve essere pagata, direttamente o mediante ritenuta, sugli utili, sui ricavi o sulle plusvalenze imponibili provenienti da fonti situate nella Repubblica federale (ad eccezione, nel caso dei dividendi, dell’imposta sugli utili in forza dei quali sono distribuiti i dividendi) è imputata alle imposte del Regno Unito che vengono conteggiate sulla base degli stessi utili, redditi o plusvalenze imponibili che servono per il calcolo dell’imposta della Repubblica federale».

III. Controversia nel procedimento principale e questioni pregiudiziali

13.      La ACC Silicones è una società con sede nel Regno Unito. Titolare del 100% delle quote della stessa è la The Amber Chemical Co. Ltd, anch’essa una società avente sede nel Regno Unito. Negli anni controversi (dal 2006 al 2008), la ACC Silicones deteneva una partecipazione del 5,26% nel capitale nominale della Ambratec GmbH, società con sede in Germania. La Ambratec distribuiva dividendi alla ACC Silicones, sui quali è stata effettuata una ritenuta del 20%, a titolo di imposta sui redditi da capitale, oltre al contributo di solidarietà (Solidaritätszuschlag) del 5,5%.

14.      Con domande del 29 dicembre 2009, ciascuna suddivisa in due parti, la ACC Silicones ha chiesto il rimborso degli importi versati a titolo di ritenuta alla fonte per ciascuno degli anni controversi. Nella prima parte, la stessa ha chiesto, basandosi sul combinato disposto dell’articolo 50 d, paragrafo 1, dell’EStG e dell’articolo VI, paragrafo 1, della Convenzione (9), che l’aliquota dell’imposta sui dividendi in oggetto fosse limitata al 15%. Nella seconda parte, essa ha chiesto, invocando le libertà fondamentali garantite dal Trattato CE e dal Trattato FUE (10), il rimborso del resto dell’imposta trattenuta.

15.      Con decisione del 7 ottobre 2010, l’Ufficio federale centrale ha accolto la prima parte delle domande di rimborso.

16.      Per contro, con due decisioni dell’8 giugno 2015, l’Ufficio federale centrale delle imposte ha rigettato la seconda parte di tali domande in quanto non erano stati soddisfatti i presupposti previsti dall’articolo 32, paragrafo 5, del KStG per ottenere il rimborso dell’imposta sui redditi da capitale. A seguito del rigetto delle impugnazioni presentate avverso dette decisioni, la ACC Silicones ha proposto un ricorso avverso queste ultime dinanzi al giudice del rinvio, il Finanzgericht Köln (Tribunale tributario di Colonia, Germania), sostenendo di aver soddisfatto tutti i presupposti necessari e di aver fornito tutte le prove richieste a tal fine.

17.      Secondo il giudice del rinvio, la ACC Silicones soddisfa tutti i presupposti per ottenere il rimborso delle imposte versate, ad eccezione di quella prevista all’articolo 32, paragrafo 5, seconda frase, punto 5, del KStG. Il giudice del rinvio precisa che dalla disposizione in oggetto discende che il rimborso è riconosciuto soltanto nel caso in cui la penalizzazione sofferta da soggetti esteri percettori di dividendi rispetto ai soggetti tedeschi percettori di dividendi non possa essere compensata mediante imputazione, deduzione della base imponibile o riporto di imputazione all’estero.

18.      Il giudice del rinvio rileva che, ai sensi dell’articolo 32, paragrafo 5, quinta frase, del KStG, la ACC Silicones è tenuta a dimostrare il soddisfacimento del presupposto di cui all’articolo 32, paragrafo 5, seconda frase, punto 5, del KStG mediante la presentazione di una certificazione dell’amministrazione tributaria del suo paese di residenza dalla quale risulti che l’imposta tedesca sui redditi da capitale non può essere imputata, detratta o riportata e che neanche in concreto ha avuto luogo un’imputazione, una detrazione o un riporto. Il giudice del rinvio ritiene che le certificazioni dell’amministrazione tributaria estera debbano essere presentate tanto per il creditore dei redditi da capitale, ossia la ACC Silicones, quanto per tutti i soggetti direttamente o indirettamente titolari di partecipazioni nel capitale del creditore.

19.      Secondo il giudice del rinvio, nel caso di specie, non è possibile stabilire se il presupposto di cui all’articolo 32, paragrafo 5, seconda frase, punto 5, del KStG sia soddisfatto. Infatti, il trattamento dell’imposta sui redditi da capitale in capo alla The Amber Chemical Co. o ai soci della stessa non risulta chiaramente. Le prove presentate dalla ACC Silicones non dimostrano che l’imposta sui redditi da capitale oggetto di ritenuta non sia stata imputata o presa in considerazione con effetti di riduzione dell’onere fiscale a livello dei soggetti titolari di partecipazioni dirette o indirette in essa, né si tratta di certificazioni estere ai sensi dell’articolo 32, paragrafo 5, quinta frase, del KStG.

20.      In tali circostanze, il giudice del rinvio dubita che i presupposti previsti dall’articolo 32, paragrafo 5, seconda frase, punto 5 e dall’articolo 32, paragrafo 5, quinta frase, del KStG siano compatibili con gli articoli 63 e 65 TFUE, nonché con il principio di proporzionalità e il principio dell’effetto utile.

21.      In primo luogo, il giudice del rinvio chiede se il fatto che il rimborso dell’imposta sui redditi da capitale oggetto di ritenuta alle società residenti all’estero aventi partecipazioni inferiori al 10% o al 15% nel capitale di una società residente sia soggetto a presupposti più rigorosi rispetto a quelli fissati per il rimborso di tale imposta a società residenti titolari di partecipazioni equivalenti in una società residente sia contrario all’articolo 63 TFUE. Infatti, ai sensi dell’articolo 32, paragrafo 5, seconda frase, punto 5, del KStG, l’imposta oggetto di ritenuta viene rimborsata alle società estere soltanto qualora essa non possa, a livello di tali società o dei soggetti titolari di partecipazioni dirette o indirette nel capitale delle stesse, essere imputata o detratta quale spesa di gestione o costo di esercizio. Il giudice del rinvio sottolinea inoltre che il presupposto di cui all’articolo 32, paragrafo 5, quinta frase, del KStG, secondo cui ciò deve essere dimostrato mediante la presentazione di una certificazione dell’amministrazione tributaria estera, non è applicabile ai fini del rimborso dell’imposta sui redditi da capitale a società residenti. È dubbio che detta disciplina, la quale costituisce, secondo il medesimo giudice, una limitazione alla libera circolazione dei capitali, sia giustificata alla luce dell’articolo 65, paragrafo 1, lettera a), TFUE e dei criteri stabiliti dalla Corte, in particolare, nella sentenza dell’8 novembre 2007, Amurta (C-379/05, EU:C:2007:655).

