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Edizione provvisoria

SENTENZA DELLA CORTE (Decima Sezione)

16 giugno 2022 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Fiscalità – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (IVA) – Direttiva 2006/112/CE – Articoli 2, 24 e 43 – Luogo della prestazione di servizi – Servizi di assistenza tecnica forniti a una società stabilita in un altro Stato membro – Abuso di diritto – Valutazione dei fatti – Incompetenza»

Nella causa C-596/20,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla Fővárosi Törvényszék (Corte di Budapest-Capitale, Ungheria), con decisione del 28 settembre 2020, pervenuta in cancelleria il 12 novembre 2020, nel procedimento

DuoDecad Kft.

contro

Nemzeti Adó- és Vámhivatal Fellebbviteli Igazgatósága,

LA CORTE (Decima Sezione),

composta da I. Jarukaitis (relatore), presidente di sezione, M. Ilešič e D. Gratsias, giudici,

avvocato generale:  J. Kokott

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

–        per la DuoDecad Kft., da Z. Várszegi, ügyvéd;

–        per il governo ungherese, da M.Z. Fehér e G. Koós, in qualità di agenti;

–        per il governo portoghese, inizialmente da L. Inez Fernandes, R. Campos Laires e P. Barros da Costa, successivamente da R. Campos Laires e P. Barros da Costa, in qualità di agenti;

–        per la Commissione europea, da V. Uher e A. Tokár, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 10 febbraio 2022,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 2, paragrafo 1, dell’articolo 24, paragrafo 1, e dell’articolo 43 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU 2006, L 347, pag. 1).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la DuoDecad Kft. e la Nemzeti Adó- és Vámhivatal Fellebbviteli Igazgatósága (direzione dei ricorsi dell’Ufficio nazionale delle imposte e delle dogane, Ungheria) (in prosieguo: la «direzione dei ricorsi»), in merito al pagamento dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) sui servizi forniti dalla DuoDecad negli anni 2009 e 2011.

 Contesto normativo

 Diritto dellUnione

3        In virtù dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2006/112, sono soggette a IVA le prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso nel territorio di uno Stato membro da un soggetto passivo che agisce in quanto tale.

4        L’articolo 24 di tale direttiva così dispone:

«1.      Si considera “prestazione di servizi” ogni operazione che non costituisce una cessione di beni.

2.      Sono considerati “servizi di telecomunicazione” i servizi aventi per oggetto la trasmissione, l’emissione e la ricezione di segnali, scritti, immagini e suoni o informazioni di qualsiasi natura via filo, per radio, tramite mezzi ottici o altri mezzi elettromagnetici, ivi comprese la cessione e la concessione ad esse connesse, di un diritto di utilizzazione di mezzi per tale trasmissione, emissione o ricezione, compresa la messa a disposizione dell’accesso a reti d’informazione globali».

5        Nella versione in vigore dal 1° gennaio 2007 al 31 dicembre 2009, l’articolo 43 della summenzionata direttiva prevedeva quanto segue:

«Il luogo di una prestazione di servizi è il luogo in cui il prestatore ha stabilito la sede della propria attività economica o dispone di una stabile organizzazione a partire dalla quale la prestazione di servizi viene resa o, in mancanza di tale sede o di tale stabile organizzazione, il luogo del suo domicilio o della sua residenza abituale».

6        La direttiva 2008/8/CE del Consiglio, del 12 febbraio 2008, che modifica la direttiva 2006/112/CE (GU 2008, L 44, pag. 11), ha sostituito, con effetti dal 1º gennaio 2010, gli articoli da 43 a 59 della direttiva 2006/112. Quest’ultima, nella versione risultante dalla direttiva 2008/8, prevede, all’articolo 44, quanto segue:

«Il luogo delle prestazioni di servizi resi a un soggetto passivo che agisce in quanto tale è il luogo in cui questi ha fissato la sede della propria attività economica. Tuttavia, se i servizi sono prestati ad una stabile organizzazione del soggetto passivo situata in un luogo diverso da quello in cui esso ha fissato la sede della propria attività economica, il luogo delle prestazioni di tali servizi è il luogo in cui è situata la stabile organizzazione. In mancanza di tale sede o stabile organizzazione, il luogo delle prestazioni di servizi è il luogo del domicilio o della residenza abituale del soggetto passivo destinatario dei servizi in questione».

7        In questa versione, la direttiva 2006/112 prevede, all’articolo 45, quanto segue:

«Il luogo delle prestazioni di servizi resi a persone che non sono soggetti passivi è il luogo in cui il prestatore ha fissato la sede della propria attività economica. Tuttavia, se i servizi sono prestati da una stabile organizzazione del prestatore situata in un luogo diverso da quello in cui esso ha fissato la sede della propria attività economica, il luogo delle prestazioni di tali servizi è il luogo in cui è situata la stabile organizzazione. In mancanza di tale sede o stabile organizzazione, il luogo delle prestazioni di servizi è il luogo del domicilio o della residenza abituale del prestatore».

8        Nella versione in vigore dal 1° gennaio 2007 al 31 dicembre 2009, questa direttiva prevedeva, all’articolo 56, quanto segue:

«1.      Il luogo delle seguenti prestazioni di servizi, fornite a destinatari stabiliti fuori della Comunità [europea] o a soggetti passivi stabiliti nella Comunità ma fuori del paese del prestatore, è quello in cui il destinatario ha stabilito la sede della sua attività economica o dispone di una stabile organizzazione per la quale è stata resa la prestazione di servizi o, in mancanza di tale sede o stabile organizzazione, il luogo del suo domicilio o della sua residenza abituale:

(...)

k)      i servizi prestati per via elettronica, segnatamente quelli di cui all’allegato II;

(...)».

9        In questa versione, la direttiva 2006/112 menzionava, segnatamente, nell’allegato II, intitolato «Elenco indicativo dei servizi prestati per via elettronica di cui all’articolo 56, paragrafo 1, [lettera] k)», «[l]a fornitura di siti web e web – hosting, gestione a distanza di programmi e attrezzature», nonché la «fornitura di immagini, testi e informazioni e messa a disposizione di basi di dati».

10      Nella versione risultante dalla direttiva 2008/8, l’articolo 59 della direttiva 2006/112 prevede quanto segue:

«Il luogo delle prestazioni dei seguenti servizi a una persona che non è soggetto passivo stabilita, domiciliata o abitualmente residente al di fuori della Comunità è il luogo in cui detta persona è stabilita, domiciliata o abitualmente residente:

(...)

k)      servizi forniti per via elettronica, in particolare quelli di cui all’allegato II.

(...)».

 Il diritto ungherese

11      Nella versione applicabile ai fatti della controversia nel procedimento principale, l’articolo 37 della az általános forgalmi adóról szóló 2007. évi CXXVII. törvény [legge n. CXXVII del 2007 sull’imposta sul valore aggiunto (Magyar Közlöny 2007/155 (XI. 16.)] prevedeva quanto segue:

«(1)      In caso di prestazioni di servizi resi a una persona che è un soggetto passivo, il luogo della prestazione di servizi è il luogo in cui il destinatario ha fissato la sede per l’esercizio di un’attività economica o, in mancanza di una sede siffatta a scopo economico, il luogo del suo domicilio o della sua residenza abituale.

(2)      In caso di prestazioni di servizi resi a una persona che non è soggetto passivo, il luogo della prestazione di servizi è il luogo in cui il prestatore del servizio ha fissato la sede per l’esercizio di un’attività economica o, in mancanza di una sede siffatta a scopo economico, il luogo del suo domicilio o della sua residenza abituale».

12      In detta versione, la summenzionata legge prevedeva, all’articolo 46, quanto segue:

«(1)      Per i servizi di cui al presente articolo, il luogo della prestazione di servizi è il luogo in cui, in tale contesto, il destinatario che non è soggetto passivo ha fissato la sede o, in mancanza di sede, il luogo del suo domicilio o della sua residenza abituale, a condizione che quest’ultimo si trovi al di fuori del territorio della Comunità.

(2)      I servizi cui si applica il presente articolo sono i seguenti:

(...)

k)      servizi resi per via elettronica.

(...)».

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

13      La DuoDecad è una società registrata in Ungheria la cui attività principale è la programmazione informatica. Detta società ha fornito servizi di assistenza tecnica alla Lalib – Gestão e Investimentos Lda. Gestão e Investimentos Lda (in prosueguo: la «Lalib»), una società con sede a Madera (Portogallo) che fornisce servizi di intrattenimento con mezzi elettronici, che è il suo principale cliente. A tal titolo, ha emesso fatture per un totale di EUR 8 086 829,40 per il periodo da luglio a dicembre 2009 nonché per tutto il 2011.