22.      In secondo luogo, nell’ipotesi in cui le suddette disposizioni nazionali siano considerate compatibili con la libera circolazione dei capitali, il giudice del rinvio si chiede se il requisito probatorio stabilito dall’articolo 32, paragrafo 5, quinta frase, del KStG nei confronti delle società residenti all’estero che percepiscono dividendi da «partecipazioni a titolo di azionariato diffuso» (11) sia conforme al principio di proporzionalità e al principio dell’effetto utile qualora, come nel caso di specie, sia di fatto impossibile per le società in oggetto fornire tale prova.

23.      In tali circostanze, il giudice del rinvio ha sospeso il procedimento e ha sottoposto alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’articolo 63 TFUE (già articolo 56 del Trattato CE) osti ad una norma tributaria nazionale, come quella controversa nel procedimento principale, la quale, da una società con sede all’estero che percepisce dividendi da partecipazioni e non raggiunge la partecipazione minima di cui all’articolo 3, paragrafo 1, lettera a), della [direttiva 90/435], concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi (come modificata dalla direttiva 2003/123), pretenda, ai fini del rimborso dell’imposta sui redditi di capitale, la prova, da fornirsi mediante certificazione dell’amministrazione tributaria estera, del fatto che l’imposta sui redditi di capitale non può, a livello di detta società estera o di un soggetto che detiene in essa una partecipazione diretta o indiretta, essere imputata ovvero essere detratta quale spesa di gestione o costo di esercizio, nonché la prova del fatto che anche in concreto un’imputazione, una detrazione o un riporto non hanno avuto luogo, quando invece una prova siffatta non viene richiesta, ai fini del rimborso dell’imposta sui redditi di capitale, ad una società con sede in Germania che detenga una partecipazione della stessa entità.

2)      In caso di soluzione negativa della questione sub 1):

Se il principio di proporzionalità e il principio dell’effetto utile ostino al requisito della presentazione della certificazione indicata nella questione sub 1), nel caso in cui per il percettore, residente all’estero, di dividendi derivanti da cosiddette partecipazioni a titolo di azionariato diffuso sia di fatto impossibile fornire tale certificazione».

24.      Hanno presentato osservazioni scritte la ACC Silicones, il governo tedesco e la Commissione europea.

IV.    Valutazione giuridica

A.      Ricevibilità delle questioni pregiudiziali

25.      Nelle sue osservazioni scritte, il governo tedesco sostiene che le questioni poste dal giudice del rinvio includono anche società che abbiano la propria sede e/o il luogo della propria direzione amministrativa in uno Stato terzo. Pertanto, tali questioni non hanno alcun rapporto con i fatti del procedimento principale, che sono limitati al trattamento fiscale dei dividendi distribuiti ad una società con sede in un altro Stato membro, e devono pertanto essere respinte in quanto irricevibili.

26.      Secondo una consolidata giurisprudenza, nell’ambito della cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali istituita dall’articolo 267 TFUE, spetta esclusivamente al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze di ciascuna causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria sentenza, sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Di conseguenza, allorché le questioni sollevate riguardano l’interpretazione del diritto dell’Unione, la Corte, in via di principio, è tenuta a statuire [sentenza del 26 marzo 2020, A.P. (Misure di sospensione condizionale), C-2/19, EU:C:2020:237, punto 25 e giurisprudenza ivi citata].

27.      Ne consegue che le questioni vertenti sul diritto dell’Unione sono assistite da una presunzione di rilevanza. Il diniego della Corte di statuire su una questione pregiudiziale proposta da un giudice nazionale è possibile solo quando appaia in modo manifesto che l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta non ha alcuna relazione con l’effettività o con l’oggetto del procedimento principale, qualora il problema sia di natura ipotetica oppure, ancora, qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per fornire una risposta utile alle questioni che le vengono sottoposte [sentenza del 26 marzo 2020, A.P. (Misure di sospensione condizionale), C-2/19, EU:C:2020:237, punto 26 e giurisprudenza ivi citata].

28.      Nel caso di specie, le disposizioni nazionali oggetto del rinvio pregiudiziale si applicano a società, ai sensi dell’articolo 54 TFUE o dell’articolo 34 dell’Accordo SEE (12), aventi la propria sede e il luogo della propria direzione amministrativa all’interno del territorio di uno Stato membro dell’Unione europea o dello Spazio economico europeo (SEE) (13). Inoltre, dalla decisione di rinvio risulta che la controversia principale verte sul diritto di una società avente la propria sede e il luogo della propria direzione amministrativa nel Regno Unito di ottenere il rimborso di ritenute d’imposta sui redditi da capitale in relazione a dividendi derivanti da quote di partecipazione «a titolo di azionariato diffuso» che le erano stati distribuiti in un periodo in cui tale Stato era membro dell’Unione europea.

29.      Tuttavia, nella sua decisione di rinvio, il giudice del rinvio rileva che il requisito secondo cui la sede e il luogo della direzione amministrativa del creditore devono trovarsi nel territorio di uno Stato membro dell’Unione europea o del SEE viola il diritto primario dell’Unione. Esso conclude che «l’articolo 32, paragrafo 5, prima frase, punto 1, del KStG deve essere interpretato, in un intento di conservazione della norma vigente, nel senso che la disciplina si applica anche alle società aventi la propria sede e/o la sede della direzione amministrativa in Stati terzi» e che, «[i]n riferimento alla presente controversia, ciò significa che la disciplina di cui all’articolo 32, paragrafo 5, [del KStG] sarebbe rilevante anche nel caso in cui la sede della direzione amministrativa della [ACC Silicones] non si fosse trovata in Gran Bretagna». Inoltre, come correttamente precisato dal governo tedesco, le questioni sottoposte alla Corte riguardano in generale le società «residenti all’estero». Parimenti, i dubbi sollevati dal giudice del rinvio riguardano «società estere» o «società residenti all’estero» in generale e non si limitano quindi alle società con sede in uno Stato membro dell’Unione europea o del SEE diverso dalla Germania.

30.      A mio avviso, la questione se, nel caso di dividendi distribuiti a società con sede in un paese terzo, i presupposti previsti dalla normativa tedesca di cui trattasi per ottenere il rimborso delle ritenute d’imposta sui redditi di capitale siano in contrasto con le disposizioni dell’Unione in materia di libera circolazione dei capitali non ha alcuna relazione con l’oggetto del procedimento principale ed è pertanto di natura ipotetica. Ne consegue che rispondere a detta questione non risulta necessario ai fini della soluzione della controversia di cui è investito il giudice del rinvio.

31.      Certamente, come rilevato dal giudice nazionale nella sua decisione di rinvio, l’articolo 63, paragrafo 1, TFUE vieta le restrizioni ai movimenti di capitali tra Stati membri, nonché tra Stati membri e paesi terzi. Tuttavia, come correttamente indica il governo tedesco, la giurisprudenza vertente sulle restrizioni all’esercizio delle libertà di circolazione in seno all’Unione non può essere integralmente trasposta ai movimenti di capitali tra gli Stati membri e i paesi terzi, in quanto tali movimenti si collocano in un contesto giuridico diverso [v. sentenza del 26 febbraio 2019, X (Società intermedie con sede in paesi terzi), C-135/17, EU:C:2019:136, punto 90 e giurisprudenza ivi citata]. Ciò vale, in particolare, per i requisiti probatori imposti ai contribuenti stabiliti in un paese terzo al fine di beneficiare di un vantaggio fiscale [v., in tal senso, sentenza del 26 febbraio 2019, X (Società intermedie stabilite in paesi terzi), C-135/17, EU:C:2019:136, punti 91 e 92 e giurisprudenza ivi citata].

32.      Di conseguenza, le questioni pregiudiziali sono, a mio avviso, irricevibili nella misura in cui riguardano il rimborso della ritenuta alla fonte sui redditi da capitale in relazione a dividendi da partecipazioni a titolo di azionariato diffuso distribuiti a società aventi la propria sede e/o il luogo della propria direzione amministrativa in un paese terzo.

B.      Osservazioni preliminari

33.      Come risulta dalla decisione di rinvio, i dividendi versati da società con sede in Germania a società residenti in uno Stato membro sono soggetti all’imposta sui redditi da capitale, prelevata mediante ritenuta alla fonte. Tuttavia, negli anni controversi e fino al marzo 2013, ai sensi dell’articolo 8b, paragrafo 1, del KStG, i dividendi versati a società con sede in Germania non sono stati presi in considerazione nel calcolo dei redditi di tali società. Le stesse beneficiavano quindi di un credito d’imposta per tale ritenuta alla fonte.

34.      I presupposti in presenza dei quali i redditi da capitale relativi ai dividendi derivanti da partecipazioni a titolo di azionariato diffuso, oggetto di ritenuta alla fonte e versamento possono essere rimborsati variano a seconda che la partecipazione a titolo di azionariato diffuso sia detenuta da una società non residente (14) oppure da una società residente nel territorio nazionale.

35.      Nel caso di una società non residente, il rimborso della ritenuta alla fonte è subordinato alla condizione che né la società non residente né il titolare di una partecipazione diretta o indiretta nel capitale della stessa abbiano potuto imputare l’imposta sui redditi da capitale, dedurla quale spesa di gestione o costo di esercizio oppure riportarla nel luogo in cui la società di cui trattasi ha la propria residenza fiscale. Il creditore dei redditi è tenuto a presentare una certificazione rilasciata dall’amministrazione tributaria estera competente da cui risulti che l’imposta tedesca sui redditi da capitale non può essere imputata, detratta o riportata e che neppure di fatto hanno avuto luogo un’imputazione, una detrazione o un riporto né per il medesimo creditore né per la totalità dei titolari di partecipazioni dirette o indirette in esso.

36.      Nel caso di una società residente, la ritenuta alla fonte è imputata integralmente all’imposta sugli enti societari dovuta dalla stessa e, se del caso, le viene rimborsata. L’imputazione e l’(eventuale) rimborso dell’imposta sono subordinati soltanto alla condizione che l’imposta sia stata oggetto di ritenuta alla fonte e contestuale versamento, il che deve essere dimostrato mediante presentazione di una semplice certificazione amministrativa (15). Sebbene i soggetti che detengono partecipazioni dirette o indirette nelle società residenti possano essere non residenti, la normativa tedesca non impone loro i medesimi requisiti contenuti nell’articolo 32, paragrafo 5, seconda frase, punto 5, del KStG (16).

37.      È pertanto evidente che, come rileva il giudice del rinvio, in forza della normativa tedesca applicabile, il rimborso della ritenuta alla fonte sui redditi da capitale in relazione a dividendi derivanti da partecipazioni a titolo di azionariato diffuso è subordinato a condizioni più rigorose, quando il creditore dei redditi è una società non residente, rispetto a quelle applicabili quando il creditore dei redditi è una società residente.

C.      Prima questione

38.      Al pari della Commissione, mi sembra che, con la prima questione, il giudice del rinvio chieda principalmente se la normativa tedesca di cui trattasi sia compatibile con la libera circolazione dei capitali nella misura in cui essa consente di negare il rimborso dell’imposta sui redditi da capitale in relazione a dividendi derivanti da partecipazioni a titolo di azionariato diffuso in società non residenti qualora queste ultime o un soggetto che detiene una partecipazione diretta o indiretta nel capitale delle stesse possano compensare tale imposta, detrarla come spesa di gestione o costo di esercizio, o riportarla. Tale questione deve essere valutata alla luce del fatto che le società residenti che detengono una partecipazione equivalente nel capitale di un’altra società residente non sono soggette ad una siffatta condizione per ottenere il rimborso dell’imposta sui redditi da capitale oggetto di ritenuta alla fonte.

39.      A mio avviso, il problema sollevato dalla prima questione pregiudiziale, contrariamente a quanto potrebbe suggerire la sua formulazione, riguarda non tanto un requisito probatorio quanto uno dei presupposti sostanziali che devono essere soddisfatti per ottenere il rimborso della ritenuta. Il fatto che, ai sensi dell’articolo 32, paragrafo 5, quinta frase, del KStG, le società non residenti debbano dimostrare il soddisfacimento del presupposto sostanziale previsto all’articolo 32, paragrafo 5, seconda frase, punto 5, del KStG presentando certificazioni emesse dalle diverse autorità tributarie interessate, mentre una prova siffatta non è richiesta per le società residenti, costituisce solamente l’applicazione di tale presupposto alle società non residenti. Se si dovesse concludere che il presupposto sostanziale è incompatibile con la libera circolazione dei capitali, la conclusione di cui trattasi si applicherebbe automaticamente al requisito probatorio. Per contro, qualora si dovesse concludere che il presupposto sostanziale è compatibile con la libera circolazione dei capitali, occorrerebbe valutare se la conclusione in oggetto debba applicarsi al requisito probatorio e, in caso contrario, se l’eventuale giustificazione della restrizione derivante da tale requisito sia conforme al principio di proporzionalità. Propongo di affrontare detto scenario alternativo nell’ambito della seconda questione sollevata dal giudice del rinvio.