14      A seguito di una verifica della DuoDecad relativa alla secondo semestre del 2009 e a tutto il 2011, l’autorità fiscale di primo grado ha ingiunto a quest’ultima, con decisione del 10 febbraio 2020, il pagamento di arretrati di IVA per un importo totale di 458 438 000 fiorini ungheresi (HUF) (circa EUR 1 286 835), una sanzione fiscale di un importo di HUF 343 823 000 (circa EUR 964 767) e un supplemento di interessi di mora per un importo di HUF 129 263 000 (circa EUR 362 841), considerando che il reale beneficiario dei servizi forniti dalla DuoDecad non era la Lalib, ma la WebMindLicences Kft. (in prosieguo: la «WML»), una società commerciale registrata in Ungheria che possiede un know-how per la fornitura di servizi di intrattenimento con mezzi elettronici e che ha stipulato un contratto di licenza con la Lalib per lo sfruttamento di tale know-how.

15      Poiché tale decisione, a seguito di un reclamo della DuoDecad, è stata confermata da una decisione della direzione dei ricorsi del 6 aprile 2020, la DuoDecad ha proposto ricorso dinanzi al Fővárosi Törvényszék (Corte di Budapest-Capitale, Ungheria), il giudice del rinvio.

16      A sostegno di tale ricorso, la DuoDecad sostiene che i servizi di assistenza tecnica oggetto del procedimento principale devono essere considerati come forniti alla Lalib, in Portogallo, essendo soddisfatte tutte le condizioni stabilite al riguardo dalla Corte. Detta società ritiene che la decisione della direzione dei ricorsi sia errata in quanto non identifica correttamente il contenuto di tali servizi, equiparandoli erroneamente alla garanzia diretta del funzionamento tecnico dei siti web in questione e ignorando così il fatto che la Lalib disponeva delle risorse umane e materiali necessarie per la fornitura dei servizi da essa forniti. Essa sostiene di aver fornito i propri servizi di assistenza direttamente alla Lalib, e non a WML, e di aver svolto un ruolo attivo in compiti che esulano dall’ambito dell’accordo di licenza di know-how in questione. A tal fine, la Lalib avrebbe controllato e monitorato la DuoDecad e le avrebbe dato istruzioni, mentre la WML non sarebbe risultata un cliente e non avrebbe potuto quindi aver fatto alcuna richiesta o dato alcuna istruzione.

17      La DuoDecad fa parimenti valere che, in base alle risposte fornite dall’autorità fiscale portoghese in risposta alla richiesta di cooperazione internazionale delle autorità ungheresi effettuata nel contesto di un procedimento relativo a WML, le autorità portoghesi hanno chiaramente indicato che la Lalib era stabilita in Portogallo, ove svolgeva un’attività economica effettiva a proprio rischio, e che disponeva di tutte le risorse tecniche e umane necessarie per sfruttare il know-how acquisito. Inoltre, il luogo di prestazione dei servizi di intrattenimento oggetto del procedimento principale non avrebbe potuto trovarsi in Ungheria a causa dell’esistenza di un ostacolo oggettivo, vale a dire l’assenza di istituti finanziari che consentissero il pagamento con carta bancaria su siti con contenuti per adulti. La DuoDecad aggiunge che la Lalib appariva, all’esterno, come il fornitore di tali servizi di intrattenimento, che concludeva i contratti a proprio nome, disponeva di una banca dati dei clienti che pagavano il corrispettivo per tali servizi, disponeva anche dei ricavi generati dagli stessi servizi, controllava lo sviluppo del know-how in questione e ne decideva l’introduzione. Peraltro, è la sede di quest’ultima che sarebbe stata indicata come luogo fisico per l’assistenza ai clienti.

18      La direzione dei ricorsi afferma di aver svolto un’indagine presso la WML durante la quale è emerso che i servizi di intrattenimento oggetto del procedimento principale non erano forniti dalla Lalib ma dalla WML dall’Ungheria, essendo il contratto di licenza tra le due società, a suo avviso, «fittizio».