40.      In conformità a una giurisprudenza costante della Corte, le misure vietate dall’articolo 63, paragrafo 1, TFUE, in quanto restrizioni ai movimenti di capitali, comprendono quelle che sono idonee a dissuadere i non residenti dall’effettuare investimenti in uno Stato membro o a dissuadere i residenti di detto Stato membro dall’effettuarne in altri Stati (sentenza del 30 aprile 2020, Société Générale, C-565/18, EU:C:2020:318, punto 22 e giurisprudenza ivi citata).

41.      Quanto alle partecipazioni non rientranti nell’ambito della direttiva 90/435, come nella fattispecie, spetta agli Stati membri determinare se, ed in quale misura, la doppia imposizione economica o a catena degli utili distribuiti debba essere evitata e introdurre, a tale effetto, in modo unilaterale o mediante convenzioni concluse con altri Stati membri, meccanismi che mirino a prevenire o ad attenuare detta doppia imposizione economica. Tale unico fatto non consente loro di applicare misure contrarie alle libertà di circolazione garantite dal Trattato FUE (sentenza del 20 ottobre 2011, Commissione/Germania, C-284/09, EU:C:2011:670, punto 48 e giurisprudenza ivi citata).

42.      Pertanto, nella sentenza del 20 ottobre 2011, Commissione/Germania (C-284/09, EU:C:2011:670), la Corte ha avuto modo di dichiarare, per quanto riguarda le partecipazioni che non rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva 90/435, che la disparità di trattamento instaurata dalla normativa tributaria nazionale in materia di dividendi, a seconda che essi siano distribuiti a società non residenti o residenti, cosicché tali dividendi sono assoggettati ad una tassazione superiore nel primo caso, se tale disparità di trattamento non è neutralizzata mediante convenzioni, costituiva una restrizione ai movimenti di capitali vietata dall’articolo 63 TFUE.

43.      Nel caso di specie, contrariamente a quanto sostiene il governo tedesco, la normativa tedesca di cui trattasi riconosce un trattamento nettamente meno favorevole ai dividendi derivanti da partecipazioni a titolo di azionariato diffuso distribuiti a società non residenti rispetto a quelli distribuiti a società residenti, dal momento che, come rilevato al paragrafo 37, il diritto al rimborso dell’imposta sui redditi da capitale oggetto di ritenuta in relazione a tali dividendi è soggetto a condizioni più rigorose quando il creditore dei redditi è una società non residente, e non una società residente.

44.      Ritengo che una siffatta disparità di trattamento sia idonea a dissuadere le società non residenti dall’investire in società stabilite in Germania e sia altresì tale da costituire un ostacolo alla raccolta di capitali da parte di società residenti presso società stabilite in altri Stati membri (v., in tal senso, sentenza del 2 giugno 2016, Pensioenfonds Metaal en Techniek, C-252/14, EU:C:2016:402, punto 28 e giurisprudenza ivi citata).

45.      Si deve tuttavia esaminare se la restrizione risultante dalla normativa tedesca di cui trattasi possa essere giustificata alla luce delle disposizioni del Trattato. A tal riguardo, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 65, paragrafo 1, lettera a), TFUE, l’articolo 63 TFUE non pregiudica tuttavia il diritto degli Stati membri di applicare le pertinenti disposizioni della loro legislazione tributaria in cui si opera una distinzione tra i contribuenti che non si trovano nella medesima situazione per quanto riguarda il loro luogo di residenza o il luogo di collocamento del loro capitale.

46.      L’articolo 65, paragrafo 1, lettera a), TFUE, che deroga al principio fondamentale della libera circolazione dei capitali, deve essere interpretato in senso restrittivo. Esso non deve essere inteso nel senso che qualsiasi misura nazionale che introduca una differenziazione tra i contribuenti a seconda del luogo in cui essi risiedono o dello Stato in cui investono i loro capitali sia automaticamente compatibile con il Trattato FUE. La deroga prevista da tale disposizione subisce essa stessa una limitazione per effetto dell’articolo 65, paragrafo 3, TFUE, il quale stabilisce che le disposizioni nazionali di cui al paragrafo 1 del medesimo articolo «non devono costituire un mezzo di discriminazione arbitraria, né una restrizione dissimulata al libero movimento dei capitali e dei pagamenti di cui all’articolo 63 [TFUE]» (sentenza del 21 giugno 2018, Fidelity Funds e a., C-480/16, EU:C:2018:480, punto 47 e giurisprudenza ivi citata).

47.      Occorre pertanto distinguere le differenze di trattamento consentite ai sensi dell’articolo 65, paragrafo 1, lettera a), TFUE dalle discriminazioni vietate dall’articolo 65, paragrafo 3, TFUE. Affinché la normativa tedesca in oggetto possa considerarsi compatibile con le disposizioni del Trattato relative alla libera circolazione dei capitali, è necessario che la differenza di trattamento che ne risulta riguardi situazioni che non siano obiettivamente paragonabili, o sia giustificata da un motivo imperativo d’interesse generale (sentenza del 30 aprile 2020, Société Générale, C-565/18, EU:C:2020:318, punto 24).

48.      Nel caso di specie, occorre verificare se, tenuto conto dell’obiettivo della normativa tedesca di cui trattasi, che, secondo la decisione di rinvio, è quello di evitare un’imposizione a catena sui dividendi, le società beneficiarie di dividendi derivanti da partecipazioni a titolo di azionariato diffuso si trovino in situazioni comparabili a seconda che esse risiedano in Germania o in un altro Stato membro.

49.      Contrariamente a quanto sostenuto dal governo tedesco, condivido la posizione del giudice del rinvio e della Commissione secondo cui ciò avviene nel caso di specie.

50.      Certamente, rispetto ai provvedimenti adottati da uno Stato membro al fine di prevenire o di attenuare l’imposizione a catena ovvero la doppia imposizione economica sugli utili distribuiti da una società residente, le società beneficiarie residenti non si trovano necessariamente in una situazione analoga a quella di società beneficiarie aventi sede in un altro Stato membro (sentenza del 20 ottobre 2011, Commissione/Germania, C-284/09, EU:C:2011:670, punto 55 e giurisprudenza ivi citata).

51.      Tuttavia, a partire dal momento in cui uno Stato membro, in modo unilaterale o per via convenzionale, assoggetti all’imposta sul reddito non soltanto le società residenti, ma anche le società non residenti, per i dividendi che esse percepiscono da una società residente, la situazione di tali società non residenti si avvicina a quella delle società residenti (sentenza dell’8 novembre 2007, Amurta, C-379/05, EU:C:2007:655, punto 38 e giurisprudenza ivi citata).