19      Il giudice del rinvio osserva che la Corte ha interpretato, in particolare nella sentenza del 17 dicembre 2015, WebMindLicenses (C-419/14, EU:C:2015:832), le disposizioni pertinenti della direttiva 2006/112, ma ritiene che sia necessaria un’ulteriore interpretazione nel procedimento principale, poiché l’autorità fiscale portoghese e l’autorità fiscale ungherese, nonostante tale sentenza, hanno trattato la stessa operazione in modo diverso dal punto di vista fiscale.

20      Secondo tale giudice, alla luce delle indicazioni fornite nella sentenza del 17 dicembre 2015, WebMindLicenses (C-419/14, EU:C:2015:832), si pone la questione se il luogo di prestazione dei servizi di intrattenimento oggetto del procedimento principale possa essere situato in Ungheria, mentre la Lalib era al centro di una complessa rete di contratti e di servizi essenziali ai fini di tale prestazione di servizi, e forniva le condizioni necessarie per la prestazione medesima utilizzando le proprie banche dati, i suoi software e con l’intermediazione di terzi o di prestatori appartenenti al gruppo Lalib nonché al gruppo di società cui appartiene la DuoDecad e, pertanto, ne assumeva necessariamente i rischi giuridici ed economici, e questo anche se i subappaltatori che appartenevano al gruppo di società del «proprietario» del know-how in questione erano coinvolti nell’implementazione tecnica del know-how medesimo e detto «proprietario» aveva un’influenza sull’uso di tale know-how. Si pone inoltre la questione di come valutare se la Lalib avesse, in Portogallo, i locali, le infrastrutture e il personale necessari.

21      Facendo riferimento al punto 51 della sentenza del 18 giugno 2020 nella causa C-276/18 KrakVet Marek Batko (EU:C:2020:485), il giudice del rinvio ritiene di essere tenuto a sottoporre alla Corte una domanda di pronuncia pregiudiziale, principalmente a causa delle classificazioni fiscali divergenti effettuate dalle autorità fiscali ungheresi e portoghesi. Esso chiede alla Corte di chiarire se l’accertamento di un debito fiscale, al contempo, da parte dell’autorità fiscale ungherese e portoghese sia legittimo, se l’operazione oggetto del procedimento principale possa essere validamente tassata dalla prima o dalla seconda e quale rilevanza possa essere riconosciuta ai diversi criteri in questione.

22      In tale contesto, la Fővárosi Törvényszék (Corte di Budapest-Capitale) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se gli articoli 2, paragrafo 1, lettera c), 24, paragrafo 1, e 43 della direttiva 2006/112 del Consiglio debbano essere interpretati nel senso che l’acquirente della licenza del know-how – una società stabilita in uno Stato membro dell’Unione (nel caso del procedimento principale, in Portogallo) – non è il prestatore dei servizi disponibili su un sito internet agli utenti finali, e pertanto non può essere la destinataria del servizio di assistenza tecnica per il know-how appartenente al soggetto passivo, il quale è stabilito in un diverso Stato membro (nel caso del procedimento principale, in Ungheria), a titolo di subcontraente, bensì debbano essere interpretati nel senso che il soggetto passivo presta tale servizio alla società che ha concesso la licenza del know-how e che è stabilita in quest’ultimo Stato membro, in circostanze in cui l’acquirente della licenza:

a)      disponeva di uffici locati nel primo Stato membro, dell’infrastruttura informatica e di un ufficio, di personale proprio e di ampia esperienza nel settore del commercio elettronico, e il cui proprietario aveva estese relazioni internazionali e un amministratore qualificato in materia di commercio elettronico;

b)      aveva ottenuto il know-how che rifletteva i processi di funzionamento dei siti internet e dei loro aggiornamenti, forniva pareri al riguardo, suggeriva modifiche a tali processi e le approvava;

c)      era la destinataria dei servizi prestati dal soggetto passivo sulla base di tale know-how;

d)      riceveva regolarmente rapporti sulle prestazioni effettuate dai subcontraenti (in particolare per quanto riguarda il fatturato dei siti web e i pagamenti dal conto bancario),

e)      aveva registrato a proprio nome i domini internet che consentivano l’accesso ai siti internet;

f)      figurava nei siti internet in qualità di prestatore del servizio;

g)      eseguiva in proprio le attività volte a preservare la popolarità dei siti internet;

h)      concludeva in proprio i contratti con i collaboratori e i subcontraenti necessari per la prestazione del servizio (in particolare con le banche che offrivano il pagamento tramite carta bancaria sui siti internet, con gli autori che fornivano il contenuto accessibile sui siti internet e con i webmaster che promuovono il contenuto);

i)      disponeva di un sistema completo di incasso dei ricavi provenienti dalla prestazione del servizio in questione agli utenti finali, quali conti bancari, una facoltà di disposizione esclusiva e completa su tali conti, una banca dati degli utenti finali che consentiva di emettere fatture per la prestazione del servizio intestate a questi ultimi e un programma di fatturazione specifico;

j)      indicava sui siti internet la propria sede nel primo Stato membro quale servizio fisico di assistenza al cliente, e

k)      è una società autonoma sia rispetto al concedente la licenza sia rispetto ai subcontraenti ungheresi incaricati dell’esecuzione di taluni processi tecnici descritti nel know-how,

tenendo altresì conto di quanto segue: i) le circostanze di cui sopra sono state confermate dall’autorità competente del primo Stato membro, in qualità di organismo idoneo a verificare tali circostanze oggettive e verificabili da parte di terzi; ii) il fatto che la società di tale Stato membro non potesse avvalersi di un prestatore di servizi di pagamento che garantisse l’incasso del pagamento con carta bancaria sul sito internet costituiva un ostacolo oggettivo alla prestazione del servizio nell’altro Stato membro, con la conseguenza che la società stabilita in tale medesimo Stato membro non ha mai eseguito la prestazione del servizio disponibile sui siti internet, né prima né dopo il periodo in questione; e iii) la società che ha acquisito la licenza e le sue società collegate hanno tratto un vantaggio dalla gestione del sito internet superiore, nel complesso, alla differenza risultante dall’applicazione dell’aliquota IVA nel primo e nel secondo Stato membro.

2)      Se gli articoli 2, paragrafo 1, lettera c), 24, paragrafo 1, e 43 della direttiva IVA debbano essere interpretati nel senso che il concedente la licenza del know-how – una società stabilita nell’altro Stato membro – è il prestatore dei i servizi disponibili su un sito Internet agli utenti finali, in modo tale da essere la destinataria del servizio di assistenza tecnica del know-how appartenente al soggetto passivo, a titolo di subcontraente, e nel senso che quest’ultimo non presta tale servizio alla società acquirente della licenza stabilita nel primo Stato membro, in circostanze in cui la società che ha concesso la licenza:

a)      disponeva di risorse proprie consistenti unicamente in un ufficio condotto in locazione e in un computer utilizzato dal suo amministratore;

b)      aveva come unici dipendenti propri un amministratore e un consulente legale che lavorava a tempo parziale per alcune ore settimanali;

c)      aveva come unico contratto il contratto di sviluppo del know-how;

d)      aveva richiesto che i nomi di dominio di cui era proprietaria fossero registrati dall’acquirente della licenza in nome proprio, in base al contratto concluso con quest’ultimo;

e)      non è mai figurata quale prestatore dei servizi in questione nei confronti dei terzi, in particolare gli utenti finali, le banche che offrivano il pagamento tramite carta bancaria sui siti internet, gli autori del contenuto accessibile sui siti internet e i webmaster che promuovono il contenuto;

f)      non ha mai emesso documenti giustificativi relativi ai servizi disponibili sui siti internet, ad eccezione della fattura relativa ai diritti di licenza, e

g)      non disponeva di un sistema (quali conti bancari e altre infrastrutture) che consentisse l’incasso delle entrate provenienti dal servizio prestato tramite i siti internet, tenuto conto altresì che, secondo la sentenza del 17 dicembre 2015, WebMindLicenses (C-419/14, EU:C:2015:832), non appare di per sé decisivo il fatto che l’amministratore e unico azionista della società che concede la licenza sia il creatore di tale know-how e che, inoltre, lo stesso eserciti un’influenza o un controllo sullo sviluppo e sullo sfruttamento di detto know-how e sulla prestazione dei servizi basati sullo stesso, di modo che la persona fisica che è amministratore e proprietario della società che concede la licenza è anche amministratore e/o proprietario di quelle società commerciali subcontraenti – e quindi della ricorrente – che collaborano alla prestazione del servizio in qualità di subcontraenti su incarico dell’acquirente della licenza, eseguendo le rispettive funzioni indicate».