52.      Infatti, è il solo esercizio da parte di questo stesso Stato della sua competenza tributaria che, indipendentemente da ogni imposizione in un altro Stato membro, genera un rischio di imposizione a catena o di doppia imposizione economica. In tal caso, affinché le società beneficiarie non residenti non si trovino di fronte ad una limitazione della libera circolazione dei capitali, vietata, in via di principio, dall’articolo 63 TFUE, lo Stato di residenza della società distributrice deve vigilare affinché, in relazione al meccanismo previsto dal suo diritto nazionale allo scopo di prevenire o attenuare l’imposizione a catena o la doppia imposizione economica, le società non residenti siano assoggettate ad un trattamento equivalente a quello di cui beneficiano le società residenti (sentenza dell’8 novembre 2007, Amurta, C-379/05, EU:C:2007:655, punto 39 e giurisprudenza ivi citata).

53.      Nel caso qui in discussione, la Repubblica federale di Germania ha deciso, per quanto riguarda i dividendi da partecipazioni a titolo di azionariato diffuso che vengono distribuiti tanto a società residenti quanto a società non residenti, di esercitare la propria competenza tributaria mediante l’applicazione dell’imposta sui redditi di capitale tramite ritenuta alla fonte. Le società non residenti beneficiarie di tali dividendi si trovano, di conseguenza, in una situazione analoga a quella delle società residenti per quanto riguarda il rischio di imposizione a catena dei dividendi distribuiti dalle società residenti, ragion per cui le società beneficiarie non residenti non possono essere trattate diversamente dalle società beneficiarie residenti (sentenza del 20 ottobre 2011, Commissione/Germania, C-284/09, EU:C:2011:670, punto 58 e giurisprudenza ivi citata).

54.      Nelle sue osservazioni scritte, il governo tedesco si basa sulla convenzione, in forza della quale l’aliquota della ritenuta alla fonte è limitata al 15% e tale imposta può essere imputata all’imposta dovuta nel Regno Unito. Esso sostiene che il legislatore tedesco poteva, per quanto riguarda le società non residenti, subordinare il rimborso dell’imposta trattenuta sui redditi da capitale al fatto che tali società o le società che detengono una partecipazione diretta o indiretta nel capitale di queste ultime non possano già far valere l’imposta nel loro Stato di residenza, al fine di prevenire un rischio di doppia deduzione di detta imposta.

55.      È vero che, secondo la giurisprudenza, non può escludersi che uno Stato membro garantisca il rispetto dei suoi obblighi derivanti dal Trattato stipulando una convenzione volta ad evitare la doppia imposizione con un altro Stato membro (sentenza dell’8 novembre 2007, Amurta, C-379/05, EU:C:2007:655, punto 79 e giurisprudenza ivi citata).

56.      Tuttavia, a tal fine l’applicazione di una tale convenzione dovrebbe permettere di compensare integralmente gli effetti della differenza di trattamento derivante dalla normativa nazionale. Solo nell’ipotesi in cui l’imposta trattenuta alla fonte, in applicazione della normativa nazionale, possa essere detratta dall’imposta dovuta nell’altro Stato membro per un ammontare pari alla differenza di trattamento derivante dalla normativa nazionale, la differenza di trattamento tra i dividendi distribuiti a società stabilite in altri Stati membri e i dividendi distribuiti alle società residenti scompare (sentenza del 17 settembre 2015, Miljoen e a., C-10/14, C-14/14 e C-17/14, EU:C:2015:608, punto 79 e giurisprudenza ivi citata).

57.      Nel caso di specie, dalla decisione di rinvio risulta che, come sostenuto dal governo tedesco, in applicazione della convenzione, l’aliquota dell’imposta sui dividendi da partecipazioni a titolo di azionariato diffuso versati alla ACC Silicones era limitata al 15% e che la ritenuta alla fonte applicata in Germania poteva essere imputata all’imposta dovuta nel Regno Unito. Tuttavia, l’imputazione è limitata alle imposte del Regno Unito «conteggiate sulla base degli utili» o dei ricavi che servono per il calcolo dell’imposta tedesca (17). Pertanto, non si può escludere, come correttamente rilevato dalla ACC Silicones, che la totalità dell’imposta tedesca sui redditi da capitale versati in Germania non possa essere neutralizzata, il che non è conforme ai requisiti derivanti dalla giurisprudenza citata al paragrafo 56. Una siffatta neutralizzazione si verifica solo se i dividendi provenienti dalla Germania sono sufficientemente tassati nell’altro Stato membro, il che presuppone che l’imposta nel Regno Unito calcolata in funzione dei dividendi distribuiti sia almeno di importo pari a quello della ritenuta alla fonte applicata in Germania (v., in tal senso, sentenze del 20 ottobre 2011, Commissione/Germania, C-284/09, EU:C:2011:670, punti 67 e 68, e del 17 settembre 2015, Miljoen e a., C-10/14, C-14/14 e C-17/14, EU:C:2015:608, punto 86). Spetta al giudice del rinvio verificare se siffatta ipotesi ricorra nella controversia di cui al procedimento principale.

58.      A tal riguardo, vorrei aggiungere che condivido il parere della Commissione secondo cui un’eventuale imputazione dell’imposta tedesca sui redditi da capitale al debito d’imposta dei soggetti che detengono partecipazioni dirette o indirette nella ACC Silicones non può essere presa in considerazione, quantomeno se essi non sono residenti. Infatti, come già indicato al paragrafo 36, nel caso di società residenti che percepiscono dividendi da partecipazioni a titolo di azionariato diffuso, la normativa tedesca assoggetta l’imputazione o il rimborso dell’imposta sui redditi da capitale alla sola condizione che l’imposta sia stata oggetto di ritenuta alla fonte e versamento, non essendo presa in considerazione una diversa eventuale imputazione dell’imposta nello Stato di residenza dei titolari di partecipazioni in dette società, che potrebbero essere soggetti d’imposta non residenti.

59.      Nel medesimo contesto, condivido altresì il parere della Commissione secondo cui una semplice deduzione dell’imposta sui redditi da capitale oggetto di ritenuta come spesa di gestione o costo di esercizio da parte della società non residente o dei soggetti che detengono partecipazioni dirette o indirette in essa, nel loro Stato di residenza, non sarebbe sufficiente a neutralizzare la restrizione alla libera circolazione dei capitali così individuata. La Corte ha pertanto dichiarato che, se la normativa belga consente di dedurre, a titolo di spesa, l’imposta pagata all’estero dalla base imponibile dei redditi, prima dell’applicazione di un’aliquota di imposizione del 25% all’importo netto dei dividendi ricevuti dal contribuente stabilito in Belgio, una deduzione del genere non compensa interamente gli effetti di un’eventuale restrizione alla libera circolazione dei capitali sussistente nello Stato membro della fonte dei dividendi (sentenza del 17 settembre 2015, Miljoen e a., C-10/14, C-14/14 e C-17/14, EU:C:2015:608, punto 83).