 Sulle questioni pregiudiziali

23      Con le sue questioni, che devono essere esaminate congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), l’articolo 24, paragrafo 1, e l’articolo 43 della direttiva 2006/112 debbano essere interpretati, alla luce di tutta una serie di circostanze menzionate in tali questioni, nel senso che non è la società titolare di una licenza di know-how che consente la prestazione di servizi di intrattenimento tramite mezzi elettronici a fornire effettivamente tali servizi di intrattenimento, per cui detta società non potrebbe essere considerata come il cliente dei servizi di assistenza tecnica per tale know-how forniti da un soggetto passivo stabilito in un altro Stato membro, ma che in realtà è la società che concede la licenza di know-how, anch’essa stabilita in tale altro Stato membro, a essere l’effettivo fornitore di tali servizi di intrattenimento, per cui è quest’ultima a essere il cliente di tali servizi di assistenza tecnica.

24      Dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che, con tali questioni, il giudice del rinvio intende stabilire, a seguito della sentenza del 17 dicembre 2015, WebMindLicenses (C-419/14, EU:C:2015:832), se sia la Lalib o se, sebbene il know-how che consente la prestazione di tali servizi di intrattenimento sia stato oggetto di un contratto di licenza tra la WML e la Lalib, sia la WML a dover essere considerata come il vero prestatore dei servizi di intrattenimento oggetto del procedimento principale.

25      Occorre ricordare che, quando è stato formulato il quesito, nel procedimento sfociato nella sentenza del 17 dicembre 2015, WebMindLicenses (C-419/14, EU:C:2015:832), in ordine alla rilevanza di alcuni fatti per valutare se un contratto di licenza, come quello concluso tra la WML e la Lalib, comportasse un abuso di diritto volto a trarre vantaggio dal fatto che l’aliquota IVA applicabile ai servizi di intrattenimento di cui trattasi fosse più bassa a Madera rispetto all’Ungheria, la Corte, al punto 34 di tale sentenza, ha affermato che il contratto di licenza era stato stipulato con la Lalib, ha indicato che in quel caso spettava al giudice del rinvio valutare i fatti che gli erano stati sottoposti e determinare se sussistessero gli elementi costitutivi di una pratica abusiva, sebbene la Corte, pronunciandosi su un rinvio pregiudiziale, potesse fornire chiarimenti per guidare tale giudice nella sua interpretazione.

26      Al punto 35 di tale sentenza, la Corte ha ricordato, segnatamente, che il principio del divieto di pratiche abusive, che si applica in materia di IVA, porta a vietare le costruzioni puramente artificiali, prive di realtà economica, realizzate al solo scopo di ottenere un vantaggio fiscale.

27      Dopo aver rilevato, al punto 43 della stessa sentenza, che dal fascicolo in esame risultava chiaramente che Lalib era una società distinta da WML, non essendo né una succursale, né una società figlia, né un’agenzia di quest’ultima, e che aveva versato l’IVA in Portogallo, la Corte ha affermato, al punto successivo che, in tali circostanze, per ritenere che l’accordo di licenza in questione costituisse una pratica abusiva volta a beneficiare di un’aliquota IVA più bassa a Madera, era necessario stabilire che tale contratto costituiva una costruzione di puro artificio che nascondeva il fatto che la prestazione di servizi in questione non era effettivamente fornita a Madera dalla Lalib, ma era in realtà fornita in Ungheria da WML.

28      Al punto 45 della sentenza del 17 dicembre 2015, WebMindLicenses (C-419/14, EU:C:2015:832), la Corte ha precisato che, al fine di determinare se tale contratto costituiva una costruzione di tal sorta, spettava al giudice del rinvio analizzare l’insieme degli elementi di fatto che gli erano sottoposti verificando, segnatamente, se la fissazione della sede dell’attività economica o della stabile organizzazione della Lalib a Madera non era effettiva o se tale società, ai fini dell’esercizio dell’attività economica considerata, non aveva una struttura adeguata in termini di locali, di personale e di strumenti tecnici, o ancora se detta società non esercitava tale attività economica in proprio nome e per proprio conto, sotto la propria responsabilità e a proprio rischio.

29      Inoltre, al punto 46 di detta sentenza, la Corte ha indicato che, per contro, il fatto che l’amministratore e unico azionista di WML fosse il creatore del know-how di WML, che lo stesso esercitasse un’influenza o un controllo sullo sviluppo e sullo sfruttamento di tale know-how e sulla prestazione dei servizi basati sullo stesso, che la gestione delle transazioni finanziarie, del personale e degli strumenti tecnici necessari alla prestazione di detti servizi fosse assicurata da subcontraenti, nonché i motivi che possono aver portato WML a concedere in locazione il know-how di cui trattasi alla Lalib invece di sfruttarlo essa stessa non apparivano di per sé decisivi.