60.      Nelle sue osservazioni scritte, il governo tedesco sostiene che, in ogni caso, le disposizioni nazionali di cui trattasi sono giustificate da motivi imperativi di interesse generale, vale a dire, da un lato, la ripartizione equilibrata del potere impositivo tra gli Stati membri e, dall’altro, la necessità di evitare che un’imposta trattenuta alla fonte venga considerata due volte.

61.      Secondo una costante giurisprudenza della Corte, una restrizione alla libera circolazione dei capitali può essere ammessa soltanto se è giustificata da motivi imperativi di interesse generale, nei limiti in cui essa è idonea a garantire il conseguimento dell’obiettivo perseguito e non eccede quanto è necessario per raggiungerlo [v., in tal senso, sentenze del 26 febbraio 2019, X (Società intermedie stabilite in paesi terzi), C-135/17, EU:C:2019:136, punto 70, e del 30 gennaio 2020, Köln-Aktienfonds Deka, C-156/17, EU:C:2020:51, punto 83 e giurisprudenza ivi citata].

62.      A mio avviso, né l’una né l’altra giustificazione addotta dal governo tedesco sono applicabili nel caso di specie.

63.      Per quanto riguarda la prima giustificazione, occorre ricordare che la necessità di garantire una ripartizione equilibrata della potestà impositiva tra gli Stati membri è un motivo idoneo a giustificare una restrizione alla libera circolazione dei capitali, in particolare quando le misure nazionali in oggetto mirano a prevenire comportamenti tali da pregiudicare il diritto di uno Stato membro di esercitare la propria competenza fiscale in relazione ad attività svolte sul suo territorio (v., in tal senso, sentenze del 10 febbraio 2011, Haribo Lakritzen Hans Riegel e Österreichische Salinen, C-436/08 e C-437/08, EU:C:2011:61, punto 121, e del 10 aprile 2014, Emerging Markets Series of DFA Investment Trust Company, C-190/12, EU:C:2014:249, punto 98).

64.      Tuttavia, qualora uno Stato membro abbia scelto di non tassare le società beneficiarie stabilite sul suo territorio in relazione a redditi di tal tipo, esso non può invocare la necessità di garantire una ripartizione equilibrata della potestà impositiva tra gli Stati membri per giustificare l’assoggettamento ad imposta delle società beneficiarie stabilite in un altro Stato membro (v., in tal senso, sentenza del 20 ottobre 2011, Commissione/Germania, C-284/09, EU:C:2011:670, punto 78 e giurisprudenza ivi citata).

65.      Nel caso di specie, è pacifico che i dividendi da partecipazioni a titolo di azionariato diffuso distribuiti da società residenti beneficiano di una neutralizzazione completa degli effetti della ritenuta alla fonte (paragrafi 8, 33 e 36).

66.      Per quanto riguarda la seconda giustificazione, il governo tedesco sostiene che le disposizioni nazionali di cui trattasi mirano ad evitare che l’imposta sui redditi da capitale applicata sui dividendi da partecipazioni a titolo di azionariato diffuso sia presa in considerazione due volte dalle società beneficiarie non residenti o dai soggetti titolari di partecipazioni dirette o indirette in queste ultime, una prima volta mediante rimborso da parte dell’amministrazione tributaria tedesca e una seconda volta mediante imputazione al loro debito d’imposta o deduzione come spesa di gestione o costo di esercizio nel loro Stato di residenza.

67.      A mio avviso, un siffatto obiettivo potrebbe, in linea di principio, essere considerato ammissibile. Infatti, in mancanza di simili disposizioni, le situazioni transfrontaliere conferirebbero un vantaggio ingiustificato rispetto a situazioni nazionali comparabili, nelle quali, secondo il governo tedesco, non è possibile tener conto, in modo alternativo o complementare, delle imposte sui redditi da capitale oggetto di ritenuta e contestuale pagamento a livello dei soggetti che detengono partecipazioni dirette o indirette nella società residente percettrice di dividendi da partecipazioni a titolo di azionariato diffuso.

68.      Ciò premesso, occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza della Corte, per essere ritenuta atta a garantire la realizzazione dell’obiettivo fatto valere, una misura deve rispondere effettivamente all’intento di realizzarlo in modo coerente e sistematico (v., in tal senso, per quanto riguarda le restrizioni alla libertà di stabilimento, sentenza del 14 novembre 2018, Memoria e Dall’Antonia, C-342/17, EU:C:2018:906, punto 52 e giurisprudenza ivi citata).

69.      A mio avviso, le disposizioni tedesche in oggetto non consentono di raggiungere l’obiettivo di evitare che l’imposta trattenuta alla fonte venga presa in considerazione due volte, dal momento che le stesse perseguono tale obiettivo in modo incoerente. Infatti, come rilevato al paragrafo 36, per quanto riguarda le società residenti, il rimborso della ritenuta alla fonte non è soggetto a condizioni equivalenti a quelle richieste alle società non residenti, anche se non si può escludere che le società residenti possano essere oggetto di partecipazioni dirette o indirette da parte di soggetti non residenti, disciplinati da normative nazionali che consentono di tenere conto dell’imposta applicata al loro livello. Pertanto, non è escluso che detta imposta possa essere presa in considerazione due volte nel caso delle società residenti. La circostanza, invocata dal governo tedesco, che, in base al diritto tedesco, la ritenuta alla fonte prelevata possa essere presa in considerazione solo a livello della società residente che percepisce i dividendi non modifica tale analisi.

70.      Ritengo pertanto che l’obiettivo relativo alla necessità di evitare che tale imposta trattenuta alla fonte sia presa in considerazione due volte da parte del governo tedesco non giustifichi le restrizioni alla libera circolazione dei capitali contenute nella normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale.

71.      Pertanto, l’articolo 63 TFUE osta ad una norma tributaria nazionale, come quella controversa nel procedimento principale, la quale, ai fini del rimborso dell’imposta sui redditi da capitale, pretenda da una società con sede all’estero che percepisce dividendi da partecipazioni a titolo di azionariato diffuso, la prova, da fornirsi mediante certificazione dell’amministrazione tributaria estera, del fatto che tale imposta non può essere imputata da un soggetto che detiene in detta società una partecipazione diretta o indiretta, ovvero detratta da detta società o da un soggetto che detiene in essa una partecipazione diretta o indiretta, quale spesa di gestione o costo di esercizio nello Stato di residenza, laddove una prova siffatta non venga richiesta, ai fini del rimborso dell’imposta sui redditi da capitale, ad una società residente che detenga una partecipazione della stessa entità. Per essere compatibile con l’articolo 63 TFUE, una siffatta disposizione nazionale deve prevedere il rimborso dell’imposta sui redditi da capitale alla società beneficiaria non residente nei limiti in cui tale imposta non possa essere imputata nello Stato di residenza in forza di una convenzione applicabile diretta a evitare la doppia imposizione. Quando nello Stato di residenza è possibile l’imputazione soltanto parziale, lo Stato della fonte deve rimborsare la differenza.

D.      Seconda questione

72.      Con la seconda questione, il giudice del rinvio chiede se, qualora le disposizioni tedesche in oggetto siano ritenute compatibili con la libera circolazione dei capitali, il requisito probatorio previsto dall’articolo 32, paragrafo 5, quinta frase, del KStG sia conforme al principio di proporzionalità e al principio di effetto utile.

73.      Alla luce della risposta che propongo di dare alla prima questione pregiudiziale, non occorre rispondere alla seconda. Tuttavia, per completezza e tenuto conto dell’eventualità che la Corte possa giungere ad una diversa conclusione per quanto riguarda la prima questione, esaminerò quest’ultima brevemente, incentrando l’attenzione sul principio di proporzionalità, che nella fattispecie appare più pertinente rispetto al principio dell’effettività (18).

74.      Inoltre, ritengo che si debba esaminare la seconda questione sotto un diverso profilo. Come ho rilevato al paragrafo 39, il principio di proporzionalità si configura principalmente in relazione a eventuali giustificazioni per le restrizioni alla libera circolazione dei capitali.

75.      A tal riguardo, occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza della Corte, anche se il principio dell’autonomia tributaria degli Stati membri implica che questi ultimi determinino quali sono, secondo il proprio sistema nazionale, gli elementi di prova necessari onde beneficiare di un vantaggio fiscale, l’esercizio di detta autonomia da parte degli Stati membri deve avvenire nel rispetto degli obblighi derivanti dal diritto dell’Unione, segnatamente quelli imposti dalle disposizioni del Trattato afferenti alla libera circolazione dei capitali (sentenza del 30 giugno 2011, Meilicke e a., C-262/09, EU:C:2011:438, punti 37 e 38).

76.      Dalla giurisprudenza della Corte risulta altresì che l’amministrazione finanziaria di uno Stato membro ha il diritto di esigere dal contribuente le prove a suo avviso necessarie per valutare se siano soddisfatti i presupposti per la concessione di un beneficio fiscale previsto dalla normativa in questione e, di conseguenza, se si debba o meno concedere tale beneficio (sentenza del 30 giugno 2011, Meilicke e a., C-262/09, EU:C:2011:438, punto 45 e giurisprudenza ivi citata). A tale proposito, la Corte ha già dichiarato che le eventuali difficoltà che possono sorgere nel determinare l’imposta effettivamente versata in un altro Stato membro non possono giustificare una restrizione alla libera circolazione dei capitali (sentenza del 12 dicembre 2006, Test Claimants in Class IV of the ACT Group Litigation, C-374/04, EU:C:2006:773, punto 70).

77.      Ritengo che una disposizione nazionale come l’articolo 32, paragrafo 5, quinta frase, del KStG, in forza della quale il rimborso dell’imposta sui redditi da capitale oggetto di ritenuta a una società non residente viene concesso solo a seguito della produzione di una certificazione dell’amministrazione tributaria estera da cui risulti che l’imposta non può essere imputata, detratta o riportata e che neppure di fatto hanno avuto luogo un’imputazione, una detrazione o un riporto e che, nei confronti sia di detta società che di tutti i soggetti che detengono una partecipazione diretta o indiretta, senza offrire alla società non residente alcuna possibilità di fornire elementi di prova alternativi, può configurare una restrizione dissimulata alla libera circolazione dei capitali vietata dall’articolo 65, paragrafo 3, TFUE (v., in tal senso, sentenza del 30 giugno 2011, Meilicke e a., C-262/09, EU:C:2011:438, punto 40 e giurisprudenza citata).

78.      È vero che una restrizione alla libera circolazione dei capitali può essere giustificata da un motivo imperativo di interesse generale. Tuttavia, si deve osservare che, per essere giustificata, una misura restrittiva deve rispettare il principio di proporzionalità, nel senso che dev’essere idonea a garantire la realizzazione dell’obiettivo che persegue senza eccedere quanto è necessario a tal fine (sentenza del 30 giugno 2011, Meilicke e a., C-262/09, EU:C:2011:438, punto 42 e giurisprudenza ivi citata).

79.      Mi sembra evidente che il requisito probatorio di cui all’articolo 32, paragrafo 5, quinta frase, del KStG, nella misura in cui riguarda soggetti titolari di partecipazioni dirette o indirette nella società non residente ed esclude la possibilità di fornire mezzi di prova alternativi dei fatti dedotti, è sproporzionato rispetto agli obiettivi perseguiti dal governo tedesco. A tale riguardo, osservo che, nella sua ordinanza di rinvio, il giudice del rinvio afferma che «il requisito consistente nella necessità di dimostrare il soddisfacimento del presupposto [di cui all’articolo 32, paragrafo 5, quinta frase, del KStG] in riferimento a tutti i soci diretti e indiretti mediante la presentazione di corrispondenti certificazioni delle autorità tributarie estere (...) pone il soggetto d’imposta che desideri ottenere il rimborso dell’imposta sui redditi di capitale (...) di fronte a notevoli difficoltà» e che «[l]a produzione di queste certificazioni può esigere eventualmente un dispendio sproporzionato di attività di accertamento ovvero può – come nel caso qui in discussione – essere addirittura praticamente impossibile».