30      Peraltro, al punto 54 della sentenza del 17 dicembre 2015, WebMindLicenses (C-419/14, EU:C:2015:832), la Corte ha statuito che il diritto dell’Unione deve essere interpretato nel senso che, in caso di constatazione di una pratica abusiva che abbia condotto a fissare il luogo di una prestazione di servizi in uno Stato membro diverso da quello in cui esso sarebbe stato fissato senza tale pratica abusiva, il fatto che l’IVA sia stata pagata in detto altro Stato membro conformemente alla sua legislazione non osta a che si proceda a un accertamento di tale imposta nello Stato membro del luogo in cui tale prestazione di servizi è stata effettivamente resa.

31      Al punto 59 di tale sentenza, la Corte ha tuttavia affermato che il regolamento (UE) n. 904/2010 del Consiglio, del 7 ottobre 2010, relativo alla cooperazione amministrativa e alla lotta contro la frode in materia d’imposta sul valore aggiunto (GU 2010, L 268, pag. 1), deve essere interpretato nel senso che l’amministrazione tributaria di uno Stato membro che esamina l’esigibilità dell’IVA per prestazioni che sono già state assoggettate a tale imposta in altri Stati membri è tenuta a rivolgere una richiesta di informazioni alle amministrazioni tributarie di tali altri Stati membri quando una domanda siffatta sia utile, se non indispensabile, per determinare l’esigibilità dell’IVA nel primo Stato membro.

32      Rilevando che l’autorità fiscale ungherese e quella portoghese, a seguito della sentenza del 17 dicembre 2015, WebMindLicenses (C-419/14, EU:C:2015:832), e nonostante le informazioni fornite dalla seconda di tali autorità fiscali alla prima in risposta a una richiesta di cooperazione internazionale, un diverso trattamento della stessa operazione che ha portato alla riscossione dell’IVA ad essa applicabile sia in Ungheria che in Portogallo, il giudice del rinvio afferma che è necessaria una «ulteriore interpretazione» e che si ritiene tenuto a sottoporre alla Corte una questione pregiudiziale a causa, principalmente, delle diverse qualificazioni dei fatti effettuate da tali autorità fiscali.

33      Tuttavia, occorre rilevare, da una parte, che il giudice del rinvio non chiarisce per quali ragioni le precisazioni fornite nella sentenza del 17 dicembre 2015, WebMindLicenses (C-419/14, EU:C:2015:832), sarebbero insufficienti per stabilire se la WML o la Lalib debbano essere considerate il vero prestatore dei servizi di intrattenimento oggetto del procedimento principale. Inoltre, la domanda di pronuncia pregiudiziale non contiene alcuna analisi degli elementi di fatto raccolti dall’autorità fiscale ungherese presso l’autorità fiscale portoghese né dell’insieme degli elementi di fatto a cui si fa riferimento nella decisione della direzione dei ricorsi del 6 aprile 2020, che è stata presentata a tale giudice, o di altri elementi a disposizione di tale giudice.

34      In tal modo, il giudice del rinvio si limita a individuare un gran numero di circostanze senza indicare in che modo esse sollevino una difficoltà di interpretazione delle disposizioni della direttiva 2006/112 che esso menziona nelle sue questioni, cosicché sembra che il giudice del rinvio chieda in realtà alla Corte non di interpretare tale direttiva ma di determinare autonomamente, alla luce di tali circostanze, se la WML e non la Lalib debba essere considerata come il vero fornitore dei servizi di intrattenimento oggetto del procedimento principale, con la conseguenza che il contratto di licenza concluso tra tali società costituirebbe un accordo puramente artificiale.

35      D’altra parte, è pur vero che, al punto 51 della sentenza del 18 giugno 2020, KrakVet Marek Batko (C-276/18, EU:C:2020:485), la Corte ha statuito che, quando rilevino che una stessa operazione è soggetta a un trattamento fiscale diverso in un altro Stato membro, i giudici di uno Stato membro investiti di una controversia che solleva questioni di interpretazione delle disposizioni del diritto dell’Unione che richiedono una decisione da parte loro, hanno il diritto, se non addirittura l’obbligo, a seconda che le loro decisioni possano o meno essere oggetto di ricorso giurisdizionale in base al diritto nazionale, di sottoporre una questione pregiudiziale alla Corte.