V.      Conclusione

80.      Propongo alla Corte di rispondere alla prima questione pregiudiziale sollevata dal Finanzgericht Köln (Tribunale tributario di Colonia, Germania) come segue:

L’articolo 63 TFUE osta ad una norma tributaria nazionale, come quella controversa nel procedimento principale, la quale, ai fini del rimborso dell’imposta sui redditi da capitale, pretenda, da una società con sede all’estero che percepisce dividendi da partecipazioni e non raggiunge la partecipazione minima di cui all’articolo 3, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 90/435/CEE del Consiglio, del 23 luglio 1990, concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati Membri diversi, modificata dalla direttiva 2003/123/CE del Consiglio, del 22 dicembre 2003, la prova, da fornirsi mediante certificazione dell’amministrazione tributaria estera, del fatto che tale imposta non può essere imputata da un soggetto che detiene in detta società una partecipazione diretta o indiretta, ovvero detratta da detta società o da un soggetto che detiene in essa una partecipazione diretta o indiretta, quale spesa di gestione o costo di esercizio nello Stato di residenza, laddove una prova siffatta non venga richiesta, ai fini del rimborso dell’imposta sui redditi da capitale, ad una società residente che detenga una partecipazione della stessa entità. Per essere compatibile con l’articolo 63 TFUE, una siffatta disposizione nazionale deve prevedere il rimborso dell’imposta sui redditi da capitale alla società beneficiaria non residente nei limiti in cui tale imposta non possa essere imputata nello Stato di residenza in forza di una convenzione applicabile diretta a evitare la doppia imposizione. Quando nello Stato di residenza è possibile l’imputazione soltanto parziale, lo Stato della fonte deve rimborsare la differenza.


1      Lingua originale: l’inglese.


2      Dal momento che le questioni pregiudiziali vertono sull’interpretazione degli articoli da 63 a 65 TFUE e che queste ultime disposizioni sono formulate esattamente negli stessi termini dei loro predecessori, ossia gli articoli da 56 a 58 del trattato che istituisce la Comunità europea (Trattato CE), farò d’ora innanzi riferimento agli articoli da 63 a 65 TFUE nonostante la domanda di rimborso sia presentata per periodi anteriori al 1º dicembre 2009.


3      GU 1990, L 225, pag. 6. Tale direttiva è stata modificata dalla direttiva 2011/96/UE del Consiglio, del 30 novembre 2011, concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi (GU 2011, L 345, pag. 8).


4      Direttiva del Consiglio del 22 dicembre 2003 (GU 2004, L 7, pag. 41).


5      I fatti che hanno dato luogo a detta sentenza erano che l’imposta è stata applicata tramite ritenuta alla fonte su tutti i dividendi distribuiti da una società avente sede in Germania. Solo le società residenti hanno beneficiato di un credito d’imposta in relazione alla deduzione dell’imposta oggetto di ritenuta alla fonte. Tale credito d’imposta è stato rimborsato al contribuente nella misura in cui l’importo dovuto dell’imposta sul reddito era inferiore all’importo del credito d’imposta. Per contro, l’imposta trattenuta alla fonte è stata definitivamente applicata alle società non residenti.


6      Bundesgesetzblatt (Gazzetta ufficiale tedesca) (BGBl.) I 2002, pag. 4144, da ultimo modificata, durante il periodo di cui trattasi nel procedimento principale, dalla legge del 7 dicembre 2006 (BGBl. I 2006, pag. 2782).


7      BGBl. I 2002, pag. 4210, da ultimo modificata, durante il periodo di cui trattasi nella causa principale, dalla legge del 20 dicembre 2007 (BGBl. I 2007, pag. 3150).


8      Convenzione del 26 novembre 1964 tra il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord e la Repubblica federale di Germania per evitare la doppia imposizione e prevenire l’evasione fiscale in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio, modificata da ultimo il 23 marzo 1970 (BGBl. 1966 II, pag. 358, BGBl. II 1967, pag. 828 e BGBl. 1971 II, pag. 45). Nella sua decisione di rinvio, il giudice del rinvio si basa sull’articolo 23, paragrafo 2, lettera a), della convenzione relativa all’eliminazione della doppia imposizione e la prevenzione dell’evasione fiscale in materia di imposte sul reddito e sul capitale, conclusa tra i due Stati di cui trattasi il 30 marzo 2010. Nelle loro osservazioni scritte, la ACC Silicones, la Commissione e il governo tedesco affermano che l’articolo XVIII, paragrafo 1, lettera a), della convenzione, redatto in termini sostanzialmente identici, trova applicazione nel caso di specie.


9      L’articolo VI, paragrafo 1, della convenzione così recita:


      «(1) I dividendi distribuiti da una società residente nel territorio di uno Stato ad un soggetto residente nel territorio dell’altro Stato possono essere anche oggetto di imposizione nel primo Stato. Tuttavia, l’imposta non sarà applicata in detto primo Stato con un’aliquota superiore al 15 per cento sull’importo lordo di tali dividendi, purché questi ultimi siano assoggettati all’imposta nel territorio dell’altro Stato o, trattandosi di dividendi distribuiti da una società residente nel Regno Unito, siano esentati dall’imposta della Repubblica federale in base a quanto disposto dall’articolo XVIII, paragrafo 2, lettera a)».


10      Nelle loro osservazioni scritte, il governo tedesco e la Commissione affermano che tali libertà fondamentali sono state successivamente attuate dall’articolo 32, paragrafo 5, del KStG.


11      Il giudice del rinvio definisce i «dividendi derivanti da quote di partecipazione a titolo di azionariato diffuso» come i «dividendi derivanti da partecipazioni al di sotto del 15% (per distribuzioni di utili fino al 31 dicembre 2008) ovvero al di sotto del 10% (per distribuzioni di utili successive al 31 dicembre 2008)».


12      Articolo 32, paragrafo 5, prima frase, punto 1, lettera a), del KStG.


13      Articolo 32, paragrafo 5, prima frase, punto 1, lettera b), del KStG.


14      Nella discussione che segue, l’espressione «società non residente» indica una società avente la propria sede e il luogo della propria direzione amministrativa nel territorio di uno Stato membro dell’Unione europea o del SEE diverso dalla Germania.


15      La certificazione è precisata all’articolo 45, paragrafi 2 o 3, dell’EStG. Dalle osservazioni scritte della ACC Silicones e del governo tedesco risulta che la certificazione deve contenere informazioni minime e unicamente in relazione al creditore.


16      Secondo il governo tedesco, nel diritto tedesco solo la società percettrice dei dividendi e per conto della quale l’imposta sui redditi da capitale è stata oggetto di ritenuta ha il diritto di imputare tale imposta e non può dedurla come spesa di gestione o costo di esercizio. A mio avviso, ciò non riguarda l’ipotesi in cui la società residente abbia soggetti titolari di partecipazioni dirette o indirette non residenti ai quali gli ordinamenti nazionali consentono di versare la ritenuta alla fonte al loro livello.


17      V. paragrafo 12.


18      Il principio di effettività implica che l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione non sia reso in pratica impossibile o eccessivamente difficile (v., in tal senso, sentenza del 30 giugno 2011, Meilicke e a., C-262/09, EU:C:2011:438, punto 55).