36      Tuttavia, da tale sentenza non risulta che i giudici nazionali, qualora constatino che la stessa operazione è stata oggetto di un trattamento fiscale diverso in un altro Stato membro, abbiano il diritto o l’obbligo di adire la Corte in via pregiudiziale non per interpretare il diritto dell’Unione, ma per valutare i fatti e applicare tale diritto nel procedimento principale.

37      Infatti, nell’ambito del procedimento di cui all’articolo 267 TFUE, che si basa su una netta separazione delle funzioni tra i giudici nazionali e la Corte, il giudice nazionale è l’unico competente ad accertare e valutare i fatti del procedimento principale. La Corte non è competente ad applicare le regole di diritto ad una situazione determinata, dato che ai sensi dell’articolo 267 TFUE la Corte è competente unicamente a pronunciarsi sull’interpretazione dei trattati e degli atti adottati dalle istituzioni dell’Unione [v., in tal senso, sentenza del 21 giugno 2007, Omni Metal Service, C-259/05, EU:C:2007:363, punto 17, nonché del 6 ottobre 2021, W.Ż. (Sezione di controllo straordinario e delle questioni pubbliche della Corte suprema – Nomina), C-487/19, EU:C:2021:798, punti 78 e 132].

38      A tal proposito, si ricorda, ai punti 8 e 11 delle raccomandazioni all’attenzione dei giudici nazionali, relative alla presentazione di domande di pronuncia pregiudiziale (GU 2019, C 380, pag. 1), che la domanda di pronuncia pregiudiziale non può riguardare questioni di fatto sollevate nel procedimento principale e che la Corte non applica essa stessa il diritto dell’Unione a tale procedimento.

39      Ne consegue che, nel caso di specie, la Corte non è competente a risolvere le questioni sollevate.

40      Va rilevato, del resto, che tali questioni si basano sulla premessa che il destinatario dei servizi di assistenza tecnica di cui trattasi nel procedimento principale, vale a dire la Lalib, non poteva essere considerato il destinatario di tali servizi se non era tale società, bensì WML, a fornire effettivamente i servizi di intrattenimento in questione, per cui il contratto di licenza tra la WML e la Lalib sarebbe un accordo artificioso che comportava un abuso di diritto e che incideva necessariamente sul rapporto contrattuale tra la DuoDecad e la Lalib e, di conseguenza, sugli obblighi e sui diritti di quest’ultima ai sensi della direttiva 2006/112. Come sottolineato in sostanza dall’avvocato generale ai paragrafi 63 e 65 delle sue conclusioni, spetta al giudice del rinvio valutare se il contratto stesso tra la DuoDecad e la Lalib costituisca un abuso di diritto in materia di IVA, il che potrebbe avvenire in particolare se si dovesse constatare l’esistenza di un accordo puramente artificioso, privo di realtà economica, che coinvolge in particolare la WML, la Lalib e la DuoDecad, elaborato al solo scopo di ottenere un vantaggio in materia di IVA.

41      Va ricordato a questo proposito che, come è stato rilevato al punto 36 della sentenza del 17 dicembre 2015, WebMindLicenses (C-419/14, EU:C:2015:832), l’accertamento di una pratica abusiva in materia di IVA richiede, da un lato, che le operazioni in questione, nonostante l’applicazione formale delle condizioni stabilite dalle pertinenti disposizioni della direttiva 2006/112 e della normativa nazionale di recepimento, comportino l’ottenimento di un vantaggio fiscale la cui concessione sarebbe contraria all’obiettivo perseguito da tali disposizioni e, dall’altro, che da un insieme di elementi oggettivi risulti che lo scopo essenziale delle operazioni in questione è limitato all’ottenimento di tale vantaggio fiscale.

 Sulle spese

42      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Decima Sezione) dichiara:

La Corte di giustizia dell’Unione europea non è competente a rispondere alle questioni pregiudiziali poste dalla Fővárosi Törvényszék (Corte di Budapest-Capitale, Ungheria), con decisione del 28 settembre 2020.

Firme


*      Lingua processuale: l’ungherese